Dopo l’ennesima aggressione si corre ai ripari: presidi di forze dell’ordine negli ospedali per tutelare medici e operatori sanitari
Il crescente numero di aggressioni ad operatori sanitari ha spinto le Regioni ad attivare delle strategie per fronteggiare quella che è sempre più un’emergenza. Il tutto, in attesa delle iniziative del Governo. La prima strategia riguarda presidi di forze dell’ordine negli ospedali per garantire interventi rapidi a tutela di medici e operatori sanitari; la seconda l’implementazione dei sistemi di videosorveglianza. Il Ministero dell’Interno ha anche avviato una mappatura delle strutture ospedaliere per individuare quelle maggiormente a rischio, una fotografia che sarà pronta nei prossimi giorni. Nel frattempo, alcune regioni hanno già avviato delle iniziative singole per far fronte al problema.
Le iniziative in Piemonte e in Liguria
Tra i primi ad attivarsi per garantire l’incolumità di medici e personale sanitario è stato il Piemonte che, già durante la pandemia, ha avviato un piano di vigilanza nei Pronto Soccorso tale da ridurre il numero di aggressioni. In particolare, Torino ha attuato un impiego consistente della vigilanza armata e rivisto e implementato il servizio di videosorveglianza. Un impegno dell’amministrazione regionale che tradotto in numeri ha portato a zero i casi di aggressione negli ospedali del capoluogo piemontese dove è attivo il servizio.
Ma oltre al Piemonte anche la Liguria si è attivata. Uno studio realizzato dall’Università di Genova nei mesi scorsi ha confermato il trend nazionale in ambito di aggressioni a medici e operatori sanitari. L’analisi ha infatti rilevato che 1 infermiere su 3 è stato vittima di violenza fisica o verbale. La Regione si è quindi attivata per garantire l’incolumità dei camici bianchi, in attesa di conoscere le linee di indirizzo del Ministero.
Riportiamo dunque una recente nota dell’assessorato alla Sanità ligure. “Ad oggi ci sono sul territorio iniziative legate ai singoli ospedali, con la presenza di forze dell’ordine e, dove necessario, un eventuale supporto suppletivo o complementare del sistema di guardie giurate. Si tratta però di un piano che ha una sua definizione da tempo, non generato in modo specifico per un’allerta o un allarme sul territorio. Differente è la questione sollevata dal Ministero che è in fase di definizione e stiamo attendendo indicazioni”.
Le prossime due Regioni pronte a seguire le direzioni di Piemonte e Liguria sembrano essere Veneto e Lombardia. In Veneto infatti già da mesi è stato avviato un corso di formazione rivolto a istruttori anti-violenza. Ma anche la Lombardia è pronta a seguire le orme delle regioni citate .Il tutto in attesa di indicazioni ufficiali da parte del Governo.
L’invenzione consiste in un vaporizzatore che consente di trasformare in pochi secondi qualsiasi molecola farmacologicamente attiva dalla fase liquida a uno stato di gas
Nasce un nuovo strumento per veicolare i farmaci attraverso la nebulizzazione. Un nuovo studio internazionale descrive l’impiego di un innovativo vaporizzatore che è stato testato sull’uomo per la somministrazione di farmaci. Si tratta di un’invenzione che consente di trasformare in poche decine di secondi qualsiasi molecola farmacologicamente attiva dalla fase liquida a uno stato di gas, aprendo la strada a nuove possibilità terapeutiche per patologie respiratorie, cerebrali, cutanee, immunologiche e oncologiche. I risultati dello studio sono pubblicati sulla rivista ‘Heliyon’ (Cell Press).
L’inventore del nuovo strumento è il fisico Bruno Brandimarte. “Per molti anni ho insegnato Biofisica applicata alla medicina – spiega l’inventore. Molti colleghi mi ponevano la seguente domanda: ‘come possiamo fare per raggiungere con i farmaci le zone profonde dell’apparato respiratorio, considerando che gli attuali aerosol si fermano ai bronchi?’ Grazie alle mie conoscenze di anatomia ultrastrutturale e di fisica molecolare, trovai l’equazione che lega la dimensione delle gocce del vapore alla frequenza vibratoria che poteva generarle. Da qui, nasce il vaporizzatore” – ha spiegato Brandimarte.
Perché è così importante il nuovo strumento
Lo studio pubblicato ha certificato l’efficacia di questa innovativa via terapeutica. Grazie ad essa, inoltre, si verifica una riduzione drastica dei dosaggi necessari, e dunque una minore tossicità e una maggiore velocità di azione. Il nuovo apparecchio, chiamato Vaporizzatore Molecolare (VM) potrà essere utilizzato nel prossimi futuro per la cura di polmoniti, sinusiti, Parkinson. Ma anche tumori e malattie infettive (Covid incluso) tramite la somministrazione di vaccini e terapie con anticorpi monoclonali secondo schemi posologici del tutto innovativi per via del basso impatto sul paziente. La versatilità di impiego del VM consente di ‘colpire’ in modo mirato target specifici effettuando una medicina di precisione. Di conseguenza implica una vantaggiosa riduzione della concentrazione minima efficace rispetto alle somministrazioni per via sistemica disponibili oggi (orale, intramuscolare, endovenosa).
Vediamo le principali caratteristiche del nuovo strumento. 1) Innanzitutto, un tempo di vaporizzazione di poche decine di secondi, molto utile per la terapia inalatoria nei bambini. 2) La dimensione delle micro-gocce che costituiscono il vapore sono di circa 0,2/0,3 micron; tanto piccole che il vapore si comporta da gas. 3)In terzo luogo, l’assenza di condensazione: tale caratteristica, completamente assente negli aerosol, consente di raggiungere le zone profonde dell’apparato respiratorio (alveoli polmonari). L’assenza di condensazione è fondamentale anche per lo sviluppo di un innovativo sistema di umidificazione di soggetti intubati. 4)Infine, l’erogazione a ‘pressione positiva’, fondamentale per impiego in neonatologia e pediatria, su pazienti molto piccoli che non sono in grado di controllare volontariamente l’inspirazione.
Clicca qui per leggere l’estratto originale dello studio.
L’Italia è il secondo Paese in Europa a rendere disponibile il farmaco, dopo la Germania. Si tratta della prima e unica terapia per questa patologia
Al via la prima e unica terapia contro un tipo di tumore del sangue raro e aggressivo. L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha infatti approvato la rimborsabilità di tagraxofusp come monoterapia per il trattamento di prima linea di pazienti colpiti dalla neoplasia a cellule dendritiche plasmacitoidi blastiche (BPDCN): si tratta di un tumore del sangue raro e con prognosi severa caratterizzato dalla iper-espressione dell’antigene CD123. Il nuovo farmaco rappresenta la prima e unica terapia specifica per questa grave forma di cancro.
La malattia si presenta generalmente all’esordio con lesioni cutanee di colore scuro, multiple e infiltranti. Nel suo decorso può interessare il midollo osseo, il sistema nervoso centrale e i linfonodi, diventando così una patologia sistemica. Ha un’incidenza molto bassa, sono meno di cento i nuovi casi ogni anno in Italia, e solo di recente ha trovato una definizione adeguata. Oggi è classificata all’interno delle neoplasie mieloidi aggressive.
L’Italia è il secondo Paese in Europa a rendere disponibile il farmaco, dopo la Germania. Il provvedimento di Aifa segue l’approvazione a livello europeo. Tagraxofusp è una terapia mirata che agisce in maniera selettiva contro l’antigene CD123. Nello studio registrativo, che ha coinvolto 89 pazienti, il farmaco ha determinato una risposta complessiva del 75% con remissione di malattia del 57%. Il 51% dei pazienti in remissione è stato poi sottoposto, con successo, al trapianto di cellule staminali ematopoietiche.
“Tagraxofusp è in grado di portare la neoplasia in remissione, che può essere consolidata con il trapianto di cellule staminali emopoietiche, migliorando così la probabilità di guarigione – ha affermato Emanuele Angelucci, Direttore Struttura Complessa di Ematologia e Terapie cellulari del ‘San Martino’ di Genova. L’unico trattamento in grado di raggiungere questo importante risultato era proprio il trapianto, ma non tutti i pazienti potevano sottoporvisi. Tagraxofusp rappresenta una terapia che sa di svolta” – ha concluso l’esperto.
Appena pubblicata la nuova classifica annuale ‘World’s Best Hospitals 2023’ di Newsweek. Il primo ospedale italiano è il ‘Gemelli’ di Roma, piazzato al 38° posto
Appena stilata e pubblicata la nuova classifica annuale di Newsweek relativa ai migliori ospedali al mondo. La classifica, che prende il nome di ‘World’s Best Hospitals 2023’ elenca i migliori ospedali in 28 diversi paesi da tutto il mondo, tra cui Usa, Italia, Regno Unito, Germania, Spagna e Francia. Il podio è ancora una volta occupato tra tre nosocomi statunitensi: la ‘Mayo Clinic’ di Rochester, la ‘Cleveland Clinic’ di Cleveland e il ‘Massachusetts General Hospital’ di Boston, rispettivamente il primo, secondo e terzo gradino della classifica stilata dal settimanale Usa. Il lavoro è svolto in collaborazione con la società di dati Statistica.
I paesi sono stati selezionati sulla base di molteplici fattori di comparabilità. Fattori come standard di vita/aspettativa di vita, dimensioni della popolazione, numero di ospedali e disponibilità di dati. I punteggi invece sono calcolati, per ciascun ospedale, in base a 4 indicatori ponderati: valutazioni tra pari, esperienza del paziente, metriche di qualità ospedaliera e implementazione delle valutazioni di esito su riscontri dei pazienti-PROM.
Per il terzo anno consecutivo il primo ospedale italiano è il Policlinico ‘Gemelli’ di Roma che si piazza al 38° gradino della classifica. Tra gli europei svetta il ‘Karolinska Universitetssjukhuset’ di Solna in Svezia che si piazza al 6° posto assoluto. Segue a ruota, alla 7° posizione, il tedesco ‘Charitè – Universitätsmedizin’ di Berlino. All’ottavo gradino, invece, il ‘Hôpital Universitaire Pitié Salpêtrière’ di Parigi. Tornando agli italiani, dopo il Gemelli troviamo il ‘Niguarda’ di Milano al 60° pèosto assoluto, e il ‘San Raffaele’ (sempre di Milano) al 64°, tallonato dal ‘Sant’Orsola’ di Bologna che prende la sessantacinquesima posizione mondiale.