Aiuti Covid e dichiarazione redditi: esonero inserimento per professionisti che ne hanno beneficiato
Tema interessante trattato nell’inserto L’Esperto risponde, in edicola con Il Sole 24 Ore. Il botta e risposta riguarda gli aiuti covid per i professionisti della sanità.
Domanda:
Un veterinario ha ricevuto dall’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Veterinari i contributi Covid per un totale di oltre 2mila euro, esenti ai fini Irpef. Questi contributi dovrebbero essere indicati nel rispettivo quadro Redditi per l’intero ammontare e nel quadro IS401, codice 24, per l’ammontare delle imposte risparmiate. (Detassazione ex articolo 10–bis del Dl 137/2020, decreto Ristori). Lo stesso ragionamento vale anche, per chi è soggetto, ai fini Irap. Come deve regolarsi un professionista associato, privo di una propria Partita Iva, che riceve i redditi dal quadro H e che non può compilare il quadro IS?
Risposta:
L’agenzia delle Entrate, il 20 luglio 2021, ha pubblicato sul proprio sito l’avvertenza. Questa reca le indicazioni riguardanti gli adempimenti dichiarativi dei contributi e delle indennità di “qualsiasi natura” erogati in via eccezionale a seguito dell’emergenza epidemiologica Covid–19. In sintesi, a seguito dell’abrogazione del comma 2 dell’articolo 10–bis del Dl 137/2020, decreto Ristori, a opera del Dl 73/2021, decreto Sostegni–bis.
«I soggetti esercenti impresa, arte o professione, nonché i lavoratori autonomi, che hanno ricevuto i predetti contributi e indennità non devono indicare il relativo importo nei quadri di determinazione del reddito d’impresa (i contribuenti che compilano il quadro RF possono utilizzare il codice variazione in diminuzione 99 in luogo del codice 84) e di lavoro autonomo, nei modelli Redditi, e nei quadri di determinazione del valore della produzione, nel modello Irap».
Inoltre, con risposta a una successiva Faq (domanda posta di frequente) è stato altresì confermato che le indennità non vanno neppure nel prospetto aiuti di Stato, quadro RS, del modello Redditi, in quanto non si è in presenza di aiuti fiscali automatici in base all’articolo 10 del Dm 115 del 31 maggio 2017. Pertanto il professionista che, nella sua veste di associato, ha beneficiato delle indennità in questione è, a maggior ragione, da ritenere esonerato da ogni loro relativa incombenza dichiarativa.
È ancora dall’Oriente che arriva un allarme sanitario a 4 anni dalla pandemia Covid. In molte metropoli cinesi è scattata l’emergenza sanitaria per una misteriosa polmonite che sta colpendo i bambini
Ancora una volta, giunge un segnale d’allarme sanitario dall’Oriente, a distanza di quattro anni dall’inizio della pandemia da Covid. In numerose città cinesi, è scattato l’allarme sanitario a causa di una misteriosa polmonite che sta colpendo i più piccoli. Il primo avviso è stato lanciato da ProMed, un sistema di sorveglianza accessibile al pubblico che tiene sotto controllo le epidemie di malattie umane e animali in tutto il mondo. Questo sistema ha emesso una notifica riguardante una “polmonite non diagnosticata” nei bambini, caratterizzata da febbre elevata e tracce nei polmoni, ma priva di tosse.
È interessante notare che proprio alla fine del 2019, ProMed aveva dato l’allarme iniziale riguardo a un virus respiratorio sconosciuto, successivamente identificato come Sars-CoV-2. I media asiatici si concentrano principalmente su Pechino e Liaoning come le città più colpite da questa epidemia di polmonite, che si manifesta con sintomi quali febbre elevata e la formazione di noduli polmonari. Gli ospedali sembrano trovarsi in uno stato di sovraffollamento a causa dei numerosi casi, e molte classi nelle scuole sono decimate a causa dell’ingente numero di bambini ricoverati.
Una prima ipotesi: il Mycoplasma pneumoniae
Eric Feigl-Ding, rinomato epidemiologo che sta seguendo da vicino la situazione, ha rinnovato l’allarme attraverso vari post e video che dettagliano la situazione attuale pubblicati sulla piattaforma ‘X’. Secondo l’esperto statunitense, una possibile spiegazione di questi casi potrebbe essere il “Mycoplasma pneumoniae”, un batterio noto per causare patologie, soprattutto a livello dell’apparato respiratorio. Feigl-Ding suggerisce che si potrebbe trattare di una forma di “polmonite ambulante”, la quale, stando a diverse fonti, sembrerebbe essere in aumento in Cina. Il professore ha condiviso immagini di bambini ricoverati in ospedale, intenti a svolgere i compiti scolastici mentre indossano mascherine e sono collegati a flebo. Il suo commento finale, “Che razza di mondo”, riflette l’amarezza e la preoccupazione dello scienziato di fronte a questa difficile situazione.
Una conseguenza del Covid?
Se questa enigmatica polmonite infantile sta nuovamente mettendo a dura prova il sistema sanitario cinese, alcuni esperti avanzano l’ipotesi che ciò potrebbe essere una conseguenza della revoca delle restrizioni post-pandemia nel gigante asiatico. Un analogo scenario si è verificato in Europa e negli Stati Uniti lo scorso inverno, quando si è registrata un’epidemia di casi di virus respiratorio sinciziale tra i bambini, unita a una stagione influenzale 2022-2023 più intensa (ne avevamo parlato qui). I sintomi associati alla “polmonite ambulante”, che solitamente colpisce i bambini più piccoli, comprendono mal di gola, affaticamento e tosse persistente che può protrarsi per settimane o mesi. Nei casi più gravi, la condizione potrebbe evolvere in una forma di polmonite.
“Si tratta della prima ondata di infezioni da Mycoplasma pneumoniae da quando la maggior parte delle misure di contenimento anti-Covid sono state revocate“ . Queste sono le parole di Zhou Huixia, noto pediatria in Cina, in un’intervista al ‘China Daily’. “L’ondata è apparsa particolarmente aggressiva dopo la festa della Festa Nazionale all’inizio di ottobre – ha aggiunto. Rispetto agli anni precedenti abbiamo riscontrato più pazienti con infezioni miste, resistenza ai farmaci e polmonite lobare”.
Interviene anche l’OMS
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha ufficialmente richiesto alla Cina dettagliate informazioni sull’incremento dei casi di malattie respiratorie e sui focolai di polmonite segnalati nei bambini. Tale richiesta è stata formulata in risposta alla comunicazione della Commissione Sanitaria Nazionale di Pechino, durante una conferenza stampa tenutasi il 13 novembre, che aveva segnalato un aumento del fenomeno nel Paese. In una nota, l’agenzia sanitaria dell’ONU ha dichiarato che le autorità cinesi hanno attribuito l’aumento dei casi alla revoca delle restrizioni anti-COVID e alla diffusione di agenti patogeni, tra cui l’influenza, il micoplasma pneumoniae (una comune infezione batterica che colpisce i bambini più piccoli), il virus respiratorio sinciziale e il virus responsabile del COVID-19. Le autorità cinesi hanno sottolineato la necessità di intensificare la sorveglianza nelle strutture sanitarie e nelle comunità.
Sia la Cina sia l’Oms hanno dovuto affrontare dubbi sulla trasparenza della segnalazione dei primi casi di Covid-19 emersi nella città di Wuhan già alla fine del 2019. L’agenzia di Ginevra ha riferito anche che gruppi, tra cui il Programma per il monitoraggio delle malattie emergenti, hanno segnalato focolai di polmonite non diagnosticata nei bambini nel nord della Cina. Il punto è che non è chiaro se i casi siano associati all’aumento complessivo delle infezioni respiratorie segnalato in precedenza dalle autorità cinesi o ad eventi separati.
Le raccomandazioni dell’agenzia
Di conseguenza, l’OMS ha chiesto ulteriori informazioni epidemiologiche, cliniche e risultati di laboratorio su questi focolai infantili attraverso il meccanismo del Regolamento Sanitario Internazionale. A partire da metà ottobre, l’OMS ha segnalato un aumento di malattie simil-influenzali nella Cina settentrionale rispetto agli stessi periodi degli anni precedenti. In attesa di ulteriori dettagli, l’agenzia ha raccomandato l’adozione di misure appropriate per ridurre il rischio di contagio. Tra queste la vaccinazione, il mantenimento della distanza da persone malate, l’autoisolamento in caso di infezione, test e cure mediche in base alle necessità. Ma anche l’utilizzo delle mascherine in determinate circostanze, la buona ventilazione degli ambienti e il lavaggio regolare delle mani.
Un team di esperti americani ha elaborato il primo dispositivo ingeribile in grado di monitorare, dall’interno e in sicurezza, alcuni segni vitali come la respirazione e la frequenza cardiaca
Sviluppato il primo dispositivo ingeribile capace di monitorare, dall’interno in maniera sicura, segni vitali cruciali come la respirazione e la frequenza cardiaca. Questa innovativa ‘pillola’, opera di un gruppo di scienziati americani e presentata sulla rivistaDevice, potrebbe aprire prospettive per cure accessibili e convenienti per coloro a rischio di overdose da oppioidi. “La capacità di facilitare la diagnosi e monitorare molte condizioni senza dover ricorrere all’ospedale può fornire ai pazienti un accesso più facile alle cure e supportare il trattamento” – afferma il primo autore dello studio, Giovanni Traverso. L’esperto è professore associato nel Dipartimento di Ingegneria Meccanica al Massachusetts Institute of Technology e gastroenterologo presso il Brigham and Women’s Hospital.
Recentemente, la comunità scientifica ha visto la proliferazione di numerosi dispositivi ingeribili. A differenza dei dispositivi impiantabili, come i pacemaker, quelli ingeribili sono user-friendly e non necessitano di interventi chirurgici. A titolo di esempio, medici impiegano capsule ingeribili, simili a pillole, per condurre colonscopie, procedura tradizionalmente eseguita in ambiente ospedaliero. “L’idea di utilizzare un dispositivo ingeribile è che un medico possa prescrivere queste capsule, e tutto ciò che il paziente deve fare è ingerirle” – afferma Benjamin Pless, coautore dello studio e fondatore della Celero Systems, sviluppatore di dispositivi medici con sede nel Massachusetts. “Le persone sono abituate a prendere pillole, e i costi dell’uso di dispositivi ingeribili sono molto più convenienti rispetto alla conduzione di procedure mediche tradizionali” – ha aggiunto.
La pillola nel dettaglio
LaVM Pill, o pillola di monitoraggio dei parametri vitali, opera attraverso il rilevamento delle sottili vibrazioni corporee legate alla respirazione e al battito cardiaco. Essa è in grado di identificare l’arresto della respirazione dall’interno del tratto digestivo. Nelle prove condotte su maiali anestetizzati, il dispositivo ha segnalato con successo l’arresto respiratorio causato dall’assunzione di fentanyl, permettendo ai ricercatori di intervenire prontamente. Inoltre, il team ha effettuato test su esseri umani, somministrando la VM Pill a individui valutati per l’apnea notturna. Questo disturbo, caratterizzato da interruzioni respiratorie durante il sonno, spesso risulta difficile da diagnosticare, ma la VM Pill offre un approccio innovativo evitando la necessità di procedure invasive in laboratori del sonno. “Dato il nostro interesse per la sicurezza degli oppioidi, ci siamo resi conto che l’apnea notturna presenta molti dei sintomi della depressione respiratoria indotta dagli oppioidi” – afferma Pless.
I ricercatori hanno testato con successo la VM Pill su 10 pazienti affetti da apnea notturna presso la West Virginia University. Il dispositivo ha dimostrato un’accuratezza del 92,7% nel rilevare le interruzioni della respirazione e nel monitorare la frequenza respiratoria. Inoltre, rispetto alle macchine esterne di monitoraggio vitale, la pillola è in grado di monitorare la frequenza cardiaca con un’accuratezza di almeno il 96%. La sperimentazione ha altresì confermato la sicurezza del dispositivo, poiché tutti i partecipanti l’hanno espulso nei pochi giorni successivi all’esperimento.
“L‘accuratezza e la correlazione di queste registrazioni sono eccellenti rispetto agli studi clinici standard che abbiamo effettuato nei nostri laboratori del sonno” – afferma Ali Rezai, coautore del papere neuroscienziato presso il Rockefeller Neuroscience Institute, West Virginia University. “La capacità di monitorare a distanza segnali vitali critici dai pazienti senza fili, cavi o la necessità di tecnici medici apre la porta al monitoraggio dei pazienti nel loro ambiente naturale rispetto alla clinica o all’ospedale” – aggiunge.
Clicca quiper leggere i risultati originali dello studio.
Il fenomeno dell’antibiotico-resistenza avanza ad un ritmo di 1 morto ogni 30 secondi a livello globale. In questo preoccupante quadro l’Italia registra oltre 11.000 morti l’anno
Il problema dell’antibiotico-resistenza riguarda le infezioni causate da batteri ormai resistenti agli antibiotici in uso. Un problema che conta già 5 milioni di morti l’anno a livello globale e che avanza in questa fase ad un morto ogni 30 secondi. Numeri spaventosi di una vera e propria nuova pandemia che continua ad acquistare sempre più terreno. Nel contesto descritto, l’Italia si colloca tra gli ultimi paesi al mondo nella lotta a questo fenomeno, registrando una cifra drammatica di oltre 11.000 morti ogni anno.
Per affrontare il problema della resistenza agli antibiotici, causato dall’uso improprio di tali farmaci, il ministero della Salute e l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) hanno lanciato una campagna informativa. Questa iniziativa, presentata dal ministro Orazio Schillaci in un convegno presso il ministero, coincide con la Settimana mondiale per l’uso prudente degli antibiotici. La campagna include uno spot televisivo e radiofonico, mirato a sensibilizzare i cittadini sull’importanza di un corretto utilizzo degli antibiotici. L’obiettivo, spiega il ministro, è “aumentare la consapevolezza nella popolazione sul consumo responsabile di antibiotici e incentivare le migliori pratiche per ridurre la diffusione di infezioni resistenti”.
I progressi nella lotta contro questo fenomeno in Europa sono segnalati come “lenti” dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), che sottolinea che il problema rimane una sfida significativa. Questa è la situazione nonostante i Paesi dell’Unione Europea abbiano ridotto in modo sostanziale le vendite di antibiotici veterinari, registrando una diminuzione del 53% tra il 2011 e il 2022, il livello più basso mai registrato, come evidenziato dall’Agenzia europea dei medicinali. Questa riduzione si traduce in un minore rischio di resistenza batterica sia nelle persone che negli animali.
Due problemi: i comportamenti delle persone e prescrizioni mediche inappropriate
Sotto accusa restano i comportamenti ma anche l’inappropriatezza prescrittiva. I medici di famiglia, ha sottolineato Schillaci, “sono quelli che conoscono meglio degli altri i pazienti e quindi devono sicuramente fare una campagna di sensibilizzazione, perchè non si possono prendere gli antibiotici senza una prescrizione medica” – comportamento messo in atto da circa un italiano su 3. Al contempo, però, “l’80% dell’inappropriatezza prescrittiva arriva dai medici di base – ha affermato il direttore della Prevenzione del ministero, Francesco Vaia. Bisogna dunque insistere sulla formazione dei medici”
Numeri drammatici
I numeri a livello mondiale sono impietosi e fotografano, appunto, una nuova pandemia in atto: “Ogni 30 secondi una persona muore ed una infezione su 5 in Ue è causata da agenti microbici resistenti – ha affermato Sandra Gallina, direttore generale Salute e Sicurezza alimentare della Commissione Ue. Quella in corso è ormai una grande pandemia con un costo enorme, pari a 11,7 miliardi l’anno per le spese supplementari e mancata attività lavorativa. La resistenza microbica non è più affrontabile dai nostri sistemi“.
La soluzione? L’innovazione scientifico-tecnologica
Un quadro di allarme internazionale, dunque, che richiede risposte urgenti e la soluzione. Secondo il presidente dell’AIFA, Giorgio Palù, “la soluzione non può essere trovata se non nella innovazione scientifico-tecnologica. Tuttavia – sottolinea – dagli anni ’90 non abbiamo nuovi antibiotici: da allora l’industria investe poco ed è più concentrata sui blockbuster, cioè una pillola tutti i giorni per tutta la vita, che su un trattamento che duri dai 5 ai 7 giorni. Da qui l’urgenza di pensare a nuovi approcci. In tal senso l’Intelligenza Artificiale sarà uno strumento fondamentale“.
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