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Buco da 2.2 miliardi per le Regioni: il Pnrr rischia un rallentamento

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Mancano i fondi per le assunzioni, due le Regioni in maggiore difficoltà: Emilia Romagna e Toscana

Da un lato c’è il Pnrr e dall’altro c’è la difficoltà delle Regioni di fronte a un buco che rischia di compromettere tutto. Un allarme che tocca tutti, specie Emilia Romagna e Toscana. Entrambe si trovano a dover affrontare una situazione di forte emergenza con forti disavanzi che potrebbero fa scattare la tagoliola dei piani di rientro. Mancano all’appello, sul territorio nazionale, 2.2 miliardi di euro. Soldi che le Regioni hanno utilizzato per far fronte alla pandemia e che non sono stati colmati dallo Stato con i ristori.

Certo, il prossimo anno arriveranno 2 miliardi di euro per il Fondo sanitario nazionale. Per qualcuno, però, si tratta di una cifra che non aiuta a colmare l’ammanco e a rilanciare gli investimenti, specie quelli legati al personale. C’è il Recovery Plan che mette a disposizione 20 miliardi ma questi servono per le strutture e i beni. Non per le assunzioni, ciò che serve per far camminare il Pnrr.

La soluzione potrebbe stare nell’utilizzo delle risorse del Dl Fiscale da 1.3 miliardi di euro ed è quello che chiedono le Regioni. Si potrebbero utilizzare anche altri tipi di fondi. Insomma si chiede una certa flessibilità nell’uso delle risorse per cercare colmare questo buco e partire col Pnrr. Evitando, così, un rallentamento che pare essere dietro la porta.
 
O il Covid è concepito per quello che è, e cioè una pandemia mondiale che produce costi straordinari a carico del sistema che devono essere riconosciuti dallo Stato oppure, se questo viene collocato sulle spalle delle Regioni, tutto quello che noi diciamo potrebbe essere vanificato da problemi ben più rilevanti a livello finanziario“. Ha detto l’assessore alla salute della Regione Emilia-Romagna e coordinatore della commissione salute della Conferenza delle RegioniRaffaele Donini che già nei giorni scorsi aveva lanciato l’allarme. Una dichiarazione riportata da quotidianosanità.it

Le Regioni hanno sostenuto uno sforzo estenuante nel corso della pandemia

Il governo deve rendersi conto che le Regioni hanno sostenuto uno sforzo enorme nei loro sistemi sanitari, in termini di risorse e in termini di costi per far fronte alla pandemia, e questi costi non possono essere caricati nei bilanci ordinari delle Regioni”. 
 
Per poter realizzare quanto previsto dal Pnrr – ha spiegato l’assessore regionale al diritto alla salute della ToscanaSimone Bezzini – oltre agli investimenti su strutture e tecnologie servono risorse per il personale, per nuove assunzioni di medici, di infermieri e di tutte le altre figure necessarie per dare corpo al rafforzamento della sanità territoriale e far vivere le future case della comunità e gli ospedali di comunità. Quindi è importante che il Governo faccia marciare di pari passo i due aspetti. Da un lato l’attuazione del Pnrr e dall’altro un solido piano di rafforzamento del finanziamento del Fondo sanitario nazionale”.
 
E’ sicuramente positivo – prosegue Bezzini – l’aumento progressivo di risorse per i prossimi tre anni annunciato dal Governo”, ma è anche “necessario per superare il momento di difficoltà in cui si trovano le Regioni per fronteggiare la pandemia” garantire “subito i rimborsi delle spese Covid. Altrimenti si rischia un cortocircuito: da un lato le prospettive positive dei prossimi anni, dall’altro le criticità che oggi vivono le Regioni. I rimborsi Covid rappresentano un ponte per il futuro e per il successo del Pnrr. Qualcosa che dopo anni consente di tornare a ragionare di espansione dello stato sociale. Costruire una nuova prospettiva alla sanità pubblica e universalistica nel nostro Paese, ridando linfa all’articolo 32 della nostra Costituzione”.
 
Per fare ciò – conclude Bezzini – serve però investire sul personale, anche per garantire il carattere multidisciplinare e multiprofessionale dei team che opereranno sul territorio”.

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Sciopero del 5 dicembre: a rischio 1,5 milioni di prestazioni

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Lo sciopero proclamato da Anaao Assomed e Cimo-Fesmed, in programma a partire dalle 00.00 di domani, martedì 5 dicembre, coinvolgerà il 50% dei sindacalizzati

Il numero delle prestazioni sanitarie in pericolo a causa dello sciopero nazionale di 24 ore indetto per domani, 5 dicembre, da parte di medici, dirigenti sanitari e infermieri, ammonta a 1,5 milioni. Si trovano a rischio una vasta gamma di servizi, tra cui esami di laboratorio, interventi chirurgici (con circa 30.000 programmazioni che potrebbero subire rinvii), visite specialistiche (180.000) ed esami radiografici (50.000). Va sottolineato che, nonostante ciò, le prestazioni d’urgenza saranno comunque garantite.

Lo sciopero, indetto da Anaao Assomed e Cimo-Fesmed, nonché dal sindacato Nursing Up per il comparto, avrà inizio alle 00.00 del 5 dicembre coinvolgendo il 50% dei sindacalizzati. Tuttavia, possono aderire allo sciopero tutti i medici, dirigenti sanitari, tecnici e amministrativi con contratto a tempo determinato o indeterminato presso le Aziende ed Enti del SSN, inclusi gli IRCCS, IZS, Arpa, nonché coloro che sono dipendenti da strutture private e/o religiose con rapporto di convenzione e/o accreditamento con il SSN. Anche i medici specializzandi assunti secondo il cosiddetto Decreto Calabria hanno la possibilità di aderire allo sciopero. Inoltre, è ammessa la partecipazione del personale medico universitario che svolge attività assistenziale presso un’Azienda Ospedaliera Universitaria. Per il comparto, possono aderire tutti i professionisti sanitari non medici, appartenenti alle qualifiche contrattuali del settore della sanità, che operano presso le ASL, le Aziende Ospedaliere e gli enti della sanità pubblica italiana.

Le cinque richieste

La protesta dei camici bianchi e degli operatori sanitari, tra cui infermieri, ostetriche e professionisti delle sanitarie ex legge n. 43/2006, è motivata da almeno cinque richieste chiave: l’incremento delle assunzioni di personale, la detassazione di una parte della retribuzione, l’allocazione di risorse adeguate per il rinnovo del contratto di lavoro, la depenalizzazione dell’atto medico e l’abolizione dei tagli alle pensioni. In concomitanza con lo sciopero, si terranno manifestazioni in diverse località d’Italia, mentre i leader delle Associazioni parteciperanno al SIT-IN programmato a Roma in Piazza SS Apostoli alle ore 11.30.

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Medici e utilizzo dei social: le raccomandazioni dell’Ordine Nazionale

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Stilate una serie di raccomandazioni sull’uso di social media da parte della Fnomceo – Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri

Prevedere, possibilmente, l’apertura di due profili, uno personale e uno professionale. Usare cautela nell’accettare le richieste di amicizia dei pazienti. Assicurarsi della validità scientifica dei contenuti diffusi attraverso i post. Scrivere di salute, con particolare attenzione alla prevenzione e alla lotta alle fake news, in modo da aumentare la consapevolezza del cittadino. Ed ancora: non suggerire cure, in termini generali, né tantomeno dare consigli clinici individuali.

Sono, queste, alcune delle ‘Raccomandazioni sull’uso di social media, di sistemi di posta elettronica e di istant messaging nella professione medica e nella comunicazione medico-paziente’, elaborate da Eugenio Santoro, primo autore del documento, Guido Marinoni, Guerino Carnevale, Francesco Del Zotti per conto del Gruppo di Lavoro – coordinato da Giacomo Caudo – ‘Information and Communications Technology’ della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri.

L’invito è a rispettare sempre la privacy e l’anonimato dei pazienti, soprattutto nella discussione di casi clinici, e non diffondere dati sensibili. Esplicitare, inoltre, un eventuale conflitto di interessi. Complessivamente, il gruppo di lavoro invita a rispettare, anche sui social così come nella vita reale, i principi del Codice di Deontologia Medica.

Le proposte di raccomandazioni, che non costituiscono ancora la posizione ufficiale della Fnomceo, potrebbero essere una base di partenza, spiega la stessa, “per modificare e ampliare, anche con linee guida allegate, gli articoli del Codice Deontologico relativi all’Informatizzazione e innovazione, all’Informazione e Comunicazione, e alla Pubblicità sanitaria”.  

 Fonte.

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Il robot sociale, il dispositivo che alleggerisce i ricoveri

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Il suo compito è quello di mantenere la mente del paziente ricoverato allenata, riducendo la condizione di disagio legata all’ospedalizzazione

Interagiscono con i pazienti diminuendone lo stresso da ricovero, stimolandoli ad eseguire esercizi di rilassamento, ad ascoltare musica o a vedere un film. È questo il compito del robot sociale, ufficialmente entrato nelle corsie delle Unità di neuro-riabilitazione della Fondazione Santa Lucia Irccs di Roma con una sperimentazione che ne testerà l’utilità in pazienti ricoverati. 

I robot sociali sono dei dispostivi dotati di una serie di funzioni utili a mantenere la mente allenata così da ridurre la condizione di disagio legata all’ospedalizzazione“James è il nostro modello di robot sociale che stiamo contribuendo a sviluppare – commenta Federica Piras, psicologa, logopedista e ricercatrice responsabile del progettoJames può essere di supporto per una serie di funzioni come facilitare le comunicazioni con l’esterno per ridurre il senso di solitudine, fornire attività di stimolazione cognitiva adattate alle condizioni del singolo paziente, intrattenere con lettura dei quotidiani o di libri, visione di film e documentari, viaggi virtuali. Ma anche fornire sessioni di meditazione, suoni della natura e musica”.

Lo studio è parte del progetto intitolato ‘Remember-Me’. Il progetto prevede l’impiego di nuove tecnologie a servizio delle persone anziane per il monitoraggio continuo e la prevenzione del declino cognitivo“Ad oggi – spiega ancora Piras –hanno partecipato al progetto Remember-Me 70 anziani italiani che hanno accolto positivamente la presenza di questa tecnologia presso le loro abitazioni dimostrando, anche nella popolazione più anziana, un’adesione all’innovazione tecnologica inaspettata”.

Il sistema è stato oggetto di un ulteriore sviluppo, con nuove funzioni adatte all’utilizzo all’interno dei reparti di neuro-riabilitazione ospedaliera di alta specialità. Ora, i medici del Santa Lucia ne valuteranno, su basi scientifiche, la concreta utilità tra le corsie dell’ospedale.

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