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Cancro al polmone, farmaco diminuisce il rischio di morte

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Si tratta di una terapia immunoterapica che ha l’effetto di ridurre del 28% il rischio di morte in caso di cancro al polmone. È quanto emerge dal recente Congresso della European Society for Medical Oncology (Esmo)

L’impiego di pembrolizumab nell’ambito della terapia immunologica dimostra di abbassare del 28% il rischio di decesso in caso di cancro al polmone, contribuendo a un aumento della sopravvivenza complessiva, con il 71% dei pazienti ancora in vita dopo 3 anni. Questo risultato emana dai dati derivanti dalla fase 3 dello studio Keynote-671, condotto su soggetti affetti da carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC). Lo studio è emerso durante il Congresso della European Society for Medical Oncology (Esmo). Al termine di un follow-up di 36,6 mesi, l’utilizzo di pembrolizumab prima dell’intervento chirurgico, in combinazione con la chemioterapia, seguito da pembrolizumab come agente singolo dopo la resezione chirurgica, ha mostrato un miglioramento sostanziale nella sopravvivenza globale.

“Un importante passo in avanti”

“I risultati dello studio Keynote-671 rappresentano un importante passo in avanti e permetteranno di migliorare i risultati terapeutici dei pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule – spiega Silvia Novello, responsabile Oncologia Polmonare all’Ospedale San Luigi Gonzaga di Orbassano. Pembrolizumab più chemioterapia prima dell’intervento chirurgico e a seguire come singolo agente dopo la chirurgia ha il potenziale per diventare una strategia fondamentale che può modificare la storia di questa neoplasia in stadio precoce, aumentandone significativamente le possibilità di cura. Nel 2022, in Italia, sono stati stimati circa 44mila nuovi casi di tumore del polmone. C’è ancora un forte bisogno clinico insoddisfatto per questi pazienti perché, anche quando la malattia è diagnosticata in fase iniziale, i tassi di recidiva dopo la chirurgia restano elevati e anche su questo lo studio Keynote-671 ha dimostrato un impatto significativo” – conclude l’esperta.

Il carcinoma polmonare non a piccole cellule costituisce la forma più diffusa di cancro polmonare, interessando l’81% dei casi. Uno degli ostacoli principali è rappresentato dalla diagnosi tardiva, coinvolgendo il 44% dei pazienti. Tale percentuale elevata incide negativamente sull’efficacia dei trattamenti, compromettendo l’esito complessivo delle terapie. 

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Un nuovo farmaco rallenta la malattia d’Alzheimer

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Si tratta di un anticorpo monoclonale che aiuta a rimuovere la beta-amiloide, proteina alla base delle placche caratteristiche dell’Alzheimer

Nuovo farmaco sperimentale rallenta la progressione della malattia di Alzheimer. Si tratta di donanemab, il quale riesce sia a ritardare l’aggravamento dei segni clinici della patologia sia a preservare la capacità di compiere le normali attività quotidiane. È quanto emerge da una sperimentazione clinica di fase III i cui dati sono stati pubblicati sul Journal dell’American Medical Association.

Donanemab è un anticorpo monoclonale che aiuta a rimuovere la beta-amiloide, vale a dire la proteina che sta alla base delle placche caratteristiche della malattia. La sperimentazione, denominata ‘Trailblazer-Alz 2’, ha coinvolto più di 1.700 pazienti con Alzheimer in fase iniziale, che hanno ricevuto il farmaco o un placebo. Dopo circa un anno e mezzo, nei malati trattati con il nuovo farmaco la malattia era progredita più lentamente: nello specifico, di circa il 35% nei pazienti con forme più precoci e del 22,3% se si consideravano tutti i pazienti.

I dati appena riportati si traducono in un rallentamento di 4,36 mesi. Inoltre, in circa la metà dei pazienti trattati con il nuovo farmaco la malattia non ha mostrato peggioramenti clinici per almeno un anno, rispetto al 29% dei pazienti che avevano ricevuto il placebo. I risultati della sperimentazione, in parte già anticipati a maggio, arrivano a pochi giorni dalla piena approvazione da parte dell’Fda di lecanemab, farmaco con un meccanismo di azione simile a donanemab (ne avevamo parlato qui).

Una nuova era

Questi farmaci rappresentano “l’inaugurazione di una nuova era della terapia della malattia di Alzheimer, si legge in un editoriale apparso sullo stesso numero della rivista. Restano però da sciogliere alcuni nodi. Ad esempio l’entità dei benefici clinici in relazione ai rischi di questi trattamenti. “Una diagnosi accurata e tempestiva, una discussione ponderata su rischi e benefici individualizzati e un’enfasi sulla gestione delle cure croniche non sono mai stati così importanti” – scrivono gli autori del commento. 

Clicca qui per leggere i risultati originali dello studio. 

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Ema: approvati due nuovi farmaci nel meeting di giugno

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L’agenzia europea per i medicinali (Ema) ha appena approvato due nuovi farmaci: uno riguarda l’emicrania, l’altro l’anemia associata a malattia renale cronica

Raccomandata l’approvazione di due nuovi farmaci da parte dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema). In particolare il comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) dell’Ema ha approvato i due neo medicinali nel meeting di giugno appena terminato. Il primo farmaco riguarda l’emicrania e il secondo l’anemia associata a malattia renale cronica. Ma entriamo nel dettaglio. 

Il Comitato ha raccomandato la concessione dell’autorizzazione all’immissione in commercio per Aquipta (atogepant monoidrato), destinato alla profilassi dell’emicrania negli adulti che hanno almeno quattro giorni di emicrania al mese. Si stima che circa il 15% della popolazione dell’UE soffra di emicrania, un tipo di mal di testa caratterizzato da attacchi ricorrenti di dolore pulsante che può essere moderato e forte su un lato della testa. Il Chmp ha poi approvato Jesduvroq (daprodustat) per il trattamento di pazienti adulti con anemia associata a malattia renale cronica. Si tratta di una condizione in cui i reni sono danneggiati e non riescono a filtrare il sangue come dovrebbero.

Presenti anche pareri negativi e domande ritirate

Il Chmp ha inoltre raccomandato il rifiuto dell’autorizzazione all’immissione in commercio di Albrioza (sodio fenilbutirrato/ursodoxicoltaurina) per il trattamento della sclerosi laterale amiotrofica, una rara malattia neurologica che colpisce le cellule nervose del cervello e del midollo spinale che controllano i movimenti muscolari volontari. Sono state invece ritirate le domande per i farmaci biosimilari Dyrupeg e Zefylti. Entrambi i farmaci erano destinati al trattamento della neutropenia, una condizione che colpisce il sistema immunitario, ma sono stati sviluppati come biosimilari di sostanze attive diverse

Raccomandazioni sull’estensione dell’indicazione terapeutica per otto farmaci
Il comitato ha raccomandato otto estensioni di indicazione per farmaci già autorizzati nell’Unione Europea  Comirnaty, ImjudoJardianceLonsurfMirceraRefixiaSoliris e Trodelvy.

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Malattie croniche intestinali, arrivano speranze da un noto farmaco

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Il farmaco, già utilizzato per il trattamento della psoriasi, è in grado di legarsi in modo dose-dipendente alle cellule mieloidi1 CD64+a, la causa principale di infiammazione intestinale provocata da IL-23

Emerge il meccanismo d’aziona particolare del farmaco guselkumab in caso di malattie croniche intestinali. Gli studi MODIF-Y in vitro dimostrano un meccanismo di legame particolare ed efficiente del nuovo farmaco. I risultati, infatti, dimostrano che guselkumab è in grado di legarsi in modo dose-dipendente alle cellule mieloidi1 CD64+a, la causa principale di infiammazione intestinale provocata da IL-23. 

“Questi dati forniscono nuove informazioni sul meccanismo d’azione di guselkumab – ha dichiarato l’autore dello studio, Raja AtreyaPotrebbero contribuire allo sviluppo di nuovi trattamenti per le malattie infiammatorie croniche intestinali. È importante notare che questi dati dimostrano la capacità unica di guselkumab di legarsi alle principali cellule coinvolte nell’infiammazione, neutralizzando l’IL-23 nel microambiente tissutale locale in cui viene prodotto, suggerendo un miglioramento del funzionamento”. I risultati mostrano la capacità di guselkumab di avere un doppio legame che consente di legarsi simultaneamente con il CD64 neutralizzando così il IL-23 alla fonte, differenziandolo all’interno della classe degli inibitori IL-23p191. 

“Continuiamo a studiare il meccanismo d’azione di guselkumab per comprendere meglio le differenze di funzionamento rispetto agli altri inibitori dell’IL-23, così come le crescenti complessità delle malattie immuno-mediate come le malattie infiammatorie croniche intestinali, in modo che gli operatori sanitari abbiano una varietà di opzioni terapeutiche da poter prendere in considerazione” – ha dichiarato Dan Cua, co-autore dello studio

Il farmaco è già utilizzato per il trattamento della Psoriasi

Sono in corso ulteriori studi su guselkumab per esaminare il possibile trattamento di pazienti adulti con malattie infiammatorie croniche intestinali, che includono studi di fase 3 nella malattia di Crohn e nella colite ulcerosa. Sviluppato da Janssen, guselkumab è il primo anticorpo monoclonale completamente umano, approvato e rimborsato in Italia sia in Psoriasi a placche (Pso) che in artrite psoriasica (PsA), che si lega selettivamente alla subunità p19 dell’IL-23 e inibisce la sua interazione con il recettore.

Guselkumab è approvato nell’Unione Europea per il trattamento di pazienti adulti con psoriasi a placche da moderata a severa che sono candidati a una terapia sistemica e, da solo o in associazione a metotrexato, per il trattamento della PsA attiva in pazienti adulti che hanno avuto una risposta inadeguata o che hanno mostrato intolleranza a una precedente terapia a base di DMARD. È anche approvato negli Usa, in Canada, in Giappone e in altri paesi per il trattamento di adulti con Pso da moderata a grave, che possono beneficiare dell’assunzione di iniezioni o pillole (terapia sistemica) o della fototerapia (trattamento con luce ultravioletta), e per il trattamento di pazienti adulti con PsA attiva.

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