Conoscere l'oncologia
Carcinoma del colon – Dott. Giovanni Sanna
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Italian Medical News presenta il tredicesimo appuntamento di ‘Conoscere l’Oncologia’ il format dedicato agli approfondimenti oncologici. Questa volta, insieme al Dott. Giovanni Sanna, trattiamo di carcinoma del colon
Conoscere l’oncologia è il format di Italian Medical News dedicato agli approfondimenti oncologici. Il format si basa su interviste che vedono protagonisti diversi specialisti oncologici provenienti da tutta Italia. L’appuntamento di quest’oggi è dedicato al carcinoma del colon, patologia che rappresenta il 10% di tutti i tumori diagnosticati nel mondo, oltre ad essere la terza più frequente tra i maschi (12%) dopo il tumore della prostata e quello polmonare, e tra le femmine (11,2%) dopo il cancro della mammella. (Dati AIOM-AIRTUM 2021).
Per saperne di più la redazione di Italian Medical News ha deciso di intervistare il Dott. Giovanni Sanna, Medico Oncologo presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria di Sassari. L’esperto Dottore ha quindi risposto in modo chiaro ed esaustivo ad una serie di quesiti posti.
Un’elevata incidenza
Dottore, può esporci in linee generali in cosa consiste il carcinoma del colon?
“Si tratta di una neoplasia maligna che insorge sulle diverse sedi dell’intestino crasso. Parliamo del tumore più presente tra la popolazione italiana e non solo. La sua incidenza è al secondo posto nelle donne dopo il tumore della mammella e al terzo posto negli uomini dopo il tumore alla prostata e quello polmonare. Anche la mortalità è molto elevata essendo la seconda neoplasia maggiormente letale sia per gli uomini (dopo il cancro al polmone) che per le donne (dopo il tumore al seno). L’incidenza aumenta con l’età, e tende ad aumentare soprattutto dopo i 55 anni“.
“Se vogliamo fare anche una distribuzione geografica del carcinoma del colon a livello nazionale, troviamo una frequenza più elevata nelle regioni del nord (specie Trentino Alto Adige e Veneto) e più bassa al sud; allo stesso tempo, però, nel meridione e nelle isole si rileva una mortalità maggiore. Quest’ultimo è un fattore che la dice lunga sia sull’adesione alle campagne di screening promosse dalle regioni, sia su una (probabile) minore qualità assistenziale rispetto al settentrione”.
Sopravvivenza in aumento
“Per fortuna però, la sopravvivenza è in stabile aumento e questo è indice del miglioramento delle cure che vengono messe in atto. Un’incidenza così elevata è correlata a dei fattori di rischio. Tra i principali possiamo menzionare l’eccessiva ingestione di cibi ad alto contenuto di grassi e carboidrati e il corrispettivo basso consumo di frutta e verdura, l’uso in elevate quantità di alcolici e l’abitudine costante al fumo di sigarette. Esistono anche delle cause genetiche tra cui la poliposi familiare e la sindrome di Lynch. Attenzione anche alle malattie infiammatorie intestinali croniche che in alcuni casi possono essere alla base del carcinoma del colon”.
Sintomi e prevenzione
Quali sono invece i sintomi più frequenti di questa tipologia di cancro?
“Tra i sintomi principali della fase primitiva del carcinoma del colon possiamo menzionare l’irregolarità dell’alvo (che riguarda in particolare il colon sinistro), la rettorragia e l’insorgenza di un’anemia progressivamente più rilevante. Menzionerei anche i dolori addominali. In ogni caso, irregolarità dell’alvo, rettoragia e anemia sono sicuramente i più frequenti”.
Quanto è importante invece la prevenzione?
“La prevenzione è fondamentale, e possiamo dividerla in due principali categorie. La prima è rappresentata dalla prevenzione primaria, ovvero il condurre un’alimentazione e in generale una vita sana. Dunque mangiare più frutta e verdura e meno grassi, evitare eccessive quantità alcoliche e non fumare. La seconda categoria è rappresentata invece dalla prevenzione secondaria, cioè sottoporsi agli screening. Parliamo di una prevenzione volta ad individuare il più precocemente possibile l’insorgenza di una malattia e ha come scopo principale quello della riduzione della mortalità per quella precisa patologia, tra cui il carcinoma del colon. Le regioni italiani offrono dei programmi di screening, anche e soprattutto per questa tipologia di cancro, rivolti alle persone con età pari o superiore ai 55 anni”.
Alla scoperta di cetuximab
Dottore, trattiamo ora di un farmaco in particolare: cetuximab. In cosa consiste e in che modo agisce?
“Il cetuximab non è un chemioterapico classico come siamo abituati ad immaginare. Si tratta di un farmaco inibitore del fattore di crescita epidermico: in altri termini inibisce il segnale intracellulare di proliferazione che viene dato dal recettore del fattore di crescita. Il tutto comporta una mancata traduzione del segnale all’interno della cellula e dunque la mancata replicazione della cellula tumorale. Parliamo di un farmaco conosciuto ormai da un po’ di anni e si utilizza soltanto nelle fasi di malattia metastatica. Questo perché è inutilizzabile come terapia precauzionale. Nell’ambito della malattia metastatica il cetuximab è indicato sia nella prima sia nella seconda sia in linee successive e il suo utilizzo avviene quasi esclusivamente in associazione a diversi tipi di chemioterapia”.
“Cetuximab è in ogni caso condizionato dalla selezione molecolare della neoplasia: questo perché, si è visto che funziona soltanto in neoplasie coliche in assenza di mutazioni delle sequenze geniche K-RAS, N-RAS e B-RAF. La presenza di queste mutazioni rappresenta una controindicazione assoluta all’uso di cetuximab. In aggiunta, negli ultimi anni si è costatato che l’efficacia del farmaco è più elevata quando la neoplasia colica, sempre in assenza di mutazioni genetiche parlate prima, si trova nel colon sinistro, rispetto al colon destro. Insomma, quando la neoplasia si trova nel colon sinistro, il cetuximab diventa più efficace”.
Descrizione di un caso clinico
Per chiudere, può parlarci un caso clinico che ha visto l’utilizzo di cetuximab?
“Ce n’è uno molto significativo. Un caso che riguarda una donna, che attualmente ha 65 anni ed è in cura dal 2018, quando le venne diagnosticata una neoplasia del retto prossimale. La signora era stata sottoposta ad una resezione anteriore diretto nell’ottobre del 2018, e già all’atto della stadiazione erano presenti 3 lesioni epatiche metastatiche, per cui dopo l’intervento chirurgico sul tumore primitivo e sui linfonodi, è stato definito e avviato un programma di terapia. Tale programma prevedeva 6 cicli di FOLFOX, un intervento chirurgico sulle metastasi epatiche e poi altri 6 cicli di FOLFOX”.
“Purtroppo, al termine del programma, si è verificata un’evidente progressione di malattia con il riscontro di metastasi polmonari diffuse e di nuove metastasi epatiche. In questo difficile caso, la selezione molecolare aveva documentato l’assenza di mutazioni dei geni K-RAS, N-RAF e B-RAS e, essendo un colon sinistro, si è deciso di avviare una cura a base di cetuximab. La cura è iniziata intorno all’ottobre del 2019, e la signora è rimasta in terapia con il farmaco fino all’aprile del 2021. Si parla dunque di circa un anno e mezzo di terapia con cetuximab“.
“Successivamente nell’ottobre del 2021, essendoci state nuove progressioni della malattia, ho ritenuto di effettuare prima una biopsia liquida e successivamente, dopo aver riscontrato assenza di mutazioni genetiche, ho ripreso la cura con cetuximab. Ad oggi, a inizio del 2023, la paziente è in ottime condizioni, la malattia è remissione parziale. Tutto questo fa ben capire l’importanza di cetuximab per trattare questa neoplasia maligna”.
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Conoscere l'oncologia
L’importanza del supporto nutrizionale nei pazienti con tumori del distretto testa-collo – Dott.ssa Sara Cardellini
Pubblicato
2 settimane fail
24 Maggio 2023
La Dott.ssa Sara Cardellini, Biologa Nutrizionista presso il ‘San Raffaele’ di Milano, spiega l’importanza di una corretta nutrizione per una specifica popolazione oncologica: i pazienti testa-collo
Conoscere l’Oncologia’ è il format di Italian Medical News dedicato agli approfondimenti oncologici. Per farlo, intervisteremo diversi specialisti provenienti da tutta Italia, trattando numerosi temi riguardanti l’oncologia.
Secondo Step con la Dott.ssa Sara Cardellini, Biologa Nutrizionista presso IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, che di recente ci aveva descritto il rapporto tra nutrizione e oncologia, in particolare sottolineando il problema della malnutrizione (articolo che puoi trovare cliccando qui). Questa volta, l’esperta tratta l’importanza di una corretta nutrizione per una specifica popolazione oncologica, ovvero i pazienti che soffrono di tumore del distretto cervico-cefalico, più comunemente conosciuto come distretto testa-collo.
Il ruolo fondamentale dello screening nutrizionale
Dottoressa, che ruolo gioca lo screening nutrizionale in pazienti con tumori del distretto testa-collo?
“La valutazione dello stato nutrizionale dovrebbe idealmente essere svolta alla diagnosi in tutti i pazienti oncologici, al fine di intervenire sin da subito su eventuale malnutrizione e permettere di recuperare peso corporeo prima ancora dell’avvio dei trattamenti oncologi qualora il paziente ne abbia nei mesi precedenti. Capita molto spesso che i pazienti con tumori del distretto testa-collo risultino in prima visita oncologica con una buona composizione corporea e senza particolari difficoltà ad alimentarsi, ma considerando l’aggressività dei trattamenti oncologici è bene avviare comunque precocemente una presa in carico nutrizionale per prevenire rapidi ed improvvisi peggioramenti che potrebbero insorgere nel giro di poche settimane riguardanti la possibilità di alimentarsi regolarmente e con appetito”.
Alimentazione riadeguata in relazione agli effetti collaterali
Con quale scopo viene svolto counselling nutrizionale in pazienti con tumori del distretto testa-collo all’avvio dei trattamenti oncologici?
“In questi pazienti è importantissimo riadeguare l’alimentazione in relazione agli effetti collaterali dei trattamenti chemio-radioterapici che impattano negativamente sulla capacità di introdurre alimenti per bocca; tra questi, troviamo soprattutto disfagia (utilizzare consistenze specifiche degli alimenti aiuta a tal proposito ad evitare dolore e difficoltà nel transito di alimenti e bevande) e mucositi (ovvero infiammazioni a carico del cavo orale, che spesso il paziente avverte come sensazione di bruciore quando l’area interessata entra in contatto con ciò che ingerisce per bocca)”.
“Queste condizioni hanno un impatto debilitante sulla qualità della vita del paziente già ancora prima di iniziare i trattamenti oncologici. Inoltre incidono negativamente anche sulla sua capacità di comunicazione verbale. Suggerimenti mirati riguardanti cosa escludere già in questa fase (ad esempio alcolici, caffè, alimenti troppo secchi e spezie) possono sicuramente aiutare a non aggravare ulteriormente la sintomatologia descritta e a mantenere un buon introito calorico-proteico giornaliero. Una presa in carico nutrizionale tempestiva già dalla diagnosi, quindi, è in grado di prevenire e contrastare queste problematiche per permettere ai pazienti di svolgere con l’efficacia attesa tutto il percorso terapeutico”.
La nutrizione artificiale
Cosa succede se diventa difficile nutrire unicamente tramite alimenti e ONS i pazienti con tumori del distretto testa-collo?
“I rapidi cambiamenti indotti nell’organismo da radio-chemioterapia molto spesso costringono a modificare frequentemente le indicazioni nutrizionali da un incontro all’altro. Questo succede anche perché tanti pazienti ad un certo punto del percorso necessitano dell’attivazione di nutrizione artificiale a causa dell’impossibilità nel proseguire unicamente con l’alimentazione per bocca. Un costante confronto all’interno del team multidisciplinare permette, a tal proposito, di supportare al meglio i pazienti aiutandoli in ciascuno di questi step a gestire le rapide ed improvvise modifiche che sono caratterizzate dall’avere un impatto importante in negativo sulla qualità di vita, già compromessa dai trattamenti in corso; il posizionamento di sondino nasogastrico per utilizzare nutrizione artificiale, per esempio, può essere una valida opzione per evitare che alimenti e bevande possano infiammare ulteriormente il cavo orale già compromesso dagli intensivi trattamenti oncologici in pazienti che perdono peso a causa del ridotto introito calorico per bocca”.
Referenze:
- Bahl A, Elangovan A, Kaur S, Verman R, Oinam AS, Ghoshal S, Panda NK. Pre-Treatment Nutritional Status and Radiotherapy Outcome in Patients with Locally Advanced Head and Neck Cancers. Gulf J Oncolog. 2017 Sep
- Orell-Kotikangas H, Österlund P, Mäkitie O, Saarilahti K, Ravasco P, Schwab U, Mäkitie AA. Cachexia at diagnosis is associated with poor survival in head and neck cancer patients. Acta Otolaryngol. 2017 Jul
- Cereda E, Cappello S, Colombo S, Klersy C, Imarisio I, Turri A, Caraccia M, Borioli V, Monaco T, Benazzo M, Pedrazzoli P, Corbella F, Caccialanza R. Nutritional counseling with or without systematic use of oral nutritional supplements in head and neck cancer patients undergoing radiotherapy. Radiother Oncol. 2018 Jan
- Cook F, Rodriguez JM, McCaul LK. Malnutrition, nutrition support and dietary intervention: the role of the dietitian supporting patients with head and neck cancer. Br Dent J. 2022 Nov
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Conoscere l'oncologia
L’immunoterapia nel trattamento del carcinoma dell’endometrio – Dott.ssa Consiglia Carella
Pubblicato
3 mesi fail
17 Marzo 2023
Approfondimento scientifico elaborato dalla Dott.ssa Consiglia Carella, Oncologo – Dirigente Medico I livello presso il Policlinico “SS.Annunziata” di Chieti
Di seguito riportiamo un approfondimento scientifico prodotto dalla Dott.ssa Consiglia Carella. In quest’articolo l’esperta tratta di immunoterapia nel trattamento del carcinoma dell’endometrio. Il focus rientra nell’ambito del progetto ‘Conoscere l’Oncologia’, il format di Italian Medical News dedicato agli approfondimenti oncologici.
Introduzione
Il cancro dell’endometrio rappresenta ancora oggi una grande sfida per l’oncologia moderna, nella sua dimensione clinica ma anche nel suo impatto sociale e assistenziale. Colpisce prevalentemente donne di età superiore a 50 anni, soprattutto dopo la menopausa, anche se circa il 25% dei casi può presentarsi in età premenopausale. In Europa circa 2 donne su 100 svilupperanno un tumore dell’endometrio nel corso della propria vita, e questo significa in Italia più di 8.000 nuovi casi all’anno 1.
Non si conoscono cause specifiche che possano spiegare lo sviluppo di questo tumore; tra i fattori di rischio che maggiormente sembrano giocare un ruolo importante in questo senso bisogna ricordare l’obesità (un indice di massa corporea > 30 sembra determinare un rischio aumentato di 3-4 volte rispetto alla popolazione con indice più basso). Ma anche il diabete, l’ipertensione e una storia clinica di esposizione cronica agli estrogeni (ovaio policistico, cicli anovulatori, assenza di gravidanze).
Si tratta di tumori che crescono in maniera asintomatica nella stragrande maggioranza dei casi. Tali neoplasie si mostrano solo nelle fasi avanzate con perdita di sangue o, nelle forme ancora più tardive, con dolore legato all’infiltrazione degli organi vicini. L’assenza quindi di segni specifici che possano facilitare la diagnosi nelle fasi precoci di malattia fa si che in molte pazienti l’intervento chirurgico, che rimane l’approccio terapeutico principale, in molti casi non sia risolutivo. Esso infatti, spesso, deve essere integrato da terapie mediche sistemiche che ne tentino di bloccare la progressione.
Per oltre un decennio il trattamento medico del carcinoma endometriale consisteva principalmente nell’utilizzo di due classi di chemioterapici, platini e taxani. Questi, da soli o in combinazione, sono riusciti in qualche modo a migliorare i tassi di guarigione e di sopravvivenza in questa patologia. Tuttavia, solo negli ultimissimi anni si sono aperti nuovi spiragli di cura. Ciò grazie ad una migliore conoscenza delle caratteristiche molecolari della malattia e allo sviluppo di nuove armi terapeutiche, capaci non solo di cronicizzare l’evoluzione di una malattia rapidamente progressiva, ma anche di aumentare nettamente le percentuali di guarigione.
Tra le nuove opportunità terapeutiche un ruolo cruciale l’ha assunto indubbiamente l’immunoterapia. Tale trattamento nella fase avanzata della malattia è riuscita ad offrire risultati clinici fino a poco tempo fa inaspettati e impensabili. Si tratta di una nuova frontiera terapeutica che, nel volgere di pochissimi anni è riuscita a stravolgere gli algoritmi terapeutici di molte neoplasie. Ma soprattutto ad offrire possibilità di cura inimmaginabili fino a pochi anni fa. Alla base di queste possibilità di cura vi è la scoperta che il tumore, nella sua fase di crescita, riesce ad inibire la sorveglianza da parte del sistema immunitario. Tale inibizione è possibile attraverso il blocco di una serie di freni presenti nel sistema offensivo del sistema immunitario.
Aver compreso questo meccanismo inibitorio che blocca la risposta immunitaria ha portato allo sviluppo di tutta una serie di farmaci capaci di “inibire l’inibizione” del sistema immunitario. È così facilitata, quindi, una risposta anticorpale efficace e duratura nei confronti della malattia neoplastica, anche nella cura dei tumori dell’endometrio.
Caso clinico
Il caso clinico che qui si vuole presentare riguarda una paziente di 79 anni, in buone condizioni cliniche, ma con una storia clinica molto articolata. Nel 1989 subisce un intervento di mastectomia destra. Nel 2016 la mastectomia sinistra, è affetta da ipertensione arteriosa ed è stata sottoposta anche a nefrectomia sinistra per malattia renale cronica secondaria a nefroangiosclerosi. Infine è affetta anche ad alterata glicemia a digiuno (IFG).
Nel mese di novembre 2021 la paziente è stata sottoposta ad intervento chirurgico di isterectomia totale con annessiectomia bilaterale, asportazione omento infracolico, biopsie peritoneali e linfoadenectomia pelvica per carcinoma endometrioide dell’endometrio, scarsamente differenziato, che invade più della metà la parete del miometrio con macrometastsi in un linfonodo otturatorio destro, perdita di espressione per i geni MHL1 E PMS2, p53 non mutata, Ki67 80 %. Stadio IIIC1 secondo la classificazione FIGO.
La TC preoperatoria, oltre al tumore primitivo in cavità endometriale, aveva evidenziato anche tumefazioni linfonodali lungo la catena iliaca esterna destra. La natura sospetta delle tumefazioni veniva confermata anche da una successiva PET di ristadiazione. Questo poteva giustificare anche il rialzo del marcatore tumorale CA125 che anche dopo l’intervento chirurgico rimaneva su valori elevati (69). Alla luce della stadiazione di malattia, nel mese di dicembre 2021 la paziente ha iniziato un trattamento chemioterapico con Carboplatino AUC 2 e Paclitaxel 60mg/mq giorno 1-8-15 ogni 28 giorni, schema settimanale proposto alla luce dell’età della paziente e delle comorbidità associate, anche se la valutazione cardiologica pre-chemioterapia aveva documentato una buona situazione di compenso cardiologico.
Alla luce della storia anamnestica e clinica della paziente, veniva richiesta anche una consulenza genetica che documentava comunque assenza al test di varianti molecolari di significato patogenetico.
La paziente ha eseguito 4 cicli di chemioterapia come da indicazione, ben tollerata e in assenza di tossicità rilevanti; tuttavia la PET di rivalutazione eseguita dopo questi primi 4 cicli documentava un incremento dell’ipercaptazione metabolica a livello sia del moncone vaginale, sia con la comparsa di nuovi linfonodi patologici, e sia con incremento metabolico a livello dei linfonodi già presenti: un quadro PET indicativo di evidente progressione di malattia, confermata anche da una successiva visita ginecologica.
Pertanto, in considerazione della netta progressione di malattia dopo questa prima linea di chemioterapia con Carboplatino e Paclitaxel, e alla luce della condizione di instabilità dei microsatelliti (MSI), per la paziente è stato avviato l’iter autorizzativo per un trattamento di seconda linea con Dostarlimab in un programma di accesso allargato. Oltre alla progressione radiologica, anche le condizioni cliniche e laboratoristiche della paziente peggiorano. Ciò accade con comparsa di sanguinamenti vaginali (trattati con radioterapia palliativa bulky vaginale per una dose totale di 20 Gy). Ma anche con l’aumento dei valori della creatininemia (cosa che rende necessario il posizionamento di una nefrostomia destra).
Stabilizzato il quadro clinico, nel mese di luglio 2022 la paziente ha iniziato quindi una seconda linea di trattamento con Dostarlimab (500 mg giorno 1 ogni 21 giorni per 4 cicli) 2; il trattamento è stato ben tollerato con miglioramento delle condizioni cliniche generali. Ha inoltre visto una netta riduzione del marcatore CA 125 che rientra nel range di normalità.
La PET di rivalutazione eseguita dopo questi primi 4 cicli di immunoterapia ha messo in evidenza una pressoché totale regressione dei reperti focali ipermetabolici precedentemente descritti a livello del moncone vaginale e dei linfonodi addomino-pelvici, attualmente ridotti per dimensioni e privi di significativa attività metabolica. In considerazione della risposta ottenuta dalla fase di induzione, nel mese di ottobre 2022 la paziente ha iniziato schedula di Dostarlimab a 1000 mg ev ogni 6 settimane, tuttora in corso. Peraltro, nel mese di novembre 2022 la paziente ha eseguito anche una consulenza urologica che, in considerazione della risposta alla terapia sistemica, ha disposto la rimozione della nefrostomia destra.
Nello scorso mese di gennaio 2023, la paziente ha eseguito una nuova PET di rivalutazione che ha documentato l’assenza di ipercaptazione patologiche. Inoltre ha confermato la risposta metabolica completa al trattamento con immunoterapia. Le condizioni cliniche della paziente sono decisamente migliorate, in assenza di tossicità al trattamento in corso, con un miglioramento non solo del quadro clinico, ma con un impatto molto favorevole sulla qualità di vita.
Discussione
Il caso clinico presentato vuole essere un esempio paradigmatico di come si sia evoluta la strategia terapeutica nel carcinoma metastatico dell’endometrio nel corso degli ultimissimi anni. L’immunoterapia, infatti, offre oggi possibilità di cura che fino ad un anno fare erano decisamente precluse per pazienti resistenti al trattamento chemioterapico di prima linea. Un trattamento che offre la possibilità di un significativo controllo della malattia e un possibile vantaggio di sopravvivenza.
La paziente in esame aveva presentato una netta progressione di malattia sotto il trattamento chemioterapico gold standard di prima linea. La malattia era dunque inquadrata come fortemente resistente ai trattamenti convenzionali. Nonostante tale farmaco resistenza primaria, l’immunoterapia invece è riuscita a dare una riduzione significativa della malattia, se non una vera e propria risposta completa. Il tutto con un grande impatto sul miglioramento clinico della paziente e sulla sua qualità di vita.
Bisogna anche sottolineare come il trattamento immunoterapico proposto sia stato facilmente implementato anche in una paziente “fragile” come quella in esame, con tante comorbidità e tanti limiti laboratoristici; questo a riprova non solo di una straordinaria efficacia del trattamento immunoterapico, ma anche di una sua incoraggiante tollerabilità.
Conclusione
Da poco più di un lustro l’immunoterapia si è affacciata nella pratica clinica corrente dell’oncologia moderna. La cura ha aperto spiragli terapeutici innovativi e duraturi in molte patologie neoplastiche. Il razionale biologico che sottende al suo meccanismo d’azione, ossia l’inibizione dei freni biologici che bloccano il sistema immunitario, rende questa opzione terapeutica trasversale alle molte facce della malattia neoplastica. Opzione terapeutica altamente efficace, con profili di tollerabilità molto interessanti e durate delle risposte clinicamente assai significative.
Anche per l’endometrio è stato recentemente aperto questa nuova frontiera terapeutica. Frontiera che lascia ipotizzare rapidi e incisivi miglioramenti di sopravvivenza anche in questa patologia così resistente ai trattamenti chemioterapici convenzionali.
Il caso clinico presentato offre la testimonianza di come l’approccio terapeutico immunoterapico possa cambiare la storia naturale del carcinoma endometriale metastatico. Il tutto indipendentemente dalle condizioni cliniche della paziente, e con margini di cura assai promettenti.
Bibliografia
- Ana Oaknin, Lucy Gilbert, Anna V Tinker, Jubilee Brown, Cara Mathews, Joshua Press, Renaud Sabatier, David M O’Malley, Vanessa Samouelian, Valentina Boni, Linda Duska, Sharad Ghamande, Prafull Ghatage, Rebecca Kristeleit, Charles III Leath, Wei Guo, Ellie Im, Sybil Zildjian, Xinwei Han, Tao Duan, Jennifer Veneris, Bhavana Pothuri: Safety and antitumor activity of dostarlimab in patients with advanced or recurrent DNA mismatch repair deficient/microsatellite instability-high (dMMR/MSI-H) or proficient/stable (MMRp/MSS) endometrial cancer: interim results from GARNET-a phase I, single-arm study. J Immunother Cancer 2022 Jan;10(1):e003777. doi: 10.1136/jitc-2021-003777.
- Vanshikha Singh, Afsana Sheikh, Mohammed A S Abourehab, Prashant Kesharwani: Dostarlimab as a Miracle Drug: Rising Hope against Cancer Treatment. Biosensors (Basel) 2022 Aug 8;12(8):617. doi: 10.3390/bios12080617.
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Il problema della malnutrizione nei pazienti oncologici – Dott.ssa Sara Cardellini
Pubblicato
3 mesi fail
9 Marzo 2023
La Dott.ssa Sara Cardellini, Biologa Nutrizionista presso il ‘San Raffaele’ di Milano, descrive quella che viene definita una vera e propria ‘malattia nella malattia’: la malnutrizione nei pazienti oncologici
‘Conoscere l’Oncologia’ è il format di Italian Medical News dedicato agli approfondimenti oncologici. Per farlo, intervisteremo diversi specialisti provenienti da tutta Italia, trattando numerosi temi riguardanti l’oncologia. In questo nuovo appuntamento trattiamo del rapporto tra nutrizione e oncologia, in particolare sottolineando il problema della malnutrizione. La valutazione nutrizionale costituisce, infatti, un elemento imprescindibile nell’approccio al paziente affetto da patologia oncologica, già nel corso della prima visita. Per questi motivi, la redazione di Italian Medical News ha deciso di intervistare un’esperta del settore: la Dott.ssa Sara Cardellini, Biologa Nutrizionista presso IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.
Dottoressa, cosa comporta la malnutrizione nei pazienti oncologici?
“Con malnutrizione si intende una condizione dovuta ad uno squilibrio energetico, proteico o di altri nutrienti. Tale squilibro è responsabile di effetti negativi su composizione corporea e outcome clinico. Nei pazienti oncologici la malnutrizione è descritta come ‘una malattia nella malattia’ dato che compromette lo stato di salute e, se non riconosciuta e correttamente gestita, può penalizzare l’efficacia delle terapie antitumorali; questa problematica porta a comparsa o progressivo peggioramento di astenia, oltre a: riduzione della tolleranza ai trattamenti, prolungamento dei ricoveri ospedalieri, aumento delle complicanze post-operatorie, compromissione della qualità della vita e riduzione della sopravvivenza”.
“Spesso è inizialmente scatenata dal calo di appetito. Questo perché la perdita di tale desiderio purtroppo influisce negativamente sulle porzioni di alimenti introdotte. Di conseguenza, causa progressivamente riduzione del peso corporeo non riuscendo a raggiungere il fabbisogno calorico giornaliero necessario per mantenere l’organismo in forze ed affrontare i trattamenti in programma. La malnutrizione viene innescata anche a seguito dell’insorgenza di nausea, vomito, alterazione dei sapori, sazietà precoce, difficoltà e dolore durante la deglutizione. SI tratta di tutti fattori che incidono sfavorevolmente sull’assunzione di cibo, oltre che sulla qualità di vita in generale e sul performance status (dato che spesso tutto ciò è associato ad ansia e depressione)”.
L’importanza dei supplementi nutrizionali orali (ONS)
Chiarissimo Dottoressa. Come è possibile aiutare i pazienti a raggiungere il loro fabbisogno calorico-proteico giornaliero?
“I supplementi nutrizionali orali (ONS) sono alimenti a fini medici speciali destinati alla prevenzione o al trattamento della malnutrizione calorico-proteica. In particolare, sono utili a tal scopo per permettere ai pazienti di introdurre nutrienti in formula concentrata ad elevata densità calorica. Sono presenti in forma liquida, cremosa o in polvere e sono un valido supporto che può essere utilizzato già dalla diagnosi se il paziente viene valutato in prima visita malnutrito o a rischio di malnutrizione”.
“La tipologia di prodotto si deve scegliere sulla base di eventuale disgeusia e disfagia: la prima consiste in un’alterazione dei sapori, che porta il paziente a non riuscire a tollerare, per esempio, alcuni gusti di integratori; la seconda (disfagia) è invece la difficolta durante la deglutizione. Inoltre, la tipologia di prodotto va riadeguata costantemente sulla base dell’evoluzione dell’andamento ponderale. Può capitare, infatti, che nel corso del trattamento insorgano delle difficoltà nel tollerare consistenze o gusti che a inizio percorso venivano gestiti senza problemi. Senza un cambio di strategia rapido ed efficace, la scarsa compliance da parte del paziente nell’assunzione degli ONS porta ad un peggioramento del suo stato nutrizionale e rende poi ancora più difficile il recupero ponderale”.
Referenze:
1. Muscaritoli M, Lucia S, Farcomeni A et al. Prevalence of malnutrition in patients at first medical oncology visit: the PreMiO study. Oncotarget. 2017 Aug 10.
2. Muscaritoli M, Arends J, Bachmann P et al. ESPEN practical guideline: clinical nutrition in cancer. Clin Nutr 40 2021 mar.
3. Prado, C.M., Laviano, A., Gillis, C. et al. Examining guidelines and new evidence in oncology nutrition: a position paper on gaps and opportunities in multimodal approaches to improve patient care. Support Care Cancer 2021 Nov.
4. Bossi P et al. Malnutrition management in oncology: An expert view on controversial issues and future perspectives. Front Oncol. 2022 Oct.
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