Chiusi 300 ospedali in 20 anni e 50.000 unità di personale perse dal 2007. Il risultato di anni di tagli al Servizio sanitario nazionale
“Ambulanze ferme”, “Pronto soccorso al collasso”, “Non ci sono letti”, “Manca personale”. Spesso capita di sentire frasi del genere riferite a crisi vissute in alcune strutture. Si pensi alle ultime vicende del Cardarelli di Napoli o del San Camillo a Roma, solo per fare due esempi recenti. Le cronache di questi giorni della crisi dei Pronto soccorso non suono nuove e si ripetono purtroppo ciclicamente. La brutta piega che stava prendendo il Servizio sanitario nazionale era ed è sotto gli occhi di tutti, per via dei vari tagli avvenuti negli ultimi anni. Dai tagli ai letti a quelli al personale, passando da quelli alle strutture.
Di sicuro le crisi economiche di metà anni 90’ e poi quelle di fine anni ‘0’ del 2000 hanno determinato e avviato quel lento e inesorabile processo di riduzione dei finanziamenti della sanità pubblica. Processo che oggi tocchiamo con manoanche per via della pandemia, che sicuramente non ha migliorato la situazione. Ora c’è il Pnrr con cui si proverà a risalire la china e a tornare ad una condizione sanitaria nazionale migliore.
I numeri del calo
I numeri attuali sono davvero impietosi e mostrano come nel giro di poco più di un decennio è avvenuto un desolante declino. Prendendo come riferimento gli annuari del SSN del Ministero della Salute è possibile fare una serie di esempi. Nel 2007 si poteva contare su circa 260.000 posti letto, contro i 190.000 del 2019. Tradotto, 70.000 posti letto in meno nel giro di 12 anni. Il calo ha colpito tutti i reparti: degenza ordinaria, day hospital, day surgery e non solo. Ecco spiegati i motivi per cui risulta sempre più difficile per i pazienti trovare posti letto.
Numeri negativi anche per il personale sanitario. Nel 2007 il SSN poteva contare su circa 650.000 unità tra cui circa 107.000 medici e 264.000 infermieri. Per via della dieta dei finanziamenti e del blocco del turnover, nel 2019 tale personale ammonta a 600.000 unità. Si parla dunque di 50.000 figure sanitarie in meno. Tagli che hanno colpito ovviamente anche medici e infermieri per un totale di 4.500 medici e 7.700 infermieri in meno. I tagli hanno colpito anche le strutture. Nel 2007 il nostro Paese contava su 1.197 ospedali che nel 2019 sono diventati 992. 205 ospedali in meno in poco più di dieci anni.
In sintesi, dagli anni 2000 in poi gli ospedali sono stati letteralmente svuotati e in alcuni casi spariti. Ora c’è il PNRR che con ilDecreto ministeriale 71 proverà a metterci una pezza ma prima di veder realizzati i suoi effetti bisognerà attendere ancora qualche anno.
Ci sono molte altre ragioni tra cui l’uso di assumere i medici ospedalieri a tempo determinato con contratti anomali, a gettone di presenza o libera professione, favorendo una eccessiva frammentarietà ed eccessiva rotazione degli organici, impedendo così la formazione di gruppi di lavoro che facciano capo ad un medico guida che aiuti i meno esperti a crescere professionalmente. Inoltre medici assunti con contratti anomali non hanno sufficienti garanzie e non sentono “spirito di corpo” relativamente al reperto o all’Ospedale. Inoltre sono stati tagliati soprattutto i reparti di medicina interna che sono quelli che servono di più in un paese in cui moltissime persone hanno multipatologie, semplicemente per la ragione che i DRG di medicina vengono pagati meno!! come se non fossimo sempre noi tutti con le nostre tasse a pagare la sanità. Infine e non ultimo la gestione degli ospedali in mano a cosiddetti manager che di medicina e dei suoi problemi reali non capiscono un’acca. E ancora la crescente insicurezza personale dei madici ospedalieri e in particolare di quelli che lavorano in emergenza, non tutelati a sufficienza dal punto di vista legale e personale.
La carenza di personale medico assume sempre più i contorni di una vera e propria emergenza. Inoltre, in Italia ci sono i medici più anziani d’Europa
I medici italiani sono i più anziani d’Europa. Nel 2021, infatti, il 55,2% aveva più di 55 anni rispetto al 44,5% in Francia, al 44,1% in Germania e al 32,7% in Spagna. È solo uno dei dati che emerge da una Nota stilata e pubblicata dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) in relazione ai diversi disegni di legge sull’accesso ai corsi di Laurea in Medicina.
L’analisi dell’ISTAT conferma anche la questione della carenza dei medici, sempre più un’emergenza. L’Italia si colloca al quattordicesimo posto tra i paesi UE per numero di medici ogni 100.000 abitanti (410,4). A onor del vero, però, si tratta comunque di una dotazione più elevata rispetto a quella della Francia (318,3) e del Belgio, anche se inferiore a quella registrata, tra le altre, in Austria (540,9), Germania (453) e Spagna (448,87).
Sempre di meno i medici di famiglia
La carenza di medici è meno marcata per gli specialisti, ambito in cui l’Italia, con 328,3 medici ogni 100 mila abitanti, si situa davanti a Austria (300,7), Spagna (277,6) e Francia (180,0). Più grave, invece, la mancanza di medici di medicina generale, che negli ultimi 10 anni sono calati di circa il 20% (-5.187 unità). “In Italia – rileva l’Istat – il numero dei Medici di medicina generale (MMG), pari a 40.250 nel 2021, si è ridotto negli ultimi dieci anni di 5.187 unità. L’offerta è passata da 76 MMG per 100mila abitanti nel 2012 ai 68 nel 2021. Negli stessi anni sono quindi aumentati il carico di assistenza, passato da 1.156 assistiti per MMG a 1.260, e la quota di MMG con più di 1.500 assistiti (limite superiore fissato dalla normativa nazionale vigente), che dal 27,3% del 2012 sale al 42,1% del 2021”.
“La progressiva carenza di MMG – si legge ancora nella Nota – accomuna tutte le aree del paese ma è il Nord la ripartizione geografica più svantaggiata, con una costante diminuzione della dotazione di MMG, passata da 71 ogni 100mila abitanti del 2012 al 62 MMG del 2021; nel 2021 Centro e Mezzogiorno mostrano valori simili, pari rispettivamente a 74 e 73.1”.
I dati relativi ai laureati in Medicina evidenziano invece un miglioramento significativo, quasi raddoppiando rispetto al 2010, anche se si osserva una marcata diminuzione negli ultimi due anni. Gli studenti iscritti ai corsi di specializzazione, invece, ammontano a circa 49,2 mila, registrando un incremento del 73,7% rispetto al periodo 2017/2018.
Sono oltre 40 le raccomandazioni stilate e diffuse dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in merito all’Intelligenza Artificiale. La direzione è un futuro etico e sostenibile
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha pubblicato nuove linee guida relative alla gestione e alla governance dei modelli multi-modali di grandi dimensioni (LMM). Gli LMM sono una tecnologia di intelligenza artificiale generativa in rapida crescita, in cui rientrano ChatGPT, Bard e Bert, insieme a molte altre applicazioni nel campo della salute. Gli LMM, in grado di elaborare dati eterogenei come testi, video e immagini, e di generare output diversificati, si contraddistinguono per la loro capacità di emulare la comunicazione umana e di affrontare compiti per i quali non sono stati esplicitamente programmati. Questi modelli hanno guadagnato notevole visibilità nel 2023, diventando le applicazioni adottate più velocemente nella storia.
Numerosi sono i benefici derivanti dall’implementazione di queste tecnologie, ma altrettanti sono i rischi potenziali. Rischi documentati includono la produzione di dichiarazioni false, inesatte, parziali o incomplete, i quali potrebbero causare danni a coloro che basano le proprie decisioni sanitarie su tali informazioni. Inoltre, gli LMM possono essere addestrati utilizzando dati di bassa qualità o contaminati da pregiudizi legati a fattori come razza, etnia, sesso, identità di genere o età. In aggiunta, come altre forme di intelligenza artificiale, gli LMM sono suscettibili ai rischi legati alla sicurezza informatica, che potrebbero compromettere le informazioni sui pazienti o minacciare l’affidabilità di tali algoritmi e l’erogazione generale delle cure sanitarie.
Oltre 40 raccomandazioni
In queste linee guida l’OMS ha presentato oltre 40 raccomandazioni indirizzate ai governi, alle aziende tecnologiche e ai fornitori di assistenza sanitaria, per garantire l’utilizzo appropriato degli LMM nel promuovere e proteggere la salute delle popolazioni. Anche il Chief Scientist dell’OMS, Dr. Jeremy Farrar, ha rilasciato alcune dichiarazioni in merito.“Le tecnologie di intelligenza artificiale generativa hanno il potenziale per migliorare l’assistenza sanitaria, ma solo se chi le sviluppa, le regola e le utilizza identifica e contabilizza pienamente i rischi associati. Abbiamo bisogno di informazioni trasparenti e politiche per gestire il design, lo sviluppo e l’uso degli LMM per ottenere risultati sanitari migliori e superare le persistenti disuguaglianze nella salute”.
Le nuove linee guida dell’OMS delineano cinque ampie applicazioni degli LMM per la salute: la diagnosi e la cura clinica, l’uso guidato dal paziente, i compiti amministrativi, l’educazione medica e infermieristica e la ricerca scientifica/sviluppo di farmaci. Per creare LMM sicuri ed efficaci, l’OMS sottolinea la necessità di coinvolgere vari stakeholder: governi, aziende tecnologiche, fornitori di assistenza sanitaria, pazienti e società civile, in tutte le fasi di sviluppo e distribuzione di tali tecnologie, inclusa la loro supervisione e regolamentazione.
La grande responsabilità dei governi
Non mancano raccomandazioni ai governi, che hanno la responsabilità primaria di definire standard sia per lo sviluppo e l’impiego degli LMM sia per la loro integrazione e utilizzo a fini di salute pubblica e medica. Secondo l’OMS i governi dovrebbero investire in infrastrutture pubbliche o no-profit, compresa la potenza di calcolo e set di dati pubblici, accessibili agli sviluppatori, che richiedano agli utenti di aderire a principi etici in cambio dell’accesso. Ma non basta. Bisogna anche adoperare leggi, politiche e regolamentazioni per garantire che gli LMM e le loro applicazioni in assistenza sanitaria rispettino gli obblighi etici sui diritti umani come la privacy di una persona.
Tra le altre necessità indicate dall’OMS vi è che gli LMM non vengano progettati solo da scienziati e gli ingegneri. Secondo l’Organizzazione, i potenziali utenti e tutti gli stakeholder diretti e indiretti, inclusi i fornitori di assistenza medica, i ricercatori scientifici, i professionisti della salute e i pazienti, dovrebbero essere coinvolti fin dalle prime fasi dello sviluppo dell’IA in un design strutturato, inclusivo e trasparente, con opportunità di sollevare questioni etiche, esprimere preoccupazioni e fornire input per l’applicazione IA in considerazione. L’obiettivo finale è che l’Intelligenza Artificiale svolga compiti ben definiti con l’accuratezza e l’affidabilità necessarie per migliorare la capacità dei sistemi sanitari e avanzare gli interessi dei pazienti.
Lo sciopero proclamato da Anaao Assomed e Cimo-Fesmed, in programma a partire dalle 00.00 di domani, martedì 5 dicembre, coinvolgerà il 50% dei sindacalizzati
Il numero delle prestazioni sanitarie in pericolo a causa dello sciopero nazionale di 24 ore indetto per domani, 5 dicembre, da parte di medici, dirigenti sanitari e infermieri, ammonta a 1,5 milioni. Si trovano a rischio una vasta gamma di servizi, tra cui esami di laboratorio, interventi chirurgici (con circa 30.000 programmazioni che potrebbero subire rinvii), visite specialistiche (180.000) ed esami radiografici (50.000). Va sottolineato che, nonostante ciò, le prestazioni d’urgenza saranno comunque garantite.
Lo sciopero, indetto da Anaao Assomed eCimo-Fesmed, nonché dal sindacato Nursing Up per il comparto, avrà inizio alle 00.00 del 5 dicembre coinvolgendo il 50% dei sindacalizzati. Tuttavia, possono aderire allo sciopero tutti i medici, dirigenti sanitari, tecnici e amministrativi con contratto a tempo determinato o indeterminato presso le Aziende ed Enti del SSN, inclusi gli IRCCS, IZS, Arpa, nonché coloro che sono dipendenti da strutture private e/o religiose con rapporto di convenzione e/o accreditamento con il SSN. Anche i medici specializzandi assunti secondo il cosiddetto Decreto Calabria hanno la possibilità di aderire allo sciopero. Inoltre, è ammessa la partecipazione del personale medico universitario che svolge attività assistenziale presso un’Azienda Ospedaliera Universitaria. Per il comparto, possono aderire tutti i professionisti sanitari non medici, appartenenti alle qualifiche contrattuali del settore della sanità, che operano presso le ASL, le Aziende Ospedaliere e gli enti della sanità pubblica italiana.
Le cinque richieste
La protesta dei camici bianchi e degli operatori sanitari, tra cui infermieri, ostetriche e professionisti delle sanitarie ex legge n. 43/2006, è motivata da almeno cinque richieste chiave: l’incremento delle assunzioni di personale, la detassazione di una parte della retribuzione, l’allocazione di risorse adeguate per il rinnovo del contratto di lavoro, la depenalizzazione dell’atto medico e l’abolizione dei tagli alle pensioni. In concomitanza con lo sciopero, si terranno manifestazioni in diverse località d’Italia, mentre i leader delle Associazioni parteciperanno al SIT-IN programmato a Roma in Piazza SS Apostoli alle ore 11.30.
Giancarlo Galbiati
11 Maggio 2022 at 14:35
Ci sono molte altre ragioni tra cui l’uso di assumere i medici ospedalieri a tempo determinato con contratti anomali, a gettone di presenza o libera professione, favorendo una eccessiva frammentarietà ed eccessiva rotazione degli organici, impedendo così la formazione di gruppi di lavoro che facciano capo ad un medico guida che aiuti i meno esperti a crescere professionalmente. Inoltre medici assunti con contratti anomali non hanno sufficienti garanzie e non sentono “spirito di corpo” relativamente al reperto o all’Ospedale. Inoltre sono stati tagliati soprattutto i reparti di medicina interna che sono quelli che servono di più in un paese in cui moltissime persone hanno multipatologie, semplicemente per la ragione che i DRG di medicina vengono pagati meno!! come se non fossimo sempre noi tutti con le nostre tasse a pagare la sanità. Infine e non ultimo la gestione degli ospedali in mano a cosiddetti manager che di medicina e dei suoi problemi reali non capiscono un’acca. E ancora la crescente insicurezza personale dei madici ospedalieri e in particolare di quelli che lavorano in emergenza, non tutelati a sufficienza dal punto di vista legale e personale.
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