Una ricerca condotta da un gruppo di esperti della Stanford University (California) indica le diete più adeguate per una corretta salute cardiovascolare
Cosa mangiare per favorire una corretta salute cardiovascolare? È questa la domanda che si sono posti i ricercatori della Stanford University, in California. Il gruppo di scienziati, guidati da Cristopher Gardner, ha elaborato una precisa analisi sui tipi di alimentazione da seguire per una corretta salute del cuore. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista ‘Circulation’.
“L’evoluzione delle linee guida dietetiche da nutrienti isolati a raccomandazioni di modelli dietetici deriva dalla crescente conoscenza della sinergia tra nutrienti e fonti alimentari in termini di benefici sullo stato di salute – scrivono i ricercatori. Da qui nasce l’esigenza di redigere un documento con l’obiettivo di migliorare la comprensione da parte di consumatori e operatori sanitari delle caratteristiche chiave dei modelli dietetici più popolari, di valutarne l’allineamento con le linee guida dietetiche 2021 dell’American Heart Association. Il fine ultimo è quello di proporre modelli dietetici sani che promuovano la salute cardiometabolica”.
Sono diversi i modelli coerenti con le raccomandazioni dell’American Heart Association. In particolare è possibile menzionale la dieta mediterranea, la DASH, la pescetariana e la vegetariana. “Pertanto, una salute cardiovascolare ottimale sarebbe meglio se supportata dallo sviluppo di un ambiente alimentare che condivida l’adesione a questi modelli ovunque il cibo venga preparato o consumato” – spiegano ancora gli autori.
Le diete da non seguire
Il commento del coordinatore, Gardner, è significativo poiché critica alcune diete disfunzionali per la salute del cuore. “Viceversa, alcune delle diete più seguite non sono utili alla salute cardiovascolare. Tra queste c’è la paleolitica, basata sul consumo di cibi come selvaggina, uova, pesce, rettili, vermi, bachi, insetti. Ma anche la chetogenica, basata sulla riduzione dei carboidrati alimentari che obbliga ad aumentare il consumo energetico dei grassi nel tessuto adiposo. Si tratta di diete così strettamente restrittive per specifici gruppi di alimenti che risultano non allineate con le attuali caratteristiche scientifiche che dovrebbe avere una dieta sana per il cuore”.
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Un gruppo di ricercatori italiani ha elaborato un ampio lavoro che conferma vari benefici derivanti dal bere (poco) vino
Uno dei principi cardine della dieta mediterranea dice che bere in modo moderato del vino porta dei benefici all’organismo. Ora però, lo ribadisce anche la scienza. Un gruppo di ricercatori italiani ha lavorato a una pubblicazione che riassume lo stato dell’arte sul consumo moderato di vino. Il lavoro è intitolato ‘Moderate Wine Consumption and Health: A Narrative Review’ ed è pubblicato sulla rivisita internazionale Nutrients.
Lo studio conferma che il vino, se consumato moderatamente, non solo non aumenta il rischio di malattie cronico-degenerative, ma è anche associato a possibili benefici per la salute. Ciò vale ancora di più se rientra in in un modello di dieta mediterranea. Il vino, con una composizione ricca e originale in termini di polifenoli e antiossidanti, vede un’associazione protettiva tra un consumo da basso a moderato per le malattie cardiovascolari, il diabete di tipo 2 e i disturbi neurologici. “Chi beve vino, in particolare rosso e nella misura massima di due bicchieri al giorno, ha il 51% in meno di rischi cardiovascolari– sottolinea Attilio Giacosa, uno degli autori della ricerca. Inoltre presenta anche un calo del 30% dei rischi di declino intellettuale. Non c’è motivo di suggerire a coloro che bevono vino con moderazione di smettere di farlo”.
Un lavoro che si basa su 24 studi scientifici
La review si è posto l’obiettivo di rivalutare la relazione che sussiste tra tipo e dose di bevanda alcolica consumata rispetto alla riduzione o all’incremento del rischio di malattie. Per la valutazione del consumo moderato del vino e gli effetti sulla salute, il pool di ricercatori ha selezionato 24 studi scientifici. Lo ha fatto tramite ricerche su banche dati di letteratura scientifica (come PubMed) e ha selezionato lavori pubblicati tra il 2010 e il 2022. In particolare, 8 studi riguardavano le malattie cardiovascolari, 3 il diabete di tipo 2, 4 le malattie neurodegenerative, 5 il cancro e 4 la longevità.
Ne è emerso un lavoro che descrive davvero il vino a 360 gradi. Non solo per quanto concerne la relazione con le principali patologie del nostro tempo (si pensi alle malattie cronico degenerative). Ma anche perché descrive la sua relazione con la dieta Mediterranea, fornisce elementi di viticoltura e discute gli aspetti biochimici alla base degli effetti positivi dei nutraceutici che esso contiene.
‘Un modo mediterraneo di bere’
Secondo lo studio, inoltre, si può parlare di un ‘modo mediterraneo di bere’. Ovvero un modo legato alla longevità che prevede un’assunzione moderata di vino in età adulta soprattutto durante i pasti. Ma soprattutto una modalità che potrebbe rappresentare il modo migliore per diminuire gli effetti tossici dell’etanolo e contemporaneamente aumentare le difese antiossidanti/disintossicanti grazie all’effetto sinergico di un’ampia gamma di componenti bioattivi in grado di modulare le difese dell’organismo e proteggere dalle malattie croniche/degenerative.
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Uno studio americano ha scoperto che coloro che riducono il proprio apporto calorico del 25% in 2 anni invecchiano più lentamente
Ridurre le calorie giornaliere per ringiovanire. Un nuovo studio condotto dalla ‘Columbia University Mailman School of Public Health’ ha scoperto che coloro che riducono il proprio apporto calorico del 25% in 2 anni invecchiano più lentamente fino al 3%. I risultati suggeriscono una strategia semplice ed efficace che promuove la longevità sana. Inoltre, l’estratto della ricerca americana è pubblicata sulla rivista ‘Nature Ageing’. (Troverai i risultati originali della ricerca in fondo all’articolo).
In realtà è noto ormai da tempo che una riduzione delle calorie migliora la salute delle persone. Questo però è il primo studio a lungo termine sulla riduzione delle calorie in persone sane e non obese. I ricercatori infatti, solo ora sono stati in grado di rilevare segni concreti che dimostrano come le persone a dita invecchino più lentamente. Lo studio ha coinvolto 220 partecipanti di età compresa tra i 26 e i 45 anni. I ricercatori hanno dunque monitorato alcuni valori tra cui la pressione sanguigna e il colesterolo. Successivamente i segni dell’invecchiamento sono stati abbinati all’attività genetica nel corpo, analizzata tramite un test del sangue utilizzato già in passato per valutare la velocità in cui si invecchia.
Ridurre le calorie aiuterebbe tutte le tipologie di persone: da quelle in sovrappeso/obese a quelle sane
“Si tratta di uno studio molto interessante – sottolinea Daniel Belsky, coordinatore del lavoro. Rallentare l’’invecchiamento biologico significa vivere più a lungo e ammalarsi più tardi. Pertanto, la restrizione calorica – aggiunge – potrebbe non solo giovare alle persone obese, ma potrebbe dare alle persone vite più lunghe e più sane”.
I risultati dello studio
I ricercatori hanno aiutato i partecipanti a ridurre le calorie con sessioni settimanali progettate per perdere peso. Inoltre, le 220 persone coinvolte hanno iniziato a consumare pasti in porzioni più piccole per 27 giorni. Trascorsi i 27 giorni, i partecipanti hanno proseguito soli il programma con il seguente risultato: in media è stato perso il 15% del loro peso corporeo nel primo anno.
Non tutti hanno raggiunto l’obiettivo di ridurre le calorie del 25%. Tuttavia, tutte le persone a dieta sono invecchiate a un ritmo più lento del 2-3% rispetto alle persone che hanno mangiato normalmente. Coloro che hanno ridotto le calorie di oltre il 10% sembrano aver tratto i benefici maggiori, invecchiando circa l’1 percento più lentamente rispetto a coloro che hanno ridotto in misura minore l’apporto calorico. Un tasso di invecchiamento più lento del 2-3% significa un rischio inferiore di morte prematura dal 10 al 15%. Pertanto, secondo i ricercatori, seguire per due anni una dieta che riduce le calorie potrebbe avere lo stesso effetto sul rischio di morte prematura dello smettere di fumare.
Questo regime alimentare grazie all’alta percentuale di metabolici fenolici, è in grado di preservare la salute cardiovascolare
In Europa, le malattie cardiovascolari sono una delle principali cause di morte prematura. Queste, molto spesso, sono associate alle condizioni e alle abitudini di salute delle persone come fumo, ipercolesterolemia, obesità, ipertensione, diabete mellito e cattive abitudini alimentari.L’American Heart Association (AHA) ha proposto nel 2010 il punteggio di salute cardiovascolare ideale (ICVH) per migliorare la salute generale e ridurre i decessi dovuti a malattie del cuore. Il punteggio ICVH si basa su sette parametri tra cui, appunto, una dieta sana.
Dunque, risulta chiaro quanto la salute cardiovascolare e la dieta siano strettamente collegate. Questo perché i nutrienti e le sostanze fitochimiche ottenute dalla dieta svolgono un ruolo significativo nella prevenzione o nell’incidenza delle malattie cardiovascolari. Diversi studi hanno dunque rilevato che la dieta mediterranea (MedDiet) riduce il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari. Essa deve essere basata su un elevato apporto di frutta secca, legumi, frutta, verdura, olio extra vergine di oliva e anche quantità moderate di vino.
Un recente studio di Food Research International ha identificato e quantificato i dati dello studio PREDIMED. Quest’ultimo è uno studio clinico multicentrico di cinque anni che ha esaminato l’effetto della tradizionale dieta mediterranea sulla prevenzione primaria delle malattie cardiovascolari, reclutando, in Spagna, circa 7.500 partecipanti. Lo studio presente ha incluso 200 partecipanti selezionati in modo casuale proprio dal centro di reclutamento PREDIMED-Hospital Clinic di Barcellona. I dati hanno rilevato che la MedDiet era collegata ai metaboliti fenolici, che migliorano la salute cardiovascolare. Risulta interessante notare, inoltre, che una maggiore aderenza alla dieta mediterranea è stata associata ad un aumento dei Bacteroidetes nell’intestino i quali sono coinvolti nel metabolismo dei polifenoli.
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