Era il 28 febbraio del 1953 quando Francis Crick e James Watson annunciarono per la prima volta una scoperta che avrebbe rivoluzionato biologia e medicina
Il 28 febbraio del 1953 fu un giorno fondamentale per per il mondo della medicina. Francis Crick e James Watson annunciarono per la prima volta di aver scoperto come il DNA porti con sé l’informazione genetica. Una scoperta che avrebbe rivoluzionato la biologia e la medicina negli anni a venire e che sarebbe valsa ai due scienziati il Premio Nobel per la medicina nel 1962.
La struttura del DNA venne scoperta nel laboratorio Cavendish dell’Università di Cambridge. Il fatto avvenne grazie alle immagini di cristallografia ai raggi X scattate da Maurice Wilkins e da Rosalin Franklin. Per via di questi esperimenti, Watson e Crick intuirono che il DNA era simile a una scala a pioli avvolta in senso orario, con uno scheletro di zucchero e fosfati e i gradini costituiti dalle basi azotate, ovvero le ‘lettere’ del codice genetico (adenina, timina, citosina e guanina) appaiate a due a due.
70 anni di progressi
In questi 70 anni tanti i progressi in merito. Uno dei principali, sicuramente quello della lettura del codice genetico fatta dal grande Progetto genoma umano, che tra il 1990 e il 2000 ha coinvolto migliaia di scienziati di tutto il mondo per sequenziare le oltre 3 miliardi di ‘lettere’ (basi) che costituiscono il codice della vita della specie umana. Altra tappa importante fu il gennaio del 2013, quando ci fu la pubblicazione delle prime ricerche che dimostravano l’applicazione su cellule umane e animali della CRISPR, la tecnica che ‘taglia e incolla’ il DNA. Una rivoluzione per l’ingegneria genetica che permise di gettare le basi per terapie innovative contro malattie genetiche, infettive e anche tumori.
La conoscenza della sequenza del DNA permette di identificare le cause genetiche di molte malattie ereditarie, di sviluppare farmaci mirati e di elaborare terapie genetiche. La manipolazione del DNA può inoltre essere anche utilizzata per produrre organismi geneticamente modificati utili per l’agricoltura, la produzione di alimenti e la salvaguardia dell’ambiente. In sintesi, il DNA è un’importante molecola che rappresenta la base della vita e della diversità biologica.
L’utilizzo del DNA in campo oncologico
Anche i tumori sono un campo su cui le scoperte sul DNA possono fornire risultati importanti. Le recenti scoperte sulle caratteristiche molecolari dei tumori stanno dando un forte impulso alla medicina personalizzata in oncologia. Infatti, analizzando il DNA delle cellule tumorali, oggi è possibile definire approcci terapeutici più mirati, che vanno a colpire direttamente le cellule malate, lasciando intatte quelle sane. Tecniche che producono migliori risultati nella cura delle neoplasie e minori effetti collaterali rispetto alla sola chemioterapia.
Via libera da parte dell’Aifa alla rimborsabilità del farmaco venetoclax in combinazione con azacitidina. La combinazione riduce il rischio di morte del 42%
Arriva una nuova terapia per i pazienti più fragili con leucemia mieloide acuta. L’Agenzia Italiana del Farmaco – Aifa ha infatti dato il via libera alla rimborsabilità del farmaco venetoclax in combinazione con azacitidina, nei soggetti malati di leucemia mieloide acuta non idonei alla chemioterapia intensiva. La combinazione riduce il rischio di morte del 42%. La notizia è emersa nel corso dell’incontro “Leucemia mieloide acuta: le nuove prospettive nella gestione della malattia”. Aifa ha anche concesso la designazione di innovatività piena, che permette l’inserimento nel Fondo dei farmaci innovativi.
La leucemia mieloide acuta è un tumore del sangue aggressivo che colpisce ogni anno in Italia circa 3.300 persone. La maggioranza dei casi si presenta in età avanzata; l’età media alla diagnosi è di 69 anni. I pazienti anziani o fragili, colpiti da altre patologie, non possono tollerare la chemioterapia intensiva: in questi casi, la terapia si basa su agenti ipometilanti (ovvero capaci di interferire con le alterazioni epigenetiche) che, però, inducono risposte in non più del 20% dei casi, e una sopravvivenza intorno a 10-12 mesi. “Venetoclax – spiega Maria Teresa Voso, dell’Università di Tor Vergata – induce la morte programmata delle cellule del tumore. Il farmaco svolge, inoltre, un’attività sinergica con gli agenti ipometilanti”.
“Per la prima volta è possibile ottenere remissione complete senza ricorrere alla chemioterapia”
La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi oggi è di circa il 28%, ma dei pazienti non idonei alla chemioterapia intensiva solo il 5% è vivo dopo 5 anni. Nello studio Viale-A, condotto su oltre 400 pazienti con nuova diagnosi non idonei a chemioterapia intensiva, il trattamento in combinazione venetoclax-azacitidina si è dimostrato più efficace rispetto alla sola azacitidina. “La sopravvivenza globale mediana è stata di 14,7 mesi rispetto a 9,6 mesi – spiega Giovanni Martinelli, Direttore Scientifico dell’Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori ‘Dino Amadori’. Il follow up a lungo termine dello studio, a 43,2 mesi, ha confermato questo vantaggio in sopravvivenza, con una riduzione del rischio di morte del 42%”.
“Inoltre – prosegue Martinelli – la remissione completa ottenuta con venetoclax più azacitidina è risultata due volte superiore (66%) rispetto alla sola azacitidina (28,3%). Circa la metà dei pazienti trattati con la combinazione ha ottenuto la remissione completa della malattia già prima dell’inizio del secondo ciclo, con una durata media della risposta di 17,5 mesi. Questi risultati hanno un rilevante significato clinico. Per la prima volta – conclude l’esperto – è possibile ottenere remissioni complete senza ricorrere alla chemioterapia”.