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Infermieri e Assistenti Sociali, firmato il protocollo d’intesa

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Protocollo d’intesa tra l’Ordine e la Federazione per creare un rapporto multidisciplinare

L’importanza del rapporto multidisciplinare, un dato emerso con forza nel corso della pandemia. Discipline e protagonisti che si aiutano l’un l’altro con uno scopo unico. A beneficiarne saranno solo i pazienti, oltre che il sistema. Ecco perché viene accolta favorevolmente la firma di un protocollo d’intesa tra la Federazione degli Infermieri e l’Ordine degli assistenti Sociali.

Lo sappiamo da sempre, ma l’esperienza della pandemia ha reso chiaro a tutti che salute non è soltanto assenza di malattia e che soltanto insieme possiamo rispondere al benessere delle persone”.

La Federazione degli Infermieri e l’Ordine degli Assistenti Sociali hanno sottoscritto un protocollo d’intesa che la presidente Barbara Mangiacavalli e il presidente Gianmario Gazzi hanno voluto ad ogni costo per sottolineare l’importanza dell’approccio multidisciplinare “ai bisogni di chi ha bisogno.

Quattro gli obiettivi dell’intesa firmata a Roma presso la Federazione degli infermieri dai due presidenti accompagnati dalla segretaria nazionale FNOPI, Beatrice Mazzoleni, dal tesoriere FNOPI, Pierpaolo Pateri, Barbara Rosina vicepresidente Cnoas, Mirella Silvani consigliere segretario Cnoas:

  1. Individuare attività congiunte di rappresentanza istituzionale e politica per garantire l’importanza del ruolo, delle funzioni e delle competenze dei professionisti. Attività da inserire nei processi di programmazione e nelle scelte organizzative in ambito sanitario, sociosanitario e sociale;
  2. collaborare nell’organizzazione e nello svolgimento di attività scientifiche e iniziative culturali e formative che siano di comune interesse. Le discipline interessate sono quelle attinenti all’etica, deontologia, cultura e azione professionale e ruolo politico e sociale delle rispettive professioni;
  3. realizzare attività comuni che potranno anche consistere nella promozione e realizzazione di ricerche, corsi, seminari, conferenze e convegni. Pensare a pubblicazioni ed iniziative analoghe volte allo sviluppo della cultura professionale;
  4. promuovere e sostenere le rispettive iniziative, coerenti con le finalità del protocollo d’intesa.

Quattro punti sviluppati per cercare di rendere centrali le due figure professionali

Siamo, siamo stati e saremo tra i professionisti più vicini alle persone malate e in difficoltà e i drammatici mesi, speriamo passati, con il fardello di morti e solitudini, hanno messo a dura prova la tenuta del Paese – spiegano i presidenti. L’integrazione sociosanitaria non può essere un enunciato, ma deve diventare realtà. Insieme FNOPI e CNOAS saranno una lobby a difesa delle esigenze di vita delle persone, dei gruppi e delle comunità locali”.

L’impegno è di estendere il protocollo ai territori e ad attuare un percorso comune di formazione continua per i prossimi tre anni di validità dell’intesa. Infermieri ed assistenti sociali faranno fronte comune perché nelle Case delle comunità previste dal PNRR, siano presenti équipe multidisciplinari che comprendano le due professioni.

Tutta l’area della non autosufficienza, della disabilità, della cronicità ci vedono coinvolti senza un modello di riferimento univoco efficace ed efficiente – concludono Mangiacavalli e Gazzi – Ai bisogni che scopriamo oggi, si sommano disagi antichi ai quali non si è stati capaci di rispondere. Questo è il momento storico per farlo. Insieme saremo una forza per la salute e il benessere di tutti, a cominciare dai più fragili”.

Per leggere il testo del protocollo d’intesa clicca qui

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Foto tratta dalla pagina ufficiale della FNOPI

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In arrivo l’infermiere di famiglia: ecco cosa farà

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Secondo la riforma della sanità territoriale, è necessaria la presenza di almeno un infermiere di famiglia per ogni 3.000 abitanti

L’infermiere di famiglia o di comunità sarà un membro del personale del servizio sanitario, impegnato sia in ambulatori dedicati che nelle case dei cittadini per fornire assistenza, oltre a svolgere anche un ruolo di guida nei servizi sanitari. La sua preparazione sarà supportata da un programma formativo specifico, garantito tramite un apposito master. Questa è la descrizione dell’infermiere di famiglia o di comunità delineata dall‘Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) nelle sue linee guida dedicate a questa professione.

L’emergere della figura dell’infermiere di famiglia nasce dalla pandemia, che ha acutamente evidenziato le fragilità dell’assistenza territoriale e la necessità di introdurre nuove strutture e competenze specializzate. La riforma della sanità territoriale stabilisce un requisito di almeno un infermiere di famiglia per ogni 3.000 residenti.

Secondo le linee guida delineate, il ruolo di questa nuova figura si estenderà a diverse aree, compresi gli interventi ambulatoriali, l’assistenza domiciliare e, più in generale, l’interazione con la comunità. L’infermiere di famiglia non sarà semplicemente un fornitore di assistenza sanitaria, ma anche un possibile promotore di servizi assistenziali, come ulteriormente spiegato da Agenas. Questo ruolo prevede una stretta integrazione con altri professionisti presenti nella comunità, tra cui medici di medicina generale/pediatri di libera scelta, assistenti sociali e professionisti sanitari specializzati in tecniche, riabilitazione e prevenzione, oltre agli infermieri specializzati in assistenza domiciliare integrata, come indicato nel documento di riferimento.

Il percorso formativo prevede l’ottenimento di un master universitario di primo livello in Infermieristica di Famiglia e di Comunità. Questo titolo costituirà un requisito preferenziale per l’assunzione in questa posizione. Tuttavia, sarà possibile accedere a questo ruolo anche per gli infermieri che attualmente lavorano nell’ambito territoriale e che abbiano accumulato almeno due anni di esperienza. Fino a oggi, il numero di infermieri di famiglia che sono stati integrati nei servizi è limitato, ammontando a circa 1.380 secondo le stime fornite da Agenas.

Fonte.

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Ecco come sarà l’infermiere del futuro: il documento FNOPI

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Delineata la figura del “nuovo” infermiere in un documento prodotto dalla Consensus Conference della Federazione degli Ordini delle Professioni Infermieristiche – FNOPI

L’infermiere del futuro per semplificare la vita dei pazienti e migliorare la loro qualità della vita. La “nuova” figura professionale è quella che emerge da un documento elaborato dall’importante lavoro della Consensus Conference della Federazione degli Ordini delle Professioni Infermiristiche – FNOPI. Il lavoro è frutto della collaborazione di un panel di 46 esperti e stakeholder che ha tracciato le caratteristiche che dovrà avere l’assistenza infermieristica e l’infermiere nei prossimi anni.

Di seguito una serie di punti principali emersi dal documento. Innanzitutto le prestazioni infermieristiche dovranno essere inserite nei livelli essenziali di assistenza (Lea). Bisognerà quindi superare l’esclusività degli infermieri dipendenti per ampliare l’offerta assistenziale al territorio. Ma, cosa non di secondo piano, in futuro l’idea è che gli infermieri dovranno poter prescrivere presidi sanitari utili nella pratica assistenziale e farmaci di uso comune in modo da garantire la continuità terapeutica nelle cronicità, ma senza sovrapposizione con i medici. Non si parla di diagnosticare e prescrivere terapie farmacologiche sui problemi emergenti. Si parla di ausili, presidi e alcuni farmaci che sono in un percorso di continuità e cronicità.

La centralità della formazione

Ulteriore ruolo cruciale è quello della formazione. Bisogna “aumentarne la qualità e incrementare i docenti universitari infermieri di ruolo per garantire qualità e non impattare negativamente su altri corsi di laurea attivi – recita una nota pubblicata sul sito web della FNOPIGarantire l’evoluzione di conoscenze e competenze manageriali – prosegue il comunicato – per i ruoli di direzione con percorsi distinti e successivi alla laura magistrale, come master o corsi di alta formazione e realizzare la laurea magistrale a indirizzo clinico abilitante per un profilo con competenze avanzati e funzioni e attività specifiche distintive dal laureato triennalista”. Sempre sul versante della formazione il documento FNOPI spinge sull’istituzione di specialità interprofessionali. Istituti, ad esempio, nell’ambito delle cure primarie e sanità pubblica ma anche curie palliative e geriatria.

Le parole del presidente FNOPI

“Il tradizionale modello organizzativo è ormai inefficace per rispondere alle esigenze di salute della popolazione – spiega Barbara Mangiacavalli, presidente FNOPI. Il nuovo paradigma sanitario si fonda sulla costruzione di reti di prossimità territoriale. Determinando, in questo modo, uno spostamento dei setting assistenziali dai luoghi tradizionali di cura come gli ospedali. Uno spostamento che andrà verso strutture territoriali più sostenibili e accessibili e che possano favorire l’integrazione sociosanitaria e la continuità dei percorsi”.

“Alla luce di queste considerazioni – ha aggiunto il presidente FNOPI – si può comprendere come sia necessaria e naturale una evoluzione della professione infermieristica. Una evoluzione dei relativi profili di competenza degli infermieri e dei ruoli agisti nelle diverse strutture sanitarie. Infine una evoluzione dei percorsi formativi che possano accompagnare e stimolare questo cambiamento. L’obiettivo della Consensus Conference promossa dalla FNOPI è quello di promuovere una interlocuzione con i principali soggetti istituzionali coinvolti nei processi di riforma in atto, per raggiungere un accordo sulle tematiche sanitarie attuali particolarmente complesse inerenti al ruolo professionale infermieristico”.

Fonte: Comunicato FNOPI

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ANiMO: “Il tempo degli eroi è già passato, i problemi restano”

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La denuncia dell’Associazione nazionale degli Infermieri di medicina interna sui problemi degli ospedali

Il tempo degli eroi è già passato. E i problemi negli ospedali rimangono. Carenza di personale e personale d’assistenza stanchissimo, provato da tutte le riorganizzazioni interne. Ed anche dalle numerose assenze di colleghi positivizzati, difficoltà a coprire i turni con altro personale. E questo perchè moltissimi infermieri sono impegnati nella campagna vaccinale o sono sospesi perché no vax”.

Così la presidente dell’ Associazione nazionale degli infermieri di medicina interna (ANiMO), Gabriella Bordin. Di conseguenza “difficoltà a garantire adeguati standard di assistenza – dice Bordin – e un atteggiamento aggressivo da parte di pazienti e familiari rispetto al passato”.

Infermieri al limite delle proprie possibilità, due anni di tempo non sono stati utili per porre rimedio ai tanti problemi

Si fatica a capire perché ancora a distanza di due anni manchi un piano d’azione e si ha l’impressione di ‘navigare a vista’ “, dice ANiMO sottolineando che “la situazione è in bilico tra l’aumento della richiesta di ricovero dei pazienti internistici e la disponibilità dei posti letto ridimensionati per far posto ai reparti Covid. Molte specialità chirurgiche sono state convertite in reparti Covid seguite da personale non sempre preparato a gestire questi malati. Con la conseguenza di allungare la degenza media e rallentare il turn over”. “

Le difficoltà a garantire l’isolamento dei pazienti asintomatici ma positivi – spiega poi Bordin – sono spesso legate a problemi di natura strutturale. Quelli che non garantiscono percorsi sporco-pulito adeguato. Per l’assenza del bagno in camera o per la difficoltà di isolare i pazienti in stanze da 4 posti letto. E qualora ci siano requisiti strutturali per mantenere l’isolamento ai pazienti positivi, i tempi previsti dalle procedure atte al rispetto dell’isolamento-vestizione-svestizione, compromettono la qualità dell’assistenza agli altri pazienti”. In particolare, conclude Bordin “la grave carenza di infermieri si riflette in tutti i servizi. Ed è ancor più drammaticamente sentita in questo periodo a causa dei numerosi contagi anche tra il personale infermieristico. Che deve continuare ad erogare assistenza ai pazienti Covid e non Covid e al contempo deve partecipare alla campagna vaccinale e al tracciamento dei contagi”.

Insomma i problemi ci sono e restano tanti. Nonostante sia passato del tempo per poter provare a risolverli.

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