Importante risultato per il ginecologo che è salito nel ranking dei maggiori esperti di inositolo nella cura dell’ovaio policistico
Negli Stati Uniti, da qualche tempo, il sito, www.expertscape.com aiuta la popolazione ad individuare i maggiori esperti delle varie discipline mediche, in merito alla cura ricercata. Il sistema, basato sull’analisi di una serie di parametri e diverse variabili, copre tutte le aree della medicina secondo parole chiave. Inoltre identifica l’area di ricerca, valuta il numero delle citazioni e la posizione dei nomi fra gli autori.
Nell’area ginecologica si scoprirà che il ginecologo Vittorio Unfer è stato riconfermato tra i principali esperti mondiali di studi sull’inositolo e della policistosi ovarica. Si scopre anche che è salito nel ranking della classifica per ultime prestigiose pubblicazioni. Si tratta dunque di un altro importante riconoscimento internazionale per il professor Vittorio Unfer il cui nome è legato alle indagini focalizzate sulla PCOS (Sindrome dell’Ovaio Policistico), e in particolare sul ruolo dei secondi messaggeri a livello ovarico. All’interno di tale campo d’indagine è stato il primo promotore dell’uso di myo-inositolo nella cura dell’ovaio policistico.
Il professor Unfer è autore di numerose pubblicazioni: la sua cura è adottata in più di 40 paesi
La sua ricerca approfondita documenta gli effetti benefici della molecola di myo-inositolo sulla funzione ovarica e sui parametri metabolici. Il trattamento con il myo-inositolo per le donne affette da sindrome dell’ovaio policistico è adottato in più di 40 Paesi. E’ autore di numerosissime pubblicazioni: oltre 100 su riviste internazionali, più di 90 pubblicazioni su riviste nazionali, oltre 10 monografie ed edizioni curate. Più di 100 abstract su periodici nazionali ed internazionali. Il Professor Vittorio Unfer è nato a Roma il 12 ottobre 1963 dove vive e lavora come esperto in Ostetricia e Ginecologia.
E’ docente al Master in “Medicine non convenzionali nell’assistenza Ostetrica ed Infermieristica ed Autonomia dell’Ostetrica nella gestione di gravidanza, parto e puerperio a basso rischio” presso la facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia. Tra i molteplici incarichi di docenza ha insegnato anche presso la Scuola di Specializzazione in Ginecologia e Ostetricia dell’università degli Studi di Perugia. Il suo insegnamento è in “Nutrizione, alimentazione e patologia alimentare in gravidanza”.
L’attività del Professor Unfer è anche collegata all’uso degli integratori alimentari
L’intensa attività di ricerca del Professor Vittorio Unfer è connessa negli ultimi tempi agli aspetti della nutrizione e dell’uso degli integratori alimentari. Il tutto applicato nella pratica clinica ostetrica e ginecologica. È, altresì, responsabile del Poliambulatorio di Roma A.G.UN.CO. Ricopre le cariche di Vicepresidente della SIFIPsi (Società Italiana di Fitoterapia ed Integratori in Psicopatologia), di Co-fondatore della ISCHOM (International Society of Chocolate, Cocoa in Medicine) diPast-President della SIFIOG, Società Italiana di Fitoterapia ed Integratori in Ostetricia e Ginecologia ed è co-fondatore della Società scientifica EGOI, società scientifica formata da 40 esperti internazionali sull’Inositolo.
La fertilità della donna può essere preservata grazie alla vitrificazione degli ovociti, un trattamento molto efficace come confermato da una nuova ricerca internazionale
Un’indagine condotta da Eugin e presentata al 39° Congresso annuale della Società Europea di Riproduzione Umana ed Embriologia (ESHRE) ha esaminato l’efficacia dell’impiego di ovociti vitrificati in donne di età superiore ai 35 anni per la conservazione della fertilità. La ricerca ha dimostrato che la crioconservazione tra i 35 e i 39 anni non compromette la qualità degli ovociti e che le donne che utilizzano ovociti vitrificati ottengono risultati riproduttivi paragonabili a quelle che si sottopongono a trattamenti di procreazione assistita con ovociti freschi.
“Il nostro studio offre rassicurazioni alle donne che desiderano preservare i propri ovuli in età avanzata. Tuttavia, il successo del trattamento diminuisce se la vitrificazione degli ovociti avviene a 40 anni o più” – afferma il dottor Marc Torra-Massana, il ricercatore che ha coordinato lo studio condotto da un gruppo di ricerca Eugin. I ricercatori hanno confrontato i risultati di 1.268 donne che hanno affrontato trattamenti di fecondazione in vitro utilizzando ovociti freschi o vitrificati. I risultati evidenziano che l’uso di ovociti vitrificati non influisce né sui tassi di successo per ottenere una gravidanza né sui tassi di natalità fino a 39 anni della madre.
“È una notizia molto positiva, considerando che sempre più donne si trovano nella posizione di dover rimandare la maternità per ragioni di salute o perché non sono ancora pronte per una gravidanza pianificata” – spiega il dottor Mario Mignini Renzini, esperto in Ginecologia e Ostetricia presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca e Referente Medico per gli aspetti clinici dei Centri Eugin in Italia.
La vitrificazione degli ovociti è una tecnica che permette alle donne di preservare la propria fertilità. Gli ovuli vengono congelati in modo che possano essere utilizzati in futuro con la stessa probabilità di successo di quando sono stati vitrificati. Ad esempio, una donna potrebbe vitrificare i suoi ovuli a 29 anni e utilizzarli a 38 anni.
Tuttavia, è importante notare che la qualità degli ovociti tende a diminuire dopo i 35 anni, quindi la vitrificazione è particolarmente consigliata per le donne sotto questa età. L’età ideale per la vitrificazione degli ovuli è intorno ai 30 anni, ma sempre più donne scelgono di farlo dopo questa soglia. Secondo i dati di Eugin, le donne si sottopongono in media alla vitrificazione degli ovociti a 36 anni per preservare la loro fertilità. Fino a poco tempo fa, i risultati di questa tecnica nella fascia di età tra i 35 e i 39 anni erano in gran parte sconosciuti.
Secondo gli autori del lavoro, la nuova ricerca consentirà di far avanzare rapidamente nuovi trattamenti
Un team di esperti del Royal Hospital for Women di Sydney (Australia) ha coltivato con successo 30 tessuti di differenti tipi di endometriosi finora noti. Lo ha fatto per osservare i cambiamenti e confrontando il modo in cui rispondono ai trattamenti. Si tratta di un nuovo studio che apre la strada a nuove ricerche su trattamenti efficaci e a diagnosi più mirate pe la debilitante condizione. Ora, infatti, gli studiosi potranno testare farmaci e combinare i sintomi delle pazienti con specifiche proteine, come dichiarato dal coordinatore della ricerca, Jason Abbott.
L’endometriosi, che insorge quando del tessuto simile al rivestimento dell’utero si riproduce fuori dall’organo, colpisce una donna su nove e i sintomi possono variare molto fra pazienti. Abbott spiega che poter raccogliere le cellule insieme per la prima volta permetterà ai ricercatori di diagnosticare accuratamente le pazienti, limitando la necessità di interventi chirurgici invasivi e dolorosi.
Per Abbott la ricerca è paragonabile a quanto accaduto per il trattamento del cancro al seno tre decenni fa. “Trent’ani fa trattavamo tutti di tumori al seno allo stesso modo – ha dichiarato. Ora sappiamo che esistono molti tipi diversi di cancro al seno e li trattiamo di conseguenza. Conoscendo il tipo di endometriosi, saremo in grado di prevedere se è probabile che un paziente sperimenti una forma aggressiva e invasiva della malattia e offrire un trattamento mirato per preservare la sua fertilità”.
Lo studio, secondo l’esperto, consentirà di far avanzare rapidamente nuovi trattamenti, permettendo ai ricercatori di testare farmaci sia nuovi che esistenti sui tessuti di laboratorio, piuttosto che su esseri umani. Questo potrebbe significare meno interruzioni alla vita lavorativa delle donne, considerando che le pazienti di endometriosi hanno la probabilità di necessitare 10 o più assenze per malattia l’anno.
Il ruolo del cibo risulta fondamentale nell’attenuazione dei sintomi, vista la stretta relazione della patologia con gli ormoni e con lo stato infiammatorio
L’endometriosi è la presenza di endometrio, mucosa che normalmente riveste esclusivamente la cavità uterina, all’esterno dell’utero. Questa patologia può interessare la donna già alla prima mestruazione (menarca) e accompagnarla fino alla menopausa.
Gli studi istologici hanno evidenziato che l’endometrio nella endometriosi è simile all’endometrio normale. È caratterizzato dalla presenza di recettori ormonali ma ha un’alta capacità di adesività che gli permette di aderire a strutture extrauterine, come le sedi in cui l’endometriosi si sviluppa. Sebbene sia ritenuta una patologia dell’età riproduttiva, sono descritti rari casi di endometriosi anche in postmenopausa, soprattutto in donne che stiano assumendo trattamenti ormonali sostitutivi.
In Italia sono affette da endometriosi il 10-15% delle donne in età riproduttiva; la patologia interessa circa il 30-50% delle donne infertili o che hanno difficolta a concepire. Le donne con diagnosi conclamata sono almeno 3 milioni. Il picco si verifica tra i 25 e i 35 anni, ma la patologia può comparire anche in fasce d’età più basse. La diagnosi arriva spesso dopo un percorso lungo e dispendioso, il più delle volte vissuto con gravi ripercussioni psicologiche per la donna. (Fonte dei dati: Ministero della salute).
Perché è importante l’alimentazione
La condizione infiammatoria è spesso il terreno fertile di molte patologie sia di natura psicosomatica, che stress-related, che biologica. La visione olistica dell’essere umano verso il quale si sta dirigendo la medicina moderna ci rende consapevoli dell’importanza di considerare ogni aspetto dello stile di vita con la finalità di inquadrare le patologie o i disturbi in una cornice più grande e completa. L’infiammazione è infatti protagonista di molte condizioni patologiche sia psichiatriche che organiche e risulta essere estremamente connessa all’alimentazione. Essendo infatti l’endometriosi pelvica una sindrome complessa caratterizzata da un processo infiammatorio cronico estrogeno-dipendente che colpisce principalmente i tessuti pelvici, comprese le ovaie, l’importanza dell’alimentazione, come anche dell’attività fisica risulta fondamentale.
Come detto, l’alimentazione gioca di un ruolo fondamentale nella regolazione dello stato infiammatorio corporeo. Essendo l’endometriosi una patologia di tipo infiammatorio, fenomeni caratterizzati da squilibri intestinali, come la disbiosi del microbiota, possono aggravare la sintomatologia. La connessione tra fattori dietetici e insorgenza dell’endometriosi è diventata un argomento di interesse soprattutto per l’osservazione dei processi fisiologici e patologici della malattia che possono essere influenzati dalla dieta. Oltre alla parte biologica dei macronutrienti che possono appunto creare un impatto sulla gravità dei sintomi di questa condizione, anche il mantenimento di un corretto peso corporeo risulta importante. Questo perché un eccesso di tessuto adiposo porta ad un’eccessiva produzione di estrogeni che favorisce la proliferazione del tessuto endometriale.
La dieta “antiendometriosi”
E’ stata infatti formulata una dieta “antiendometriosi” ossia un regime alimentare di natura sia preventiva che curativa, che predilige alimenti antinfiammatori. In maniera generale, si può affermare che cibi da evitare con l’endometriosi sono quelli fonte di estrogeni, il peggior nemico per chi deve convivere con questo disturbo. I motivi principali per ridurre gli alimenti che contengono estrogeni sono principalmente due. Il primo è che assumendone si aumentando lo sbilanciamento ormonale già presente nella donna affetta da endometriosi mentre il secondo è la l’eliminazione in funzione della riduzione l’infiammazione e di conseguenza la produzione endogena degli stessi estrogeni.
I cibi ‘si’ e i cibi ‘no’
Ma quali sono gli alimenti consigliati e quelli che invece andrebbero evitati? Una dieta ricca di fibre sembra essere la chiave. Via libera quindi a verdure, cereali integrali poveri di glutine, legumi ricchi di proteine, frutta e semi oleosi. La riduzione dell’assorbimento degli estrogeni da parte dell’intestino dovuto all’incremento di fibre nell’alimentazione sembra essere fondamentale oltre che benefico sotto il punto di vista della digestione. Estremamente importanti sembrano essere gli Omega3, contenuti nel pesce azzurro, salmone, semi di lino e avocado con il fine di alleviare i disagi legati all’infiammazione addominale. Glutine e latticini si, ma con criterio. Non è infatti necessario eliminarli dalle proprie tavole ma applicare alcune accortezze potrebbe fare la differenza.
I cibi da evitare sono ovviamente tutti i cibi con alte proprietà infiammatorie. Quindi prodotti raffinati e industriali, zucchero bianco ma anche alcool e caffeina sono banditi dalle tavole di che vuole aiutarsi con l’alimentazione nel contrastare l’endometriosi.
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