Un nuovo studio della Columbia University mostra i danni causati dall’inquinamento, in particolare sul sistema immunitario polmonare. Lo studio è stato pubblicato su ‘Nature Medicine’
Sono davvero tanti i danni causati dall’inquinamento: non solo al nostro pianeta, ma anche alla nostra salute. Gli studi in merito sono ormai numerosi, molto chiari e se ne aggiungono sempre nuovi. L’ultimo, condotto da un team della Columbia University e pubblicato su Nature Medicine, segnala l’ennesimo effetto collaterale dello smog, in particolare sul sistema immunitario polmonare. Nello specifico, i ricercatori hanno analizzato il tessuto immunitario polmonare di 84 donatori di organi, di età compresa tra i 11 e 93 anni.
La ricerca ha scoperto che con l’avanzare dell’età i linfonodipolmonari (i quali filtrano sostanze estranee e contengono cellule immunitarie) si caricano di particolato, ovvero un tipo di inquinante emesso soprattutto dallo scarico dei veicoli e dalle centrali elettriche. Questa sostanza si accumula nel tempo nei tessuti immunitari dei polmoni e tale meccanismo spiegherebbe dunque l’indebolimento della funzione immunitaria respiratoria che si nota negli anziani, indebolimento che fino ad ora veniva imputato solo al processo di invecchiamento.
Sarebbe dunque l’effetto ripetuto negli anni di questo accumulo a creare una serie di danni irreversibili. Danni che si traducono in una compromissione delle difese immunitarie dei polmoni. Le immagini dello smog accumulato nei campioni di tessuto umano (visibili sull’estratto dello studio) sono impressionanti. Anche gli stessi ricercatori si sono stupidi di quanto scoperto, come dichiarato da una delle principali figure dello studio, Donna Farber. “Quando abbiamo esaminato i linfonodi delle persone – ha dichiarato l’esperta – siamo rimasti colpiti da quanti dei linfonodi nel polmone apparivano di colore nero. Mentre quelli nel tratto gastrointestinale e in altre aree del corpo erano del tipico colore beige”.
“Questi risultati possono informare il modo in cui monitoriamo e studiamo il nostro sistema immunitario”
I linfonodi ospitano una serie di cellule immunitarie, comprese i macrofagi, che sono in grado di ‘divorare’ agenti patogeni e altri detriti, incluso il particolato. Ma nel momento in cui i linfonodi risultano pieni di particolato, la produzione di citochine da parte dei macrofagi diminuisce e le cellule iniziano a ridurre la propria capacità di fagocitare le sostanze estranee. Lo studio mostra proprio questo: le persone anziane hanno accumulato così tanto particolato che potrebbero non essere in grado di farlo più, compromettendo la loro capacità di gestire il materiale inalato.
“In questo modo – si legge nello studio – le persone anziane sono altamente vulnerabili agli agenti patogeni che infettano le vie respiratorie. Crediamo quindi che le politiche per limitare le emissioni di carbonio non solo migliorino il clima globale, ma preservino anche il nostro sistema immunitario e la sua capacità di proteggere dagli agenti patogeni attuali attuali ed emergenti e di mantenere la salute e l’integrità dei tessuti. I nostri risultati forniscono una prova diretta che l’ambiente può avere effetti cumulativi e negativi sul nostro sistema immunitario. Questi risultati – concludono – possono informare il modo in cui monitoriamo e studiamo il nostro sistema immunitario.”
Clicca qui per leggere l’estratto originale dello studio.
È quanto emerge da un nuovo studio pubblicato su Hypertension da un team dell’Università di Modena e Reggio Emilia
Un consumo regolare di alcol può portare all’aumento della pressione arteriosa nel tempo, anche in assenza di ipertensione diagnosticata. È quanto emerge da una ricerca condotta dall’Università di Modena e Reggio Emilia, con la partecipazione dell’epidemiologo Marco Vinceti. I risultati sono pubblicati sulla rivista ‘Hypertension’.
“Non abbiamo riscontrato effetti benefici negli adulti che consumano basse dosi di alcolici rispetto ai non bevitori – ha spiegato Vinceti. Siamo rimasti sorpresi nel vedere che il consumo di alcolici a basse dosi si associa nel tempo a incrementi della pressione arteriosa maggiori rispetto a quanto osservato nei non bevitori, sebbene molto inferiori a quelli registrati nei forti bevitori”.
Individui che consumano anche una sola bevanda alcolica al giorno presentano significativamente maggiori probabilità di sviluppare ipertensione rispetto a coloro che evitano completamente l’alcol. Questo è il risultato di un’analisi condotta dagli autori su dati provenienti da sette studi internazionali, condotti in Corea del Sud, Giappone e Stati Uniti, che ha coinvolto complessivamente 19.548 partecipanti, compresi individui di età compresa tra i 20 e i 70 anni, di cui il 65% erano uomini.
I risultati nel dettaglio
Secondo i dati raccolti, gli individui che assumevano circa 12 grammi di alcol al giorno manifestavano un incremento della pressione arteriosa sistolica di 1,25 mm Hg e diastolica di 1,14 mm Hg. Per coloro che consumavano circa 48 grammi di alcol al giorno, gli aumenti pressori erano più significativi, pari a 4,9 mm Hg per la pressione sistolica e 3,1 mm Hg per quella diastolica. È importante notare che questi aumenti di pressione sono stati osservati principalmente tra gli uomini. “Sebbene l’alcol non sia certo l’unica causa dell’aumento dei valori pressori, i nostri risultati dimostrano che contribuisce in modo significativo – ha concluso Vinceti. Per questo il consiglio è di limitare l’assunzione di alcol, oppure, ancora meglio, di evitarlo del tutto”.
Diabete di tipo 2, disturbi mentali, apnee ostruttive del sonno e non solo. Essere obesi fra i 10 e i 19 anni comporta una serie di conseguenze sull’organismo
Essere obesi tra i 10 e i 19 anni porta a rischi per la salute, come prediabete, diabete di tipo 2, steatosi epatica non alcolica, dislipidemia, sindrome dell’ovaio policistico, apnee ostruttive del sonno e problemi mentali. Inoltre, l’obesità adolescenziale aumenta il rischio di future complicanze cardiovascolari e di mortalità da malattia coronarica e altre cause in età adulta. Questi rischi sono stati evidenziati in un articolo pubblicato sul New England Journal of Medicine da Tamara Hannon, endocrinologa pediatrica presso l’Indiana University School of Medicine di Indianapolis, e Silva Arslanian, direttore scientifico del Centro di ricerca pediatrica sull’obesità.
“Negli ultimi decenni, il drammatico aumento di sovrappeso e obesità tra adolescenti è diventato un grave problema di salute pubblica – scrivono le due autrici, ricordando che gli interventi sullo stile di vita rappresentano la terapia raccomandata. Un problema che ha raggiunto dimensioni epidemiche e che necessita di valutazione e follow-up secondo un modello di assistenza a lungo termine con particolare attenzione e comprensione dello stigma sociale e del pregiudizio che esiste intorno all’obesità”. Modificare lo stile di vita non solo porta alla perdita di peso, ma anche a una diminuzione della pressione arteriosa, dei livelli di glicemia e dell’insulino-resistenza.
Di seguito, un estratto dell’articolo “Il trattamento intensivo per quanto riguarda il comportamento sanitario e lo stile di vita, con almeno 26 ore di trattamento faccia a faccia per un periodo di almeno 3 mesi, è un aspetto fondamentale del trattamento dell’obesità, che prevede anche l’eliminazione dalla dieta delle bevande zuccherate”. La combinazione di dieta ed esercizio fisico è essenziale nella prevenzione dell’obesità in bambini e adolescenti. Tuttavia, in alcuni casi, potrebbero essere necessarie altre strategie come l’uso di farmaci anti-obesità, la chirurgia bariatrica o entrambe. “Queste terapie, associate agli interventi intensivi sullo stile di vita, si traducono in una maggiore riduzione dell’indice di massa corporea rispetto a quest’ultimo da solo” – Concludono le due esperte.
Dalla sifilide all’Hiv passando per clamidia, gonorrea e papilloma virus, il sesso non protetto è veicolo per malattie che possono portare infezioni croniche e complicanze a lungo termine
La salute sessuale è un diritto importane che deve essere garantito durante tutta la vita, dall’adolescenza alla terza età. Ciò non vuol dire avere solo rapporti sicuri ma anche relazioni sessuali sane e pienamente consensuali. Le trasmissioni di infezioni ammontano a circa un milione l’anno nel mondo, con un trend in forte aumento anche in Italiadove negli ultimi 10 anni è segnalata una forte crescita dei casi. Ad evidenziare il problema è l’Organizzazione Mondiale della Sanità, in vista della giornata internazionale del 4 settembre, promossa dalla World Association for Sexual Health.
Sono numerose le infezioni sessuali. Dalla sifilide all’Hiv passando per clamidia, gonorrea e papilloma virus, il sesso non protetto è veicolo per malattie che possono portare infezioni croniche e complicanze a lungo termine. Per quanto riguarda l’Italia, il Sistema di sorveglianza sentinella coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, dal 1991 al 2021 ha segnalato 151.384 nuovi casi di infezioni, con un aumento costante a partire dal 2005 e un rallentamento nel 2020 a causa dell’emergenza Covid. E la fascia più colpita è quella tra 15 e 24 anni.
La situazione in Italia
“L’aumento rilevante che abbiamo osservato in Italia nell’ultimo decennio, in particolare tra i giovani, indica la scarsa consapevolezza e l’insufficiente informazione del cittadino – ha spiegato Barbara Suligoi, responsabile del sistema di sorveglianza Ist dell’Iss.La patologia più diagnosticata sono i condilomi: sono causati dal virus del papilloma umano e sono pertanto prevenibili dalla vaccinazione anti-HPV, che previene anche vari tumori ano-genitali. La maggior parte di queste infezioni sono curabili se diagnosticate e trattate trattate tempestivamente. Ma, in mancanza di trattamento, il rischio di gravi conseguenze a distanza di tempo è elevato: problemi durante la gravidanza, sterilità e tumori. Per questo è importante rivolgersi tempestivamente al medico e in presenza di qualsiasi disturbo a livello genitale. Spesso queste infezioni – ha aggiunto l’esperta – possono restare asintomatiche a lungo, ma si possono prevenire usando il condom e evitando rapporti non protetti con partner di cui non si conosce lo stato di salute”
La salute sessuale come diritto umano
Salute sessuale però vuol dire anche altro, per l’Organizzazione mondiale della Sanità: “è un diritto” e “fa parte di una vita normale e sana”. Un concetto inserito anche nell’ultima edizione della Classificazione Internazionale delle Malattie, che per la prima volta contiene un capitolo sulla salute sessuale. “Ci si è impegnati molto finora sulla prevenzione delle malattie, senza riconoscere come il sesso sicuro significhi anche promuovere l’intimità, il piacere, il consenso e il benessere” – ha affermato Lianne Gonsalves, del programma speciale dell’Oms dedicato al tema.
Molte donne e ragazze invece continuano a subire rapporti non consensuali e violenti. “Il diritto alla salute sessuale – ricorda il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa) – è negato quando il sesso è avvolto nella vergogna e nell’ignoranza, o legato alla coercizione, all’abuso o allo sfruttamento, ma anche quando manca l’accesso alla contraccezione”. Per questo, la Giornata mondiale della salute sessuale quest’anno mette in luce l’importanza del consenso (#Consent), rendendolo il claim dell’iniziativa. “Il consenso è un elemento cruciale di qualsiasi incontro sessuale sano e dobbiamo educare noi stessi e gli altri su cosa significhi” -scrive la World Association for Sexual Health. Questo passa anche “per il rispetto delle scelte di ciascuno in materia, indipendentemente dal genere e dall’orientamento”.
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