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Leucemia: nuovo strumento predice evoluzione della patologia

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Lo ‘Score molecolare IPSS-M’ utilizza l’intelligenza artificiale per scandagliare dati genomici. Tale procedimento consente di prevedere i soggetti più a rischio di sviluppare una leucemia

Identificare quali pazienti con malattie del sangue sono a più alto rischio di sviluppare una leucemia. Poi, determinare per ognuno il momento migliore per intervenire con un trapianto di staminali. Ora, è possibile farlo attraverso lo ‘score molecolare IPSS-M’, un nuovo strumento che utilizza l’intelligenza artificiale per scandagliare dati genomici. È quanto evidenzia un nuovo studio coordinato dai ricercatori dell’Humanitas e dell’Università degli Studi di Bologna, all’interno del consorzio europeo GenoMed4All. I risultati del lavoro sono pubblicati sul ‘Journal of Clinical Oncology’.

Le sindromi mielodisplastiche sono neoplasie molto diverse. Vanno da condizioni a lenta progressione a casi che progrediscono rapidamente verso una leucemia mieloide acuta. In Italia si verificano circa 3.000 casi ogni anno di tali sindromi, con maggiore frequenza in adulti o anziani. La cura definitiva consiste nel trapianto di cellule staminali ematopoietiche. Gli ematologi decidono le strategie di trattamento in base a uno score clinico, ottenuto grazie a indicatori come il numero di cellule leucemiche nel midollo osseo, i livelli di globuli bianchi, rossi e piastrine. Lo score clinico però non contiene informazioni sul profilo genomico.

Il nuovo strumento, però, cambia in positivo la situazione. A spiegarlo una delle principali figure dello studio, Matteo Della Porta“Utilizzando i dati molecolari della malattia rilevati in ogni paziente con un test su 31 geni, lo score molecolare (IPSS-M) ha dimostrato, su 2.876 pazienti con sindromi mielodisplastiche, di migliorare molto la capacità di predire il rischio di evoluzione leucemica e l’aspettativa di vita”, spiega Della Porta, responsabile Leucemie e Mielodisplasie di Humanitas.“La possibilità di individuare sulla base del profilo molecolare le persone a più alto rischio di progressione di malattia – prosegue Della Porta – consente, infatti, di ottimizzare la scelta dei trattamenti e del momento più opportuno in cui intervenire. Parliamo di una svolta in termini di prevenzione e trattamento di leucemia”.

Clicca qui per leggere i risultati originali dello studio. 

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La metà degli adolescenti obesi dimagrisce con semaglutide

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È quanto emerge da un’analisi condotta da un team dell’Università del Minnesota e pubblicata sulla rivista ‘Obesity’

Circa la metà degli adolescenti obesi trattati con semaglutide è riuscita a perdere abbastanza peso da scendere al di sotto del limite clinico per l’obesità. È quanto emerge da un’analisi secondaria dello studio STEP TEENS condotta da un gruppo di ricercatori dell’Università del Minnesota e pubblicata sulla rivista ‘Obesity’. A coordinare il team di esperti, Aarron Kelly, il quale ha spiegato: “Questi risultati sottolineano l’elevato grado di efficacia clinica di semaglutide in questa popolazione. Si tratta di un risultato storicamente importante senza precedenti con trattamenti diversi dalla chirurgia bariatrica”.

L’analisi ha incluso adolescenti fra i 12 e i 18 anni con indice di massa corporea (IMC) compreso nel 5% dei valori più alti. I partecipanti sono stati randomizzati a ricevere semaglutide 2,4 mg per via sottocutanea una volta a settimana (n=134) o placebo (n=67) per 68 settimane. Inoltre, entrambi i gruppi hanno ricevuto consulenza sullo stile di vita.

Le categorie di IMC considerate, basate sui grafici dei Centers for Disease Control and Prevention, sono state peso normale (IMC da ≥5° a <85° percentile); sovrappeso (IMC da ≥85° a <95° percentile); e classe di obesità I (OCI; IMC ≥95° percentile). La classe di obesità grave II (OCII) è stata definita come una percentuale ≥20% al di sopra del limite del 95° percentile per l’obesità e la classe III (OCIII) come una percentuale ≥40% al di sopra di questo limite. Dei 201 adolescenti randomizzati, 62 (31%) erano in classe OCIII, 69 (34%) in OCII, e 69 (34%) in OCI; solo un partecipante (0,5%) era in sovrappeso ed è stato escluso da questa analisi secondaria. All’inizio dello studio, il peso corporeo medio era 107,5 kg e l’indice di massa corporeo era di 37 kg/m2 (OCII).

Dopo 68 settimane il 74% dei partecipanti trattati con semaglutide ha avuto un miglioramento di una o più categorie di IMC rispetto al 19% di quelli gestiti con placebo. Un miglioramento di almeno due categorie di IMC si è verificato nel 45% dei partecipanti trattati con semaglutide rispetto al 3% di quelli che hanno ricevuto il placebo. Nel complesso il farmaco ha ridotto la percentuale di soggetti con il più alto grado di obesità dal 37 al 14% dopo 68 settimane. Entro lo stesso periodo, il 45% dei partecipanti che hanno assunto semaglutide hanno sperimentato una riduzione dell’indice di massa corporea tale da farli rientrare nel peso ideale o in lieve sovrappeso. Nel gruppo placebo, lo stesso cambiamento si è verificato solo nel 12% del campione.

Clicca qui per leggere l’estratto originale dell’analisi. 

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Leucemia, Commissione europea approva nuova terapia mirata

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Le autorità regolatorie hanno riconosciuto il beneficio apportato dalla nuova cura ai pazienti affetti dalla terribile patologia

La Commissione europea ha approvato una nuova terapia: si tratta di ivosidenib, target therapy sviluppata da Servier, azienda farmaceutica francese. Sono due le indicazioni autorizzate per ivosidenib: in associazione con azacitidina per il trattamento di pazienti adulti con leucemia mieloide acuta (Lma) di nuova diagnosi con una mutazione dell’isocitrato deidrogenasi-1 (IDH1) non idonei a ricevere la chemioterapia di induzione standard; in monoterapia per il trattamento di pazienti adulti con colangiocarcinoma (Cca) localmente avanzato o metastatico con una mutazione (IDH1), precedentemente trattati con almeno una linea di terapia sistemica.

Formulato in compresse, ivosidenib è il primo e unico inibitore di IDH1 approvato in Europa. Ha ricevuto la designazione di farmaco orfano, dopo che le autorità regolatorie hanno riconosciuto il beneficio apportato ai pazienti rispetto alle terapie disponibili a valle di due differenti studi globali multicentrici randomizzati: lo studio ClarlDHy (colangiocarcinoma) e Studio Agile (leucemia mieloide acuta).

Arnaud Lallouette, M.D., Executive Vice President, Global Medical & Patient Affairs di Servier, commenta: “La prognosi per i pazienti con diagnosi di leucemia mieloide acuta o colangiocarcinoma è sempre stata infausta, con opzioni terapeutiche molto limitate. Con l’approvazione da parte della Commissione europea, ivosidenib è ora il primo inibitore mirato di IDH1 approvato in Europa. Questo conferma sempre di più la nostra leadership scientifica nel setting delle mutazioni IDH1 e il nostro impegno nella ricerca di nuove soluzioni terapeutiche per i pazienti affetti da tumori difficili da trattare”

Anche Philippe Gonnard, M.D., Executive Vice President, Global Product Strategy di Serviercommenta con entusiasmo l’efficacia della nuova terapia. “Le mutazioni di IDH1 sono i principali fattori di progressione di malattia nella leucemia mieloide acuta e nel colangiocarcinoma, patologie che spesso vengono diagnosticate in fase avanzata e quindi bisognose di un’opzione terapeutica mirata. Lo sviluppo di nuove terapie come ivosidenib, con un meccanismo d’azione diverso dai chemioterapici tradizionali, offre ai pazienti nuove opzioni terapeutiche in grado di aumentare l’aspettativa e la qualità di vita”.

Fonte.

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Ue-Pfizer: c’è l’accordo per ridurre le dosi del vaccino anti-Covid

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A seguito dei negoziati, l’accordo prevede la conversione delle dosi originariamente contrattate in ordini facoltativi

L’Unione europea e BioNTech-Pfizer hanno concluso un nuovo accordo per ridurre il numero di consegne dei vaccini contro il Covid pattuite nel terzo contratto di acquisto siglato tra le due parti nel 2021, durante la pandemia. Le dosi inizialmente contrattate potranno essere convertite in ordini facoltativi, dietro pagamento di una tariffa. La somma sarà deducibile nel caso in cui i Paesi decidano di acquistare ulteriori dosi in futuro. Inoltre, l’accordo prevede l’estensione fino a 4 anni, a partire da ora, del periodo in cui i Paesi potranno ricevere i vaccini, compresi quelli adattati alle nuove varianti.

Ma facciamo un passo indietro. Il 20 maggio 2021, la Commissione europea, in collaborazione e per conto degli Stati membri, aveva firmato un terzo contratto con BioNTech-Pfizer per l’acquisto di 900 milioni di dosi di vaccino, con l’opzione di acquistare altre 900 milioni di dosi. Metà delle consegne erano state concordate per il 2021 e il 2022, mentre l’altra meta nel 2023. Il miglioramento della situazione epidemiologica ha portato a un surplus di vaccini. A fine 2022 i ministri della Salute Ue hanno dunque chiesto di ridurre il numero di dosi e prolungare il periodo di consegna. Gli accordi di acquisto con gli sviluppatori di vaccini, sono giuridicamente vincolanti e non possono essere modificati unilateralmente – ha spiegato Bruxelles in una nota.

A seguito dei negoziati con la casa farmaceutica, l’accordo di oggi prevede quindi la conversione delle dosi originariamente contrattate in ordini facoltativi. Un passaggio per il quale si pagherà una tariffa deducibile dal prezzo che gli Stati membri dovrebbero pagare per le dosi opzionali aggiuntive se in futuro decideranno di attivarle. L’accordo prevede infatti che i Paesi possano continuare ad avere accesso a dosi aggiuntive fino al volume originariamente contrattato fino alla fine del contratto, nel caso debbano far fronte a una nuova ondata epidemica.

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