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Long Covid: sintomi decisamente più lievi per chi è vaccinato

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Lo dimostra uno studio condotto a Queensland (Australia) e presentato al Congresso Europeo di Microbiologia Clinica e Malattie Infettive

Scoperto un nuovo buon motivo per vaccinarsi contro il Covid-19. Tra coloro che si sono sottoposti alle infezioni, infatti, le possibili sequele del virus, definite con il noto termine Long Covid, sarebbero decisamente più lievi. In particolare, sarebbero praticamente identiche a quelle di una comune infezione. È quanto emerge da uno studio condotto a Queensland (Australia) e presentato al Congresso Europeo di Microbiologia Clinica e Malattie Infettive, svoltosi a Copenaghen. Da tener conto che a Quuensland, luogo dove si è condotta la ricerca, si è vaccinato il 90% della popolazione

Il nuovo studio, dunque, suggerisce che è possibile premunirsi e rendere eventualmente più leggero il Long Covid, la sindrome post-infezione che può manifestarsi anche molte settimane dopo il contagio. La ricerca, condotta a metà del 2022 (in piena ondata Omicron e stagione influenzale), ha riguardato 2.200 adulti a cui è stato diagnosticato Covid-19 e altri 1.000 a cui è stata diagnosticata influenza. Il gruppo di ricercatori ha monitorato i partecipanti per 12 settimane dopo la diagnosi iniziale.

I risultati

Ebbene, dai risultati è emerso che il 21% dei pazienti con Covid-19 ha riferito di avvertire ancora alcuni sintomi dopo il periodo di 12 settimane, con il 4% che affermava che i sintomi erano di livello medio-grave. Dei pazienti con influenza, invece, il 23% ha dichiarato di avvertire ancora i sintomi dopo 12 settimane, con il 4% che dichiarava di avere manifestazioni da medie a gravi. Il 4% dei pazienti erano coloro non vaccinati. In altri termini, i non vaccinati presentavano sintomi medio-gravi, al contrario dei vaccinati.

“Sappiamo che i nostri alti tassi di vaccinazione hanno protetto i cittadini dal peggio di Covd-19 – commenta Annastacia Palaszczuk, premier del Queensland. Sembra che abbiano anche contribuito a ridurre la gravità dei sintomi di Long Covid”. I rsultati dello studio confermano quindi che le persone non vaccinate presentano un maggior rischio di manifestare sintomi a lungo termine. “È per questo che sono orgogliosa di guidare un Governo che ha fatto tutto il possibile per proteggere la comunità quando la pandemia era al suo apice” – ha concluso Palaszczuk. 

Fonte: https://statements.qld.gov.au/statements/97576

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Long Covid: studio identifica un nuovo (raro) sintomo

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Alla lunga lista di disturbi legati al Long Covid, un gruppo di ricercatori della Darmouth University ha aggiunto la prosopagnosia persistente

Continua ad allungarsi la già ampia lista dei sintomi del Long Covid, sindrome post-infezione che si stima riguardi ben 63 milioni di persone nel mondo. Un gruppo di ricercatori della Dartmouth University (Usa) ha identificato un nuovo, raro, disturbo: la prosopagnosia persistente, o ‘cecità facciale’. Tale disturbo consiste nell’incapacità di riconoscere i volti di persone care o note. La teoria del team americano si basa sul caso di una donna di nome Annie, 28 anni, che ha contratto il Covid nel marzo del 2020. La paziente, mesi dopo aver eliminato l’infezione iniziale, ha iniziato ad avere difficoltà a riconoscere il volto di suo padre che si sembrava così una persona estranea. 

Il caso clinico di Annie è stato pubblicato sulla rivista ‘Cortex’ e, visto che mai prima d’ora era stato stabilito un legame tra Covid e prosopagnosia, i medici temono che questo disturbo non venga diagnosticato o che non venga ricollegato al virus Sars-CoV-2. Secondo l’Università di Harvard la cecità facciale colpisce circa 10 milioni di persone nel mondo e sarebbe più comunemente causata da danni cerebrali, come ictus, trauma cranico, un’infiammazione del cervello (encefalite) o Alzheimer.

I ricercatori del Dartmouth hanno quindi documentato il primo caso noto di prosopagnosia persistente innescata dal Covid. Dopo aver sottoposto la paziente a ripetuti test, gli esperti hanno diagnosticato la rara condizione. I ricercatori affermano che Annie ha notato per la prima volta i suoi sintomi nel giugno dello stesso anno. Nel corso di una riunione di famiglia, la paziente mostrava difficoltà nel riconoscere il volto di suo padre, non riuscendo a distinguerlo da quello di suo zio. “Era come se la voce di mio padre uscisse dal volto di uno sconosciuto” – ha raccontato Annie ai ricercatori.

Una combinazione che ha destato sospetti

Il disturbo ha avuto più effetti negativi sulla vita di Annie, che è una rappresentante del servizio clienti e anche un’appassionata artista. Mentre prima del Covid era in grado di disegnare volti usando solo la memoria, ora necessita di una fotografia. Inoltre, ha riportato anche problemi di orientamento che hanno reso attività quotidiane e semplici una sfida. Ora Annie ha bisogno di segnare sul telefono anche la posizione della sua automobile nel parcheggio. Ad aver insospettito i ricercatori è la combinazione tra difficoltà a riconoscere i volti e i deficit d’orientamento.

“La combinazione di prosopagnosia e deficit di navigazione che aveva Annie è qualcosa che ha attirato la nostra attenzione – ha dichiarato Brad Duchaine, ricercatore del Dartmouth. Questo perché i due deficit spesso vanno di pari passo. Tale co-occorrenza è probabilmente dovuta al fatto che le due abilità dipendono dalle regione cerebrali vicine nel lobo temporale”. Il lobo temporale è la seconda regione più grande del cervello. È responsabile del riconoscimento degli oggetti, della memorizzazione e dei ricordi, così come della comprensione del linguaggio e dell’elaborazione delle reazioni emotive. Per verificarlo, i ricercatori hanno sottoposto Annie ad una serie di test. Dagli esiti sono emerse grosse difficoltà di memorizzazione

Ulteriori studi condotti su altre 54 persone con Long Covid, hanno portato alla scoperta che la condizione è probabilmente un sintomo della malattia. Più precisamente i ricercatori hanno raccolto i dati da queste 54 persone con Long Covid e da altre 32 senza la sindrome post-infezione. Dai risultati dell’indagine, il gruppo del Long Covid è risultato più propenso ad affermare che le proprie capacità cognitive fossero diminuite da quanto hanno contratto il virus. “Una delle sfide segnalate da molti intervistati è la difficoltà di visualizzare la famiglia e gli amici – dice Duchaine. Un qualcosa che sentiamo spesso dalle persone con prosopagnosia”.

Clicca qui per leggere la descrizione del caso clinico di Annie.

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