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Rapporto medico-paziente, Lupi (Fedemo): “L’empatia è l’aspetto primario”

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L’empatia come aspetto principale del rapporto tra medico e paziente, grandi benefici anche con la telemedicina

Il rapporto tra medico e paziente, c’è questo nelle parole dei protagonisti dell’incontro targato Italian Medical Research, con il contributo non condizionante di CSL Behring – Biotherapies for Life, che si è tenuto Chieti. Evento dal titolo “Vincere insieme, applicando la strategia RemoTE”, condotto dal professore Raffaele Arigliani, pediatra e counsellor, oltre che Responsabile scientifico dell’evento, che ha aperto i lavori di fronte alla numerosa platea che ha affollato l’Ospedale clinicizzato SS. Annunziata.

Il rapporto tra medico e paziente – così inizia Angelo Lupi, consigliere Fedemo e segretario Regionale A.M.A.R.E.è dare e avere. L’empatia è l’aspetto principale perché il paziente ha bisogno di sentirsi curato nel miglior modo possibile. In questo, la telemedicina ha un ruolo importante. Ci permette di restringere i tempi di intervento nel paziente emofilico, specialmente, o affetto da malattie rare. Ci permette di risolvere la questione lontananza e restringere le liste d’attesa. Questo, però, non deve distogliere dall’aspetto principale e cioè il rapporto tra medico e paziente”.

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Angelo Lupi, consigliere Fedemo e segretario regionale A.M.A.R.E.

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Ematologia

Pazienti con beta talassemia: parlare di guarigione non è più tabù

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Studio su pazienti con beta talassemia condotto su 23 pazienti

Non è più un tabù parlare di guarigione per i pazienti affetti da beta talassemia. Lo ha fatto, all’Ansa, Franco Locatelli, direttore del dipartimento di Onco-Ematologia e Terapia Cellulare e Genica dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma. Dichiarazioni che seguono i dati di una sperimentazione pubblicata sul New England Journal of Medicine.

Da questo studio emerge che il 90% dei pazienti trattati con una terapia genica non ha bisogno di trasfusioni. Un percorso lungo, cominciato nel 2016, che ha coinvolto nove centri e 23 pazienti: 8 bambini con meno di 12 anni e 15 con un’età compresa tra i 12 e i 50 anni.

I risultati del trial hanno mostrato che il trattamento “è in grado di determinare l’indipendenza trasfusionale nel 90% dei soggetti trattati. È stato inoltre in grado di determinare il raggiungimento di valori di emoglobina molto consistenti in una percentuale elevata dei pazienti che hanno ottenuto l’indipendenza trasfusionale. Questo risultato è persistente nel tempo – dice Locatelli. Quando si hanno dei dati di follow up così importanti si può parlare di guarigione”.

La bontà dei risultati potrà portare dei benefici anche per quei pazienti che hanno meno di 12 anni.

Quindi è prevedibile che le agenzie regolatorie estendano le indicazioni anche ai bambini più piccoli, afferma ancora Locatelli. Abbiamo sviluppato un approccio basato sull’editing del genoma, attraverso cui viene riattivata la sintesi dell’emoglobina fetale, Anche con questa strategia abbiamo ottenuto risultati importantissimi: tuti i pazienti trattati hanno smesso di ricevere supporto trasfusionale“, conclude Locatelli.

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