Un noto Centro italiano ha sviluppato un modello matematico e computazionale del cuore umano per lo studio delle patologie coronariche
Il Politecnico di Milano ha sviluppato un modello matematico e computazionale del cuore umano per lo studio delle patologie coronariche. Questo modello è stato il fulcro di una ricerca pubblicata su Nature Scientific Reports, realizzata in collaborazione tra i laboratori Mox del Dipartimento di Matematica e LaBS del Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica «Giulio Natta» del Politecnico di Milano. L’iHearth Simulator, risultato di questo progetto, si distingue per la sua capacità di integrare in un’unica piattaforma i complessi processi dell’elettromeccanica, dell’emodinamica e della perfusione cardiaca. Questo livello di integrazione consente una simulazione senza precedenti delle funzionalità cardiache e delle relative patologie con una precisione biofisica straordinaria.
Un aspetto innovativo di questo studio è l’applicazione del modello alle patologie coronariche, come ischemie e infarto miocardico acuto. Grazie all’iHearth Simulator, i ricercatori possono studiare queste malattie in dettaglio, aprendo la strada a nuove terapie. In collaborazione con l’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano e l’Humanitas Research Hospital di Milano, il progetto iHearth ha sviluppato modelli matematici per comprendere le aritmie cardiache, come la tachicardia ventricolare o la fibrillazione atriale, identificando fattori chiave per la loro insorgenza e mantenimento. La matematica cardiaca ha dimostrato di supportare lo studio elettrofisiologico nella localizzazione delle zone di intervento sulla parete del cuore
Sono in sviluppo algoritmi più veloci per analisi in tempo reale, accelerando le decisioni intervento. In collaborazione con l’Ospedale Sacco di Milano, un modello guida i cardiochirurghi nella rimozione del setto interventricolare per la cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva. La simulazione matematica supporta la fase preoperatoria. Inoltre, con l’Ospedale S. Maria del Carmine di Rovereto (TN), si è creato uno strumento matematico per ottimizzare la terapia di risincronizzazione cardiaca, riducendo i tempi di mappatura e guidando il posizionamento del catetere per pazienti scompensati.
Il cuore beneficia di qualsiasi attività, a patto che non si stia seduti a non far nulla. La dimostrazione arriva da uno studio condotto dall’University College London
Il cuore trae beneficio da qualsiasi attività, a condizione che non si rimanga seduti inattivi. Questa conclusione è emersa da uno studio condotto presso l’University College London (UCL), con il sostegno della British Heart Foundation, e i risultati sono stati pubblicati sull’European Heart Journal. Per valutare l’impatto delle attività quotidiane sulla salute cardiaca, i ricercatori hanno esaminato i dati di sei studi, coinvolgendo complessivamente 15.246 partecipanti provenienti da cinque paesi.
Le malattie cardiovascolari, che includono tutte le affezioni cardiache e circolatorie, rappresentano la principale causa di mortalità a livello globale. Nel 2021, sono state responsabili di un terzo dei decessi (20,5 milioni), con la malattia coronarica isolata come principale causa di morte. Dal 1997, il numero di persone colpite da malattie cardiovascolari nel mondo è raddoppiato, con prospettive di ulteriore aumento nei prossimi anni. Ogni partecipante allo studio ha utilizzato un dispositivo indossabile sulla coscia per monitorare l’attività fisica e contemporaneamente la salute del cuore nell’arco delle 24 ore. Dall’analisi è emersa una gerarchia di comportamenti che delineano una tipica giornata di 24 ore, in cui il tempo dedicato all’attività moderata-intensa si è rivelato il più benefico per la salute cardiaca, seguito dall’attività leggera, dallo stare in piedi e dal sonno, mentre il comportamento sedentario ha mostrato un impatto negativo.
Anche solo 5 minuti possono essere utili
I ricercatori hanno ipotizzato gli effetti sulle condizioni cardiache derivanti dalla sostituzione di diversi comportamenti ogni giorno per una settimana. Anche un modesto cambiamento, come sostituire cinque minuti di comportamento sedentario con attività moderata-intensa, ha dimostrato un impatto significativo sulla salute del cuore. Ad esempio, considerando il caso di una donna di 54 anni con un BMI medio di 26,5, la sostituzione di 30 minuti ha comportato una diminuzione di 0,64 nel BMI, corrispondente al 2,4% di differenza. Questo dato è significativo poiché la perdita di peso è associata a una migliore salute cardiovascolare. Inoltre, la sostituzione di 30 minuti di inattività con esercizio moderato o intenso potrebbe tradursi in una riduzione del 2,7% della circonferenza della vita o in una diminuzione del 3,6% dell’emoglobina glicata.
“L’intensità del movimento è importante”
“Anche piccoli cambiamenti nel modo di muoversi possono avere un effetto positivo sulla salute del cuore, ma l’intensità del movimento è importante – spiega Jo Blodgett, primo autore dello studio. L’osservazione più rilevante è stata la sostituzione della sedentarietà con attività moderata-intensa, che può includere attività come corsa, camminata veloce o salita di scale, essenzialmente qualsiasi attività che aumenti il battito cardiaco e la frequenza respiratoria, anche solo per uno o due minuti. I ricercatori hanno sottolineato che, sebbene dedicare tempo a un’attività intensa rappresenti il modo più rapido per migliorare la salute cardiaca, esistono approcci vantaggiosi per persone di tutte le capacità. Tuttavia, è importante notare che, all’aumentare della moderazione dell’attività, è richiesto un periodo più prolungato per iniziare a percepire benefici tangibili.
L’adozione di una scrivania in piedi per alcune ore al giorno, invece di rimanere seduti, rappresenta un cambiamento su un periodo relativamente prolungato ma può essere facilmente integrato nella routine lavorativa poiché non richiede un impegno temporale specifico. Coloro che conducono uno stile di vita meno attivo hanno dimostrato di trarre maggior beneficio dalla transizione da comportamenti sedentari a comportamenti più attivi. Emmanuel Stamatakis, co-autore dello studio, ha enfatizzato l’utilizzo di dispositivi indossabili nel consorzio ProPASS, che consente una migliore differenziazione tra tipi di attività fisica e postura, permettendo di valutare con maggiore precisione gli effetti sulla salute anche di variazioni più sottili.
Prove sempre più lampanti, ma serviranno altri studi
È importante sottolineare che, sebbene i risultati non possano stabilire causalità tra i comportamenti motori e gli esiti cardiovascolari, contribuiscono a un crescente corpo di prove che collega l’attività fisica moderata-intensa nell’arco delle 24 ore a miglioramenti nelle misurazioni del grasso corporeo. Studi a lungo termine saranno essenziali per approfondire la comprensione delle associazioni tra movimento e risultati cardiovascolari.
Mark Hamer, co-autore dello studio, ha concluso dicendo che “anche se potrebbe non sorprendere che diventare più attivi sia benefico per la salute del cuore, ciò che è nuovo in questo studio è la considerazione di una gamma di comportamenti nell’arco di tutta la giornata. Questo approccio ci consentirà, alla fine, di fornire raccomandazioni personalizzate per incoraggiare le persone a diventare più attive in modi appropriati per loro”.
Altro commento autorevole in merito arriva da James Leiper, Direttore Medico Associato della British Heart Foundation. “Sappiamo già che l’esercizio fisico può avere benefici reali per la salute cardiovascolare, e questa ricerca incoraggiante dimostra che piccole modifiche nella tua routine quotidiana potrebbero ridurre le probabilità di avere un infarto o un ictus. Questo studio – aggiunge l’esperto – mostra che sostituire anche solo alcuni minuti di sedentarietà con alcuni minuti di attività moderata può migliorare il tuo BMI, il colesterolo, la circonferenza della vita e avere molti altri benefici fisici”.
Clicca quiper leggere l’estratto originale della ricerca.
Il nuovo strumento permette di quantificare la riduzione di rischio potenzialmente ottenibile da adeguate strategie di prevenzione
Nel contesto del Progetto Moli-sani, avviato tra il 2005 e il 2010 e coinvolgente 24.325 uomini e donne della regione Molise, è stato formulato il Moli-sani Risk Score. Questo sistema di punteggio numerico, fondato su diversi fattori di rischio modificabili mediante interventi preventivi, valuta il contributo di tali fattori al rischio di sviluppare una patologia al cuore. Tale strumento consente di quantificare la riduzione di rischio potenzialmente ottenibile attraverso adeguate strategie preventive, risultando così di estrema utilità per i medici. I Risk Score si rivelano essenziali per i professionisti della salute, fornendo un supporto nella identificazione di individui a basso o alto rischio di malattia e facilitando decisioni cliniche più personalizzate. In generale si tratta di una grande novità per la prevenzione del cuore.
Pubblicato sulla rivista scientifica International Journal of Cardiology, l’algoritmo ha preso forma nel contesto della Rete Cardiologica Epidemiologia e Prevenzione dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli in collaborazione con Mediterranea Cardiocentro di Napoli, Centro Cardiologico Monzino I.R.C.C.S. di Milano, Dipartimento di Biotecnologia medica e medicina traslazionale dell’Università di Milano, Laboratorio di prevenzione cardiovascolare dell’Istituto Mario Negri I.R.C.C.S. di Milano e Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università dell’Insubria di Varese.
L’importanza della dieta mediterranea
L’algoritmo tiene in considerazione diversi fattori di rischio, tra cui abitudine al fumo, dieta, livelli di colesterolo LDL e HDL, trigliceridi e glucosio, pressione arteriosa, massa grassa e attività fisica. Tutti questi fattori sono noti e, soprattutto, suscettibili di modifiche attraverso semplici cambiamenti nello stile di vita. Ciò che rende il Moli-sani Risk Score particolarmente innovativo e rilevante è l’integrazione nel calcolo del contributo della dieta mediterranea, ampiamente riconosciuta per i suoi effetti benefici sulla salute cardiovascolare.
Le malattie cardiovascolari hanno da tempo attirato l’attenzione della ricerca medica, poiché sono in gran parte prevenibili mediante interventi mirati ai fattori di rischio modificabili. Adottando uno stile di vita salutare, è possibile prevenire oltre l’80% dei casi di malattia coronarica. Mentre esistono algoritmi di valutazione del rischio cardiovascolare modificabile, è importante notare che sono sviluppati e calibrati principalmente per le popolazioni degli USA e dell’Europa settentrionale.
Uno strumento prettamente italiano
Il Moli-sani Risk Score, al contrario, tiene conto delle specifiche peculiarità del contesto italiano, come sottolinea Augusto Di Castelnuovo del Mediterranea Cardiocentro di Napoli. “Per quantificare al meglio il ruolo dei fattori di rischio cardiovascolare, il Moli-sani Risk Score è stato elaborato come una somma ponderata delle sue componenti, con pesi che riflettono la forza dell’associazione di ciascun fattore di rischio con il rischio cardiovascolare. Un’altra caratteristica dell’algoritmo è che ciascun fattore di rischio contribuisce in modo continuo al punteggio: il peso di un fattore aumenta quanto più il suo valore si discosta dal livello ottimale”.
Grazie a questa metodologia ponderata e alla sua attenzione alle caratteristiche specifiche della popolazione italiana, il nuovo algoritmo si distingue come un’entità unica nel suo genere, promettendo di potenziare l’efficacia degli interventi di prevenzione. “L’algoritmo – aggiunge Licia Iacoviello, Direttore del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’I.R.C.C.S. NEUROMED – potrà essere utilizzato per progettare strategie di intervento, quantificarne l’efficacia e confrontare diversi approcci di prevenzione cardiovascolare. Ciò renderà più facile ai medici comunicare con le persone interessate. Sarà in particolare utilizzato nello studio di intervento CV-PREVITAL della Rete Cardiologica I.R.C.C.S. e sarà il primo interamente sviluppato in un Paese europeo, avendo quindi il potenziale per essere utilizzato in popolazioni che condividono caratteristiche simili”.
L’algoritmo, così come i suoi analoghi realizzati in altri Paesi, non è in grado di predire il rischio cardiovascolare globale a livello individuale, in quanto non tiene in considerazione fattori di rischio come età e sesso che non sono modificabili. Deve invece essere considerato come uno strumento adatto per misurare il ruolo combinato di molteplici fattori di rischio modificabili.
Salire più di 5 rampe di scale al giorno è associato a una riduzione di oltre il 20% del rischio di malattie cardiovascolari aterosclerotiche
Resistere alla seduzione dell’ascensore e preferire le scale quotidianamente può contribuire alla longevità, come dimostra il caso del dottor Shigeaki Hinohara, medico giapponese scomparso a 105 anni, il quale ha continuato a percorrere le scale del suo studio fino agli ultimi giorni. Secondo le statistiche, salire più di 5 rampe di scale al giorno è correlato a una riduzione del rischio di malattie cardiovascolari aterosclerotiche superiore al 20%. Inoltre, chi ha interrotto abitudini regolari di salita ha mostrato un rischio di malattie cardiovascolari aumentato del 32% rispetto a coloro che non hanno mai rinunciato a questa pratica salutare. Iniziare è importante, ma ancor più significativo è continuare questo benefico percorso.
Questi risultati emergono da un approfondito studio prospettico pubblicato su Atherosclerosis, condotto su un vasto campione di 458.860 adulti provenienti dalla UK Biobank del Regno Unito, con particolare attenzione alle malattie cardiovascolari aterosclerotiche. “Sotto questo cappello rientrano l’infarto miocardico, l’ictus cerebrale, lo scompenso cardiaco e l’arteriopatia degli arti inferiori, per citare le più comuni – spiega Roberto Pedretti, direttore del Dipartimento Cardiovascolare all’IRCSS MultiMedica di Sesto San Giovanni (Milano). “Le malattie cardiovascolari costituiscono nel loro insieme la prima causa di morte e di morbilità nel mondo e anche in Italia. Sono responsabili, secondo i dati riportati dall’Istituto Superiore di Sanità, del 44% di tutti i decessi nel nostro Paese. in particolare – spiega l’esperto – la cardiopatia ischemica è la prima causa di morte in Italia, rendendo conto del 28% di tutte le morti, mentre gli accidenti cerebrovascolari sono al terzo posto con il 13%, dopo i tumori”.
Scale e cuore: una forte e positiva associazione
Lo studio non dimostra direttamente il rapporto di causa-effetto, ovvero non è possibile affermare con certezza che salire le scale sia direttamente responsabile della riduzione del rischio di malattie cardiovascolari.
“Tuttavia – continua Pedretti – l‘associazione è abbastanza forte da suggerire quanto sia meglio rinunciare all’ascensore per avere un cuore più sano. Questo tipo di movimento aerobico, se considerato nel lungo termine, rappresenta una forma di costante allenamento per il cuore e il sistema cardiovascolare, inducendo nel tempo i benefici associati all’attività fisica quali una riduzione della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, sia a riposo sia durante lo sforzo e lo stress”.
“Il movimento, infatti, provoca un adattamento favorevole del sistema nervoso autonomo cardiovascolare mediante un aumento dell’attività del nervo vago. Il sistema cardiovascolare diventa così più efficiente, in grado quindi di consumare meno carburante (ossigeno) per lo stesso livello di sforzo. Inoltre la regolare attività fisica induce numerosi altri benefici, tra questi il miglioramento della circolazione del sangue che può aiutare a compensare le difficoltà di irrorazione legate a eventuali stenosi (restringimenti) delle arterie coronariche e di altri distretti” – precisa l’esperto.
A migliorare è anche il profilo lipidico
Oltre a migliorare la forma cardiorespiratoria, il movimento consente anche un miglioramento del profilo lipidico, come spiega l’epidemiologo Lu Qi della Tulane University. “Il livello dei grassi del sangue, in particolare del colesterolo cosiddetto cattivo (LDL), è da considerarsi un vero e proprio fattore causale dell’aterosclerosi e degli eventi clinici che ne possono derivare, come l’infarto miocardico e l’ictus cerebrale” – dichiara Lu Qi.
“Mantenere un livello di LDL inferiore ai valori oggi considerati ottimali – ha precisato l’esperto – è una misura centrale nella prevenzione delle malattie cardiovascolari: inferiore a 116 mg/dl nella popolazione sana, inferiore a 100 mg/dl nei soggetti a rischio moderato, inferiore a 70 mg/dl nei soggetti ad alto rischio e a 55 mg/dl in quelli a rischio molto alto come coloro che hanno già avuto un infarto miocardico o un ictus cerebrale. I farmaci sono spesso necessari per ottenere questi obiettivi. Tuttavia l’attività fisica migliora di per sé il profilo lipidico e quindi costituisce una misura non farmacologica essenziale, assieme all’alimentazione, per ridurre il colesterolo e i trigliceridi”.