Dal Congresso Nazionale 2022 della Società italiana di Neurologia (SIN) arrivano buone notizie per la diagnosi e i trattamenti delle tre patologie
Dal 3 al 6 dicembre scorso si è svolto a Milano il 52° Congresso Nazionale della Società Italiana di Neurologia (SIN), evento da cui sono scaturite importanti novità. Le più importanti riguardano tre patologie ben note al mondo della neurologia e non solo: parliamo di Parkinson, Alzheimer ed emicrania. Test salivare per la diagnosi della prima, l’importanza della prevenzione per la seconda, e nuovi farmaci per la terza. Ma scopriamo di più.
Il test salivare per il Parkinson
Partiamo dal Parkinson. Grazie ad un semplice test salivare è possibile non solo ottenere una diagnosi precoce, ma anche un indice prognostico, ossia una previsione della progressione della patologia. A mettere a punto il test è stato il gruppo di ricerca de ‘La Sapienza’ di Roma, guidato dal professor Alfredo Berardelli, Presidente della SIN. “Tale diagnosi – spiega Berardelli – avviene attraverso l’identificazione della proteina anomala alfa-sinucleina. Questa è individuabile solo tramite biopsia gastroenterica o della ghiandola salivare, dove sembra si concentri prima di diffondersi al cervello. L’alfa-sinucleina oligomerica è il marker d’eccellenza. Con una sensibilità quasi del 100% e una specificità del 98,39% ci permette di distinguere chi è in fase iniziale di malattia da chi non è affetto, con un’accuratezza diagnostica complessiva pari al 99%”.
L’importanza della prevenzione per l’Alzheimer
Come per la malattia di Parkinson, anche per l’Alzheimer diagnosi precoce e prevenzione sono due elementi fondamentali. Tra le ricerche scientifiche più promettenti spiccano quelle condotte in Finlandia. Infatti, i risultati ottenuti dallo studio finlandese FINGER sulla prevenzione hanno chiaramente dimostrato che tecniche di stimolazione cognitiva e dieta bilanciata ipolipidica associate a un costante esercizio fisico sono in grado di ridurre sia lo sviluppo di demenza nei soggetti a rischio, sia di rallentare la progressione della stessa nel tempo. Lo studio FINGER è stato ripreso durante il Congresso SIN.
Farmaci ed emicrania
Novità importanti anche per chi soffre di emicrania. Grazie a dei marker serici è possibile capire quali pazienti corrono il rischio di arrivare a una cronicizzazione del mal di testa a causa dell’abuso di farmaci e, di conseguenza, migliorare la loro prognosi. A spiegare meglio tale condizione è il professore Antonio Russo, responsabile del Centro Cefalee della I Clinica Neurologia dell’Università della Campania ‘Luigi Vanvitelli’. “Nel percorso di sostegno e presa in carico dei pazienti affetti da Emicrania – spiega Russo – sono fondamentali i nuovi farmaci. Essi ci permettono di ridurre la frequenza e l’intensità degli attacchi. Si va dalla tossina botulinica che, utilizzata con un protocollo specifico si è dimostrata efficace nella prevenzione dell’emicrania cronica, agli anticorpi diretti contro il CGRP (peptide correlato al gene della calcitonina), attore protagonista del dolore emicranico. Il dato interessante è che tali trattamenti, oltre ad essere super efficaci, sono altamente tollerabili e sicuri”.
Vari studi ipotizzano un legame eziologico tra lo sviluppo della depressione Il fattore neurotrofico cerebrale (BDNF). Vediamo perché
Il fattore neurotrofico cerebrale è una proteina appartenente alla famiglia delle neurotrofine. È noto in inglese col nome di brain-derived neurotrophic factor, da cui l’acronimo BDNF. Esso, la quale trascrizione è codificata da un gene specifico ed omonimo, è stato isolato per la prima volta dal cervello di maiale nel 1982 da Yves-Alain Barde e Hans Thoenen. Ma a cosa serve il fattore neurotrofico cerebrale? Il BDNF stimola la sopravvivenza e il differenziamento di alcuni neuroni e sinapsi appartenenti al sistema nervoso centrale (SNC) e periferico (SNP).
Nel cervello, il fattore di crescita neurotrofico è attivo nell’ippocampo, nella corteccia e nel proencefalo basale. Si tratta di aree vitali per l’apprendimento, la memoria e il pensiero superiore. Il BDNF è infatti molto importante soprattutto per la memoria a lungo termine. Infatti, sebbene nei mammiferi la stragrande maggioranza dei neuroni nel cervello di formi durante lo sviluppo intrauterino (prima della nascita), alcune parti dell’organo adulto mantengono la capacità di far crescere nuovi neuroni dalle cellule staminali neurali. Ciò è possibile grazie ad un processo noto come neurogenesi. IL BDNF è una delle neurotrofine più attive nello stimolo e controllo della neurogenesi.
Sono molti gli studi che hanno mostrato possibili collegamenti tra BDNF e condizioni patologiche o disagevoli come la depressione. È stato infatti dimostrato come l’esposizione allo stress e al corticosterone, l’ormone dello stress, diminuisce l’espressione di BDNF nei ratti. In caso di esposizione persistente può verificarsi un’atrofia dell’ippocampo. Dato che l’atrofia dell’ippocampo e di altre strutture limbiche si verifica negli esseri umani che soffrono di depressione cronica, si ipotizza che esista un legame eziologico tra lo sviluppo della depressione e il BDNF. In particolare, un recente studio ha indicato che l’infiammazione lipopolisaccaride indotta provochi il fenotipo della depressione, alterando la segnalazione di BDNF nella corteccia prefrontale e nell’ippocampo.
Un ragazzo cinese di soli 19 anni d’età è il più giovane paziente al mondo ad aver ricevuto una diagnosi di Alzheimer. Il clamoroso caso è descritto sul Journal of Alzheimer’s Disease
Diagnosticata la malattia di Alzheimer ad un ragazzo cinese di soli 19 anni. Si tratta del caso più giovane della storia della malattia. Il clamoroso evento è descritto sul ‘Journal of Alzheimer’s Disease’ dall’equipe di Jia Jianping, neurologo del Friendship Hospital e del National Clinical Research Center for Geriatric Diseas, Pechino. Il giovane paziente avrebbe iniziato a mostratre i primi sintomi di demenza due anni prima di essersi rivolto ad un medico. Il tutto, con episodi sempre più gravi di perdita della memoria. Non riusciva a ricordare dove riponeva i suoi effetti personali, se avesse mangiato o bevuto e tendeva ad isolarsi dalla famiglia e dagli amici.
Tutto è iniziato quando aveva 17 anni, con problemi di studio e concentrazione tra i banchi di scuola. Il ragazzo non riusciva più a leggere come prima, aveva difficoltà nello svolgere i compiti e presentava evidenti deficit di memoria a breve termine. È per questi motivi che, due anni dopo, il giovane paziente cinese è stato sottoposto a unabatteria di test neuropsicologici che hanno mostrato un evidente deficit della memoria. Come primo test una risonanza magnetica volumetrica ha rilevato una perdita di volume degli ippocampi, ovvero le centraline di alcuni tipi di memoria. Successivamente è stata una PET-FDG a mostrare un ipometabolismo nei lobi temporali dei due emisferi cerebrali: in altri termini, una marcata riduzione di consumo energetico in centri del cervello molto importanti per i processi di memorizzazione e apprendimento.
Infine una puntura lombare con l’esame del liquido cerebrospinale ha mostrato un’alterata concentrazione di sostanze che nell’Alzheimer portano alla formazione delle placche di beta-amiloide fuori dalle cellule nervose e dei grovigli neurofibrillari all’interno delle medesime. Tutti segnali che hanno portato all’ufficiale diagnosi di Alzheimer.
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Gli atlanti, a partire dalle due settimane di età e fino ai due anni, registrano lo sviluppo cerebrale mese per mese
Nasce un nuovo strumento in ambito neurologico. Un gruppo dell’University of North Carolina Health Care (Usa) ha realizzato una serie di atlanti del cervellonei neonati che, a partire dalle due settimane di età, mese per mese e fino ai due anni, registrano importanti dettagli spazio-temporali. Una novità che potrebbe permettere ai medici di individuare precocemente eventuali disturbi del cervello. Il lavoro che ha portato allo sviluppo degli atlanti è pubblicato su ‘Nature Methods’.
Secondo gli autori, questa serie di atlanti potrà essere utilizzata dai medici per capire l’andamento nel tempo dello sviluppo cerebrale e cogliere aspetti cruciali dello sviluppo precoce del cervello. L’obiettivo dichiarato dal team è quello di rendere più facile la valutazione di eventuali sintomi di sviluppo anomalo. In particolare, disturbi di deficit di attenzione/iperattività (ADHD), dislessia e paralisi cerebrale infantile. Nel corso dei primi due anni di vita il cervello umano va incontro a complessi processi cellulari che portano a una rapida crescita cerebrale. È in questa fase, infatti, che il cervello cambia a livello strutturale e riorganizza i suoi circuiti neurali.
Gli atlanti hanno rilevato anche che le cortecce nelle regioni temporali, paretali e prefrontali del cervello sono più spesse delle cortecce visive e sensomotorie primarie. Tutto questo è coerente con la scoperte che le funzioni di ordine superiore del cervello infantile (come l’attenzione, la memoria di lavoro, l’inibizione e la risoluzione dei problemi) maturano più lentamente delle aree del cervello responsabili delle funzioni visive, motorie e sensoriali.
Di seguito, si riporta una dichiarazione di Pew-Thian Yap, principale autore del lavoro. “Speriamo che questi atlanti diventino un quadro di coordinate comune per facilitare la scoperta di nuove intuizioni sui processi di sviluppo alla base della cognizione infantile e del comportamento sociale”.