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Pediatria, è boom di infezioni da virus respiratori nei bambini

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Registrato un incremento degli accessi in Pronto Soccorso per infezioni respiratorie del 300% superiore rispetti ai due anni precedenti. A lanciare l’allarme è la Società italiana di pediatria (Sip) 

In molte zone di Italia le Pediatrie sono in affanno per via di una vera e propria epidemia di infezioni respiratorie nei bambini. In particolare, le bronchioliti da virus respiratorio sinciziale (VRS) stanno colpendo molti bambini sotto l’anno di vita. Se a ciò si somma la contemporanea circolazione di altri virus respiratori la situazione risulta davvero difficile, con accessi record in Pronto Soccorso, situazioni di congestione in alcuni ospedali e massima occupazione dei posti letti che mettono in difficoltà alcune realtà nel nostro Paese.

A lanciare l’allarme è la Società italiana di pediatria (Sip)“Registriamo un incremento degli accessi in Pronto Soccorso per infezioni respiratorie  – ha affermato Giovanni Corsello, membro Sip e direttore del Dipartimento Materno Infantile dell’Ospedale dei Bambini di Palermo. Si tratta di un incremento del 300% superiore rispetto ai due anni precedenti, con l’80% dei posti letto occupati dai bambini con bronchiolite da VRS” – ha aggiunto l’esperto. Due condizioni stanno rendendo particolarmente gravosa l’assistenza. Da un lato l’età dei bambini con bronchiolite da VRS, soprattutto neonati e lattanti, e dall’altro i casi di ‘coinfezioni’ causate da più agenti patogeni che in contemporanea colpiscono lo stesso organismo”. Si tratta dunque di condizioni che, nei casi più gravi, richiedono spesso il ricovero in ospedale e un notevole sforzo organizzativo. 

La mancanza di terapie intensive pediatriche

La Società italiana di pediatria insiste, inoltre, sulla necessità di rafforzare ciò che reputa ‘l’anello debole’ dell’assistenza pediatrica, ossia le terapie intensive pediatriche. Secondo gli esperti della Sip, infatti, le terapie intensive pediatriche sarebbero poche e mal distribuite sul territorio nazionale. In aggiunta, l’assenza di un codice ministeriale che le identifichi in maniera precisa (presente per tutte le altre discipline essenziali in Italia) rende molto difficile il loro numero esatto. Secondo la Sip nel nostro Paese ci sono circa 3 letti di terapia intensiva pediatrica ogni milione di abitanti. Un valore di circa la metà di quello inglese e di circa un terzo rispetto a Austria, Svizzera, Germania o Usa.

A sottolineare il problema delle terapie intensive è la presidente della società, Annamaria Staiano“Assistere i bambini in unità di terapia intensiva dedicate significa migliorare la prognosi rispetto a coloro che vengono ricoverati in terapie intensive per adulti. Questo è tanto più vero quanto il bambino è più piccolo e più grave. Le TIP sono infatti tarate sui bambini e hanno un’elevata specificità non solo dei device, ma anche delle competenze sul personale”.

Un appello al governo


Chiediamo al Governo 
– ha concluso la presidente Sip – non solo un rafforzamento, con un amento dei posti letto e del personale. Ma anche un impegno a lavorare insieme alle società scientifiche per una riforma volta a mettere in rete tutti i punti di offerta, così da garantire un’assistenza omogena a tutti i bambini in ogni area del Paese. È urgente inoltre che venga assegnato un codice ministeriale di disciplina alle TIP. È un passaggio essenziale per avere un quadro preciso della situazione attuale”. 

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Bimbi nati pre-termine rischiano maggiormente i disturbi di attenzione

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È quanto emerge da una ricerca della Rutgers University, nota università del New Jersey. Lo studio è stato pubblicato sul ‘Journal of Pediatrics’

Nascere con qualche settimana di anticipo aumenta il rischio di sviluppare disturbi da decifit di attenzione e iperattività (Adhd). È questo il dato definitivo emerso da uno studio della Rutgers University del New Jersey, pubblicato sul ‘Journal of Pediatrics’. Lo studio ha analizzato elementi riguardanti circa 1.400 bambini nati negli Stati Uniti tra il 1998 e il 2000 e, attraverso un follow up a 9 anni, li ha incrociati con i dati emersi dalle interviste con le madri e gli insegnanti, ai quali è stato chiesto di valutare i propri studenti utilizzando una scala di valutazione che include sintomi di iperattività, Adhd, comportamento oppositivo e problemi cognitivi/disattenzione. (Qui i risultati dello studio).

Dall’analisi è emerso che i bambini nati a 37-38 settimane avevano punteggi significativamente più alti nelle scale di valutazione degli insegnanti rispetto ai bambini nati a 39-41 settimane. Si tenga conto che la durata media di una gestazione è di circa 9 mesi, dunque circa 39 settimane. In particolare, gli esperti hanno scoperto che a ogni settimana in periodo di gravidanza in più rispetto al termine previsto corrispondeva a una riduzione del 5-6% dei punteggi di iperattività, Adhd e problemi cognitivi. In altre parole, secondo questo studio, più si nasce tardi più c’è una riduzione dei rischi sopracitati. 

Tra gli autori dello studio figura la Prof.ssa Nancy E. Reichman, la quale ha commentato gli esiti della ricerca. “I risultati si aggiungono alle prove già esistenti che raccomandando di ritardare i parti elettivi almeno fino a 39 settimane di gestazione. Si suggerisce inoltre di effettuare screening regolari per i sintomi dell’Adhd a tutti i bambini nati tra la 37° e la 38° settimana”. 

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Dieta vegetariana per i bambini consigliata, ma attenzione al rischio sottopeso

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L’evidenza emerge dallo studio di un team canadese che ha seguito circa 9.000 bambini tra i sei mesi e gli otto anni

La dieta vegetariana per i bambini presenta crescita e parametri biochimici di nutrizione simili a quelli di bambini che mangiano carne. Il grosso rischio però è quello di sottopeso. Ciò è quanto evidenzia uno studio canadese pubblicato da Pediatrics che spiega come ci sia bisogno di fornire cure speciali per casi particolari di diete vegetariane per bambini. Lo studio è stato guidato da Jonathon Maguire, del St. Michaels’s Hospital dell’Unity Health di Toronto

Il team di ricerca ha valutato circa 9.000 bambini per un età media di 2,8 anni. Tra questi circa 250 seguivano una dieta vegetariana e presentavano livelli di indice di massa corporea, altezza, ferro, vitamina D e colesterolo simili ai coetanei con dieta ‘tradizionale’. Il lato negativo, però, è che i bambini vegetariani avevano una probabilità di quasi il doppio di essere sottopeso.

E’ lo stesso Maguire a spiegare come “le diete vegetariane sono riconosciute come modello sano per l’assunzione di frutta, verdura, fibre e riduzione di grassi saturi. Pochi però hanno studiato l’impatto di questi regimi alimentari su crescita e stato nutrizionale – afferma lo studioso. “Le attuali linee guida differiscono rispetto a consigliare una dieta vegetariana durante l’infanzia. È necessaria un’attenta pianificazione dietetica per i bambini sottopeso quando si considerano diete vegetariane. In ogni caso – conclude – le diete vegetariane sono appropriate per la maggior parte dei bambini”. 

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L’importanza del pediatra di famiglia: l’analisi del Dott. Antonio D’Avino

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Il Presidente della Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP) spiega ad Italian Medical News il ruolo fondamentale della figura del pediatra di famiglia per una corretta crescita dei bambini

Antonio D’Avino, noto pediatra di fama nazionale e neo Presidente della Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP) ha rilasciato un’interessante intervista spiegando l’importanza del ruolo del pediatra di famiglia. Tra le sue dichiarazioni emergono lucide analisi, in particolare riguardo il ruolo genitoriale e l’importanza della sinergia tra pediatra, famiglia e scuola

Dottore, quali sono i prossimi obiettivi, e in generale gli scopi principali della FIMP? 

“La Federazione è costituita da pediatri di famiglia. Noi siamo tutti pediatri che operano sul territorio e abbiamo in cura bambini dai 0 ai 14 anni di età; nei casi particolari fino ai 16 anni, specie per coloro che soffrono di patologie croniche. Il rapporto di fiducia e la capillarità degli studi sono un po’ i due punti cardine del pediatra di libera scelta. Il Decreto Ministeriale n.71 recentemente ha dato delle indicazioni sul futuro della sanità, dove la parola ‘prossimità’ sarà il termine chiave, come anche ribadito più volte dal ministro Speranza. Il nostro obiettivo è dunque garantire al pediatra di famiglia un ruolo cardine nei modelli organizzativi futuri”.

L’importanza del tempo dedicato ai propri figli

Rispetto al passato, si diventa genitori in età sempre più adulta e consapevole. Lei pensa che i bambini nati da queste coppie, abbiano una marcia in più?

“Più che l’età è importante il tempo che i genitori dedicano ai propri figli. In base ai miei 30 anni d’esperienza le posso dire che ci sono coppie giovanissime che dedicano tempo ai loro figli così come coppie più adulte. Io credo che la qualità del tempo dedicato sia fondamentale. Quello che mi sento di dire in tal proposito, è che purtroppo oggi con le innovazioni tecnologiche si riducono i rapporti sociali dei bambini. In questo i genitori devono essere molto determinati. È fondamentale che loro invitino i bambini a stare all’aria aperta, nei parchi, a giocare a pallone. Soprattutto è importante che i bambini non siano tutti chiusi in una stanza, connessi virtualmente, senza socializzare tra di loro, come purtroppo talvolta capita. Questo è un tema fondamentale che deve essere affrontato. Ciò vale sia per le coppie giovani sia per quelle più adulte”.

Quanto è importante la sinergia tra pediatria, famiglia e scuola? 

“La triade pediatria di libera scelta, scuola e famiglia è fondamentale. Ed è fondamentale che ognuno dei tre ruoli in questione svolga al meglio la propria funzione. La scuola è fondamentale per continuare quell’azione di educazione a corretti stili di vita. Noi abitualmente facciamo da tanti anni, nei nostri studi professionali, delle visite programmate intitolate ‘Bilanci di Salute’. In queste visite noi ci dedichiamo principalmente a perseguire un obiettivo fondamentale, ovvero educare alla prevenzione. In questo la scuola può avere un fondamentale ruolo di supporto rispetto a quello che noi facciamo. Sarebbe molto importante concordare delle linee di indirizzo generali con l’ufficio scolastico regionale affinché tutte le scuole di ordine e grado abbiano degli input generali condivisi con le famiglie e con noi. In modo da dare informazioni condivise e non disomogenee ai bambini/ragazzi. Ritengo che questo sia fondamentale”.

I princìpi da inculcare e il rapporto di fiducia tra pediatra e bambini

Quali sono secondo Lei i valori fondamentali da inculcare ai bambini? 

“Ritengo che alcuni ideali come il rispetto, l’amicizia, la volontà di interagire con coetanei di ogni condizione sociale, provenienza, credo religioso, debbano essere la base dell’educazione. Nei bambini dobbiamo inculcare questi princìpi che forse al giorno d’oggi non vengono ritenuti cosi basilari come dovrebbero essere. In questo gioca un ruolo chiave la scuola. Spesso, nelle famiglie in cui entrambi i genitori lavorano, non sempre c’è possibilità di interloquire e interagire con i propri figli; è in questi casi che diviene ancor più importante una buona educazione scolastica. In generale comunque, è fondamentale educare i bambini secondo i princìpi che ho citato poc’anzi”.

Vorrebbe aggiungere altro?

“Concluderei dicendo che il pediatra di famiglia è sempre stato e sempre vorrà essere una figura di riferimento per le famiglie. Abbiamo il privilegio di seguire i bambini fin dalla loro nascita; la nostra prima visita avviene durante i primissimi giorni di vita del bambino e il rapporto prosegue per anni e anni, caratterizzato da una fortissima fiducia. Capita spesso che una volta diventati adolescenti e terminato il percorso insieme, molti ragazzi si mostrano dispiaciuti. Il messaggio che mi sento di trasferire è quello di mantenere questo rapporto di fiducia con i bambini e con le famiglie. Questa è la base per poter garantire una risposta adeguata ai bisogni sanitari e assistenziali delle famiglie”.

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