Il Ministero ha realizzato una campagna di prevenzione per la lotta al Linfoma anaplastico a grandi cellule
Ottobre è il mese dedicato alla prevenzione del tumore al seno. Tante sono le iniziative in tutta Italia volte a favorire l’accesso alle donne alle strutture sanitarie, affinché possano sottoporsi ai routinari esami diagnostici strumentali.
Già a settembre, il ministero della Salute, in collaborazione con alcune Università italiane, ha realizzato la campagna di informazione e comunicazione “In seno alla salute” per ricordare l’importanza della diagnosi precoce nella prognosi del tumore della mammella.
La Direzione Generale dei Dispositivi Medici e del Servizio Farmaceutico, da anni accanto alle donne anche per il monitoraggio e gestione di una nuova rara condizione clinica quale il Linfoma anaplastico a grandi cellule (BIA-ALCL), ha colto l’occasione per rammentare l’importanza per le donne portatrici di protesi mammarie di sottoporsi ai regolari controlli di follow-up, al fine di valutare lo stato delle proprie mammelle e degli stessi dispositivi impiantati.
Inoltre, per evitare che nelle pazienti si possano generare dubbi o preoccupazioni, il Ministero precisa che:
le protesi mammarie, impiantate sia per finalità estetiche che ricostruttive, sono da considerarsi sicure;
le Autorità Competenti europee ed internazionali collaborano costantemente. L’obiettivo è potenziare sempre di più le attività di vigilanza e sorveglianza sul mercato dei dispositivi medici;
l’istituzione del registro dei dispositivi protesici mammari ha tra le finalità anche la funzione di dotare il Ministero della salute di uno strumento oggettivo e indipendente con cui valutare nel breve e lungo termine efficacia ed efficienza di tali dispositivi.
Il Linfoma anaplastico è una patologia rara che ha colpito 4,6 pazienti su 100mila impiantati
Il BIA-ALCL è ad oggi una patologia rara che ha colpito 4.6 pazienti su 100.000 impiantati nel 2020. L’eziopatogenesi resta non nota. Per comprendere perché con una stessa tipologia di protesi solo pochissimi pazienti sviluppano questa condizione clinica, il ministero della Salute sta finanziando uno studio genetico volto a individuale eventuali fattori genetici predisponenti.
Recentemente la Scientific Committee On Health, Environmental And Emerging Risks (SCHEER), organo scientifico della Commissione europea, ha espresso il suo parere in termini di sicurezza delle protesi mammarie e BIA-ALCL. Non sono emerse evidenze tali da far ritenere sussistente la correlazione causale tra la protesi mammaria e questa condizione clinica.
Dall’anno 2015 è disponibile sul portale del ministero della Salute, una paginadedicata alla problematica del BIA-ALCL.
Con tale pagina la Direzione Generale dei Dispositivi Medici fornisce ampio rilievo all’argomento. Inoltre promuove l’importanza di garantire ai pazienti con protesi mammarie la corretta informazione. Infine mette tempestivamente a disposizione ogni aggiornamento scientifico che si rende disponibile nel tempo.
Nel 2019 è stato istituito un Tavolo permanente con esperti di settore per garantire sicurezza e salute ai pazienti
Inoltre, al fine di garantire sicurezza e salute ai pazienti, il ministero della Salute ha istituito nel 2019 un Tavolo permanente con esperti di levatura internazionale e membri del Consiglio Superiore di Sanità. Un unico organismo che si muove in piena sinergia e collaborazione con le Società scientifiche nazionali di settore (SICPRE ed AICPE).
Il tavolo ha sviluppato Linee guida per la diagnosi precoce e il percorso terapeutico del BIA-ALCL. Inoltre ha individuato anche Centri di riferimento per la conferma della diagnosi.
IL BIA-ALCL è una condizione clinica a prognosi favorevole, sia se diagnosticata precocemente, sia se trattata correttamente anche nelle fasi più avanzate di malattia. Il 92.2% dei pazienti italiani che hanno sviluppato la malattia è guarito.
Resta comunque l’invito alle donne a sottoporsi ai regolari controlli di follow-up ecografici e/o mammografici che il proprio medico di fiducia ha loro prescritto, con cadenza variabile a seconda delle specifiche individuali condizioni cliniche.
L’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha approvato la rimborsabilità del farmaco ‘ravulizumab’. Il medicinale potrà essere usato sia nei pazienti adulti che nei bambini
Approvato un nuovo trattamento per la sindrome emolitico-uremica atipica, una malattia rara potenzialmente letale. L’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha infatti approvato la rimborsabilità del farmaco ‘ravulizumab’. Il nuovo medicinale potrà essere utilizzato nei pazienti adulti e nei bambini, indipendentemente dal fatto di aver ricevuto in precedenza trattamenti analoghi.
La sindrome emolitico-uremica atipica è una malattia rara che colpisce circa 600 pazienti in Italia. La patologia è causata dall’attivazione cronica e incontrollata del sistema del complemento, una componente del sistema immunitario. “Questa anomalia – spiega Gaetano La Manna, ordinario di Nefrologia all’Università di Bologna – porta ad uno stato di infiammazione cronica che danneggia le pareti dei vasi sanguigni. Il primo organo ad essere danneggiato, solitamente, è il rene ma idanni possono estendersi a cuore, polmoni, cervello e sistema gastro-intestinale”.
La metà dei pazienti di questa rara malattia ha bisogno di dialisi, soffre di danno renale permanente o va incontro a decesso entro il primo anno alla diagnosi. Il trattamento punta a spegnere il sistema del complemento agendo su una proteina denominata C5. Fino ad oggi, tale procedimento veniva attuato con il farmaco ‘eculizumab’. “Ora, grazie al nuovo farmaco ravulizumab la cura compie un ulteriore passo in avanti – prosegue La Manna. La terapia non solo modifica radicalmente la storia naturale della malattia ma migliora sensibilmente la qualità della vita dei malati e dei loro famigliari”.
Negli studi clinici che hanno portato all’approvazione del farmaco, il 61% dei pazienti ha visto una risposta completa nei primi 12 mesi. Addirittura, nella popolazione pediatrica ravulizumab ha raggiunto il tasso di risposta completa del 94,4% e il 100% dei pazienti ha interrotto la dialisi. Risultati assolutamente straordinari.
L’annuncio è arrivato dal sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, al termine della riunione del Comitato Nazionale Malattie Rare (CoNaMr)
Il Piano Nazionale Malattie Rare 2023-2025 diventa realtà. È stato infatti ufficialmente approvato il testo finale, pronto a garantire più cure per 2 milioni di persone. Infatti, per circa due milioni di malati nel nostro Paese si prospettano terapie migliori e meno disuguaglianze tra Regioni. L’annuncio è arrivato dal sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, al termine della riunione del Comitato Nazionale Malattie Rare (CoNaMr), svoltasi oggi presso il ministero della Salute.
Gemmato ha definito il traguardo raggiunto “il frutto di tanto lavoro e della tenacia di tutte le istituzioni, dei clinici, delle associazioni di pazienti e dei soggetti competenti in malattie rare che compongono il CoNaMr. L’accelerazione data ai lavori per la sua approvazione – ha proseguito – testimonia l’attenzione che il Governo ha nei confronti delle persone con malattia rara e dei loro caregivers”.Tra gli obiettivi principali del nuovo Piano migliorare l’accesso alle terapie e superare le disuguaglianze regionali. Ma anche declinare e sfruttare efficacemente le reti e l’utilizzo dei dati così come dare piena attuazione alla Legge 175/2021 con maggiore speditezza.
Anche il direttore dell’Osservatorio Malattie Rare(Omar), Ilaria Ciancaleoni Bartoli ha rilasciato importanti dichiarazioni durante la riunione. “Bisogna andare avanti per operativi i contenuti del Piano – ha dichiarato la prima figura dell’Omar. L’auspicio è che ora, grazie all’attenzione del nuovo esecutivo e in particolar modo all’impegno del sottosegretario Gemmato, l’attuazione del Piano proceda spedita e sia accompagnata da risorse economiche adeguate. Non bisogna dimenticare che le persone con malattia rare non sono pazienti di serie B”.
Soddisfatta del varo del Piano Nazionale Malattie Rare anche la Fondazione Telethon, come testimoniato dalle parole del direttore generale Francesca Pasinelli. “L’approvazione del Piano – ha affermato Pasinelli – rappresenta un grande passo in avanti. Un passo in linea con le priorità europee e internazionale in tema di malattie rare. In particolare, per quanto riguarda la parte dedicata alla ricerca alla quale abbiamo contribuito per nostra competenza. Abbiamo fortemente voluto che il Piano avesse un’impostazione concreta perché riteniamo che la condivisione di un metodo sia cruciale per realizzare gli avanzamenti auspicati. Siamo fiduciosi che nei prossimi anni potranno essere compiuti ulteriori passi in avanti”.
Si tratta di una patologia che tocca specialmente in età pediatrica
Ventimila persone ogni anno sono colpite dalla malattie rare endocrine. Specialmente in età pediatrica. Un trend in aumento nel corso degli ultimi cinque anni. Il 70% dei 2 milioni di malati rari italiani – come riporta l’Ansa – non ha ancora 18 anni. Con circa 20.000 nuove diagnosi ogni anno, le 440 diverse patologie rare delle ghiandole endocrine, della nutrizione e del metabolismo, sono al secondo posto per frequenza fra tutte le malattie rare.
L’Italia è al primo posto in Europa per numero di centri di eccellenza, che afferiscono all’Endocrine European Reference Network (ENDO-ERN), una rete virtuale specializzata di strutture di elevata complessità e competenza. Con l’ingresso di 10 nuovi centri l’Italia fa un balzo in avanti per numero di strutture che raddoppiano in 5 anni. Passando a 20 su un totale di 111 centri in tutta Europa. Grazie all’alleanza tra gli specialisti della Società Italiana di Endocrinologia (Sie) e della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (Siedp), queste strutture sono un punto di riferimento per tutti i pazienti fin dalla più tenera età e riducono la mobilità nazionale e internazionale dei malati rari.
Salerno (presidente Siedp): “Molte di queste malattie sono congenite”
Mariacarolina Salerno, presidente Siedp e direttore dell’Unità di Pediatria Endocrinologica del Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali dell’Università Federico II di Napoli sottolinea che “molte di queste malattie sono congenite e si manifestano precocemente, spesso sono croniche, potenzialmente mortali o con serie conseguenze a lungo termine, e compromissione della qualità di vita per i pazienti e le loro famiglie: la diagnosi precoce è essenziale per la corretta terapia, ridurre o prevenire le complicanze a lungo termine e migliorare la qualità di vita del bambino e della sua famiglia”. “Per riconoscerle precocemente – dice – dovremmo fare attenzione per esempio alla bassa statura nell’infanzia, che è spesso fra i sintomi principali delle malattie endocrine rare. Il 3% dei bambini ha una bassa statura. In circa il 20% di questi piccoli l’accrescimento insufficiente è dovuto proprio a una malattia genetica rara. Sebbene non ci siano patologie sottostanti”.