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Salute mentale, l’importanza di combattere stigma e discriminazione

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Una commissione di 50 esperti ha pubblicato sulla nota rivista ‘The Lancet’ un rapporto sull’impatto dello stigma sulla salute mentale

Nel mondo quasi un miliardo di persone convive con qualche forma di sofferenza psichica. Più precisamente una persona su otto, ma la quota sale a una se sette se si considera la fascia di età tra i 10 e i 19 anni. Inoltre, la situazione è nettamente peggiorata durante la pandemia con un aumento della prevalenza di ansia e depressione del 25% nel corso del 2020. È per questi motivi che una commissione di 50 esperti provenienti da tutto il mondo, definita ‘Lancet Commission on ending stigma and discrimination in mental health’ ha pubblicato un rapporto sull’impatto dello stigma sulla salute mentale e una serie di raccomandazioni per contrastarlo.

“Stigma e discriminazione – si legge all’interno del rapporto – vanno contro i diritti umani fondamentali. Creano gravi effetti sulle persone con disturbi mentali esacerbando l’emarginazione e l’esclusione sociale, ad esempio riducendo l’accesso all’assistenza sanitaria e diminuendo le opportunità di istruzione di lavoro”. Secondo la ‘Lancet Commission’ queste persone subiscono una doppia minaccia. Da un lato, ovviamente l’impatto della condizione, dall’altro le conseguenze sociali dello stigma e della discriminazione.“Molte persone con esperienza vissuta di condizioni di salute mentale descrivono lo stigma come peggiore della condizione stessa. Questo, quanto affermato in una nota, uno dei co-presidenti della Commissione, Graham Thornicoft, del King’s College di Londra.

Le raccomandazioni della Commissione

 

La Commissione ha formulato una serie di raccomandazioni indirizzate a governi, sanitari, datori di lavoro, scuole e mezzi di comunicazione vari per contrastare lo stigma. Le raccomandazioni ruotano intorno a possibili idee come l’adozione di programmi per il reinserimento lavorativo delle persone con sofferenza mentale. O ancora, istituzione di corsi di formazione sulle malattie mentali e sui diritti delle persone che ne soffrono, corsi destinati ai sanitari e utili per interventi di sensibilizzazione nelle scuole. “Ora ci sono prove evidenti su come ridurre efficacemente, e in definitiva, eliminare lo stigma e la discriminazione” – ha aggiunto Thornicroft.

Qui, l’estratto originale del rapporto.

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Stile di vita sano riduce il rischio di depressione

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Attività fisica
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Cibo, sonno, esercizio fisico; uno stile di vita sano difende in modo significativo dalla depressione. A parlarne è una nuova ricerca pubblicata su ‘Nature Mental Health’

Adottare uno stile di vita salutare, che includa il consumo moderato di alcol, una dieta equilibrata, regolare attività fisica, un adeguato riposo, così come il mantenimento di relazioni sociali frequenti, evitando il fumo e comportamenti troppo sedentari, è associato a una riduzione del rischio di depressione. Il tutto emerge da uno studio condotto da ricercatori dell’Università di Cambridge e dell’Università Fudan. I risultati sono pubblicati sulla rivista ‘Nature Mental Health’.

Per approfondire la comprensione della relazione tra stile di vita e depressione, i ricercatori hanno analizzato i dati della UK Biobank relativi a quasi 290.000 individui, di cui 13.000 erano affetti da depressione. È emerso che il numero di ore di sonno tra sette e nove a notte ha avuto il maggiore impatto, riducendo il rischio di depressione del 22%, compresi sia gli episodi singoli che la forma resistente ai farmaci del disturbo. Inoltre, la frequente partecipazione a connessioni sociali ha dimostrato di essere il fattore più protettivo contro la depressione ricorrente, riducendo il rischio complessivo del 18%.

Un consumo moderato di alcol riduce il rischio di depressione dell‘11%, una dieta sana del 6%, l’attività fisica regolare del 14%, l’astensione dal fumo del 20%, e un comportamento poco sedentario del 13%. Sulla base di una combinazione di questi fattori legati a uno stile di vita sano, i ricercatori hanno suddiviso i partecipanti in tre gruppi: sfavorevole, intermedio e favorevole. Le persone nel gruppo intermedio hanno mostrato una probabilità di sviluppare la depressione inferiore del 41% rispetto a quelle nel gruppo sfavorevole, mentre coloro nel gruppo favorevole hanno presentato un rischio ridotto del 57%.

Il team ha poi esaminato il Dna dei partecipanti. Gli individui con il punteggio di rischio genetico più basso hanno il 25% in meno di rischio depressione rispetto a quelli con il punteggio più alto, un impatto molto meno importante dello stile di vita. Inoltre, uno stile di vita sano è in grado di ridurre il peso del rischio genetico per la depressione“Siamo abituati a pensare che uno stile di vita sano sia importante per la nostra salute fisica – sottolinea una delle autrici Christelle LangleyIn realtà è altrettanto importante anche per la nostra salute mentale poiché ha una funzione protettiva diretta sulla salute cerebrale e le abilità cognitive, ma anche indiretta agendo positivamente sul sistema immunitario e sul metabolismo”.

Fonte.

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I rapporti sociali riducono il rischio di demenza

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Lo indica uno studio dell’University of New South Wales a Sidney. Secondo la ricerca in questione, quel che conta per allungare la vita è essere impegnati nella comunità



Essere coniugati o in una relazione amorosa non necessariamente riduce il rischio di demenza. Invece, si dimostra di beneficio avere una persona con cui confidarsi apertamente. È quanto emerge da uno studio dell’University of New South Wales di Sidney, secondo il quale è fondamentale essere impegnati nella comunità per allungare la vita. Era già riconosciuta l’importanza delle relazioni non solo per la salute emotiva, ma anche per la salute fisica del cervello. Tuttavia, non era chiaro se il tipo di relazione facesse differenza e quale livello di interazione fosse necessario per dare beneficio.

I ricercatori dello studio in questione, pubblicato sul Journal of The Alzheimer Association, hanno condotto una meta-analisi di 13 studi longitudinali da diversi Paesi nel mondo. Sono stati esaminati i dati di oltre 39.000 persone di età da 65 anni in su. In particolare, gli esperti hanno tenuto conto del tipo di relazione di cui i soggetti coinvolti erano parte: se questa offriva solo supporto sociale generale o qualcosa in più e con che frequenza avvenivano le connessioni. È emerso che incontrare amici o familiari almeno una volta al mese poteva ridurre fino a metà il rischio di demenza. Particolarmente importante il tipo di relazione.

“Avere una persona con cui confidarsi è emerso un fattore molto potente per ridurre il rischio di demenza – scrive il principale autore dello studio, Suraj Samtani, psicologo clinico e ricercatore del ‘Centro per un sano invecchiamento’ dell’University of New South Wales. Non conta solo con che frequenza ci si incontra – ha aggiunto – ma anche e soprattutto se alla persona con cui ci si relaziona si possa aprire il proprio cuore. Confidarsi è fondamentale se vogliamo evitare di soffrire di Alzheimer o altre malattie neurologiche che coinvolgono la demenza”.

Clicca qui per leggere l’estratto originale dello studio.

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