Non siamo l’unico Paese in grossa emergenza. Gli effetti della pandemia, la carenza dei medici, il sovraffollamento dei pronto soccorso e tanto altro, sono problemi ben noti anche in Regno Unito, Francia e Germania
I problemi del sistema sanitario nazionale non sono una peculiarità esclusivamente italiana. Problemi come carenza di medici e infermieri, sovraffollamento dei pronto soccorso, turni di lavoro usuranti a cui sono costretti gli operatori sanitari del settore pubblico, sono fenomeni che riguardano vari Paesi europei. Gran parte dei sistemi sanitari del nostro continente, infatti, stanno vivendo un periodo complesso soprattutto a partire dall’avvento della pandemia. Non è un caso che l’Organizzazione Mondiale della Sanità in un report dello scorso settembre ha evidenziato questa situazione d’emergenza sottolineando l’esigenza di riforme strutturali.
Ma da settembre in poi la situazione è ancora più delicata. I sistemi sanitari hanno dovuto fronteggiare la coincidenza di tre malattie: nuova ondata di Covid, l’influenza stagionale e il virus respiratorio sinciziale (che ha causato un gran numero di casi di bronchiolite in bambini sotto i due anni). In varie nazioni l’assistenza emergenziale, in ospedali e pronto soccorso, è andata in crisi con il sistema sanitario al centro di polemiche, scioperi e annunci di riforme radicali.
I problemi comuni
Alcuni dei problemi sono comuni, così come le cause. La gestione della pandemia da coronavirus e della successiva campagna vaccinale ha bloccato o ritardato procedure, diagnosi e interventi non d’emergenza, creando o aumentando liste d’attesa. Inoltre, i tre anni di costante emergenza hanno messo a dura prova medici e infermieri costringendoli a turni sfiancanti e portandoli in una potenziale situazione di ‘burnout’. Ciò ha aumentato notevolmente sia dimissioni volontarie sia richieste di pensione anticipata. Si ritiene inoltre che i lockdown e la situazione d’emergenza possano portare a una crescita a lungo termine della domanda di cure per problemi mentali. A questi fattori si aggiungono problemi più strutturali, ma comunque comuni. Problemi come il progressivo invecchiamento della popolazione, l’aumento dei malati cronici e dei cittadini obesi (problema di entità minore in Italia rispetto alla media europea).
Secondo i dai dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD), nel Regno Unito, in Francia e in Italia fra il 2009 e il 2019 è diminuita nettamente la spesa pubblica per la Sanità in rapporto al PIL. Nello stesso periodo, Germania e Spagna l’hanno invece mantenuta costante. Sempre secondo l’OECD il numero di medici e infermieri nei paesi dell’Unione europea è maggiore rispetto a dieci anni fa, sia in termini assoluti che in rapporto alla popolazione. L’aumento però non è riuscito a tenere il passo della crescita della domanda.
La situazione nello specifico: Regno Unito, Germania e Francia
Ecco qualche dato del Regno Unito. Al momento attuale sono più di 7 milioni i britannici in lista d’attesa per un intervento o una visita medica. Inoltre, più del 30% dei pazienti aspetta più di sei mesi per un esame standard come una gaatroscopia o una risonanza magnetica. Nel caso britannico bisogna aggiungere gli effetti della Brexit sul reclutamento del personale, una generale carenza di fondi pubblici, tassi di obesità e diabete più aldi della media europea e la crisi del settore dell’assistenza sociale. Crisi che implica ricoveri a lungo termine in ospedale per assenza di alternative.
In Germania invece, il sistema sanitario è finanziato in modo differente e si basa sull’Atto delle Assicurazioni sanitarie risalente al 1883. In sostanza è obbligatorio iscriversi a un ‘fondo malattia’, di cui ce ne sono oltre 100, senza fini di lucro, e vengono pagati a metà fra lavoratore e datore di lavoro. Mediamente pesano per un 20% sullo stipendio lordo, ma offrono una copertura totale, comprese spese per dentisti, psicologi e assistenza infermieristica a lungo termine. La Germania spende per la sanità più che ogni altro paese in Europa, ma ciò non ha evitato una crisi del settore ospedaliero. Negli ospedali infatti mancano 23.000 tra medici e infermieri, dopo qualche anno di ingressi limitati e dimissioni di massa post-pandemia.
Anche il governo francese ha annunciato di voler riformare in modo profondo il settore sanitario, sia a livello ospedaliero che di medici di base. In Francia il numeri dei medici è nettamente inferiore rispetto a quello del 2012. Ma soprattutto il 30% della popolazione non ha un adeguato accesso a servizi medici. I servizi infatti non sono distribuiti in modo omogeno sul territorio: sono molto più rari nella Francia rurale e nei quartieri più popolosi e poveri, con forte presenza di immigrati di prima e seconda generazione. La disomogeneità territoriale in termini sanitari è il grosso problema del sistema francese. Ma nel paese transalpino particolarmente grave è anche la situazione del reclutamento. Circa la metà dei medici di base hanno oltre 60 anni, anche a causa del numero chiuso della facoltà di medicina, che ha fortemente limitato l’accesso alla professione.
Secondo le prime indiscrezioni, da questo intervento ci si può attendere la perdita di una percentuale fra il 15 e il 20% del peso corporeo
Le recenti novità nel campo della chirurgia bariatrica sono sempre più frequenti. Durante il congresso dell’International Federation for the Surgery of Obesity and Metabolic Disorders (Ifso) tenutosi a Napoli, è stata presentata un’innovativa procedura per la riduzione dello stomaco, eseguita tramite l’approccio trans-orale, simile a una gastroscopia. Questo intervento, chiamato endosleeve, offre la possibilità di perdere una percentuale di peso corporeo compresa tra il 15% e il 20%, e si tratta di una gastroplastica verticale endoscopica che non richiede incisioni, evitando così la formazione di cicatrici.
“Effettuata in pochi centri selezionati, la endosleeve è una recentissima procedura bariatrica endoscopica che consente di ridurre il volume gastrico usando come accesso la bocca, proprio come avviene in una gastroscopia – spiega Luigi Angrisani, presidente del congresso Ifso. Questa procedura evita quindi l’incisione chirurgica della cavità addominale consentendo una riduzione del peso in eccesso, seppur più modesta rispetto alla sleeve gastrectomy tradizionale, che può durare circa 2-3 anni”. È possibile eseguire questa procedura su pazienti con un indice di massa corporea compreso tra 30 e 40, che altrimenti non sarebbero idonei a interventi chirurgici, o su pazienti con un BMI superiore a 40, come una fase preliminare prima di considerare un intervento chirurgico tradizionale.
“La endosleeve si esegue in anestesia generale e in sala operatoria utilizzando un gastroscopio, che si fa passare attraverso la bocca, e una cucitrice endoscopica – aggiunge Angrisani. Una volta posizionato l’apparecchio nello stomaco, si procede alla sutura. La procedura, che è reversibile e ripetibile, richiede una degenza postoperatoria ridotta e un ritorno rapido alle attività quotidiane dopo solo qualche giorno”. L’endosleeve costituisce quindi una valida alternativa terapeutica mini-invasiva, che si dimostra sicura ed efficace, integrando le opzioni disponibili nella chirurgia bariatrica. “Ma, in alcuni casi, può essere considerata un’alternativa per quei pazienti non candidabili all’approccio chirurgico tradizionale – spiega ancora l’esperto. Oltre a ridurre le dimensioni e il volume dell’organo, procura un effetto di regolazione sugli ormoni dell’appetito“.
Il nuovo farmaco funziona più velocemente degli altri antidepressivi e va usato solo per due settimane
La Food and Drugs Administration (Fda) ha approvato in Usa la prima pillola per combattere la depressione post partum (PPD). Il nuovo farmaco è notevolmente più rapido nel suo effetto rispetto agli altri antidepressivi e deve essere usato solo per due settimane. Il suo nome è Zurzuvae e rapresenta il primo farmaco orale per il trattamento della depressione post partum.
La depressione postpartum è un episodio depressivo maggiore che colpisce tipicamente le donne dopo il parto, ma può anche manifestarsi durante le fasi successive della gravidanza. Questo disturbo può causare sentimenti debilitanti di tristezza, colpa, inutilità e, nei casi più gravi, ideazione suicidaria, mettendo a rischio la madre e il bambino. Inoltre, la depressione post partum può interrompere il legame madre-bambino, influenzando negativamente lo sviluppo fisico ed emotivo del neonato.
Un progresso significativo
Prima dell’approvazione di Zurzuvae, il trattamento per la condizione era limitato alle iniezioni endovenose somministrate da operatori sanitari solo in alcune strutture sanitarie. Questa opzione aveva delle restrizioni e non era facilmente accessibile a tutte le donne che ne avevano bisogno. L’approvazione di un farmaco orale rappresenta quindi un progresso significativo nella gestione della PPD.
Tiffany R. Farchione, MD, direttrice della Divisione di psichiatria presso il Centro per la valutazione e la ricerca sui farmaci della FDA, ha sottolineato l’importanza di avere un trattamento per via orale per la PPD. l’esperta ha infatti dichiarato: “Avere accesso a un farmaco per via orale sarà un’opzione vantaggiosa per molte di queste donne che affrontano sentimenti estremi e talvolta pericolosi per la vita”.
L’efficacia di Zurzuvae per il trattamento della PPD negli adulti è stata dimostrata in due studi multicentrici randomizzati, in doppio cieco, controllati con placebo. Le partecipanti allo studio erano donne con PPD che soddisfacevano i criteri del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali per un episodio depressivo maggiore e i cui sintomi erano iniziati nel terzo trimestre o entro quattro settimane dal parto.
I risultati dei due studi
Nel primo studio, i pazienti hanno ricevuto 50 mg di Zurzuvae o placebo una volta al giorno alla sera per 14 giorni. Nel secondo studio, i pazienti hanno ricevuto un altro prodotto zuranolone che era approssimativamente uguale a 40 mg di Zurzuvae o placebo, sempre per 14 giorni. I pazienti sono stati monitorati per almeno quattro settimane dopo il trattamento di 14 giorni. I risultati hanno dimostrato che i pazienti nel gruppo Zurzuvae hanno mostrato un miglioramento significativamente maggiore dei loro sintomi rispetto a quelli nel gruppo placebo, e questo effetto positivo è stato mantenuto al giorno 42, quattro settimane dopo l’ultima dose di Zurzuvae.
Nonostante l’approvazione, ci sono alcune avvertenze importanti riguardanti l’uso di Zurzuvae. L’etichettatura del farmaco indica che potrebbe influire sulla capacità di una persona di guidare e svolgere altre attività potenzialmente pericolose. Inoltre, i pazienti potrebbero non essere in grado di valutare il proprio grado di compromissione, quindi è essenziale prestare attenzione a queste possibili implicazioni. Per ridurre il rischio di danni, i pazienti non devono guidare o utilizzare macchinari pesanti per almeno 12 ore dopo l’assunzione di Zurzuvae.
Alcune avvertenze
Gli effetti collaterali più comuni di Zurzuvae includono sonnolenza, vertigini, diarrea, affaticamento, rinofaringite (il comune raffreddore) e infezione del tratto urinario. Inoltre, è importante notare che l’uso di Zurzuvae può causare pensieri e comportamenti suicidari, quindi deve essere prescritto con attenzione e monitorato attentamente dai professionisti sanitari.
È fondamentale che le donne che assumono Zurzuvae utilizzino una contraccezione efficace durante l’assunzione e per una settimana dopo, poiché il farmaco può causare danni al feto. La dose giornaliera raccomandata per Zurzuvae è di 50 mg e dovrebbe essere assunta una volta al giorno per 14 giorni, preferibilmente la sera con un pasto grasso. Ora si attende l’approvazione dal parte dell’ente europeo, Ema, e della nostra Agenzia del farmaco.
La disponibilità di Zurzuvae come farmaco orale rappresenta una pietra miliare per la salute mentale delle donne che affrontano la PPD. Tuttavia, è importante che i pazienti siano informati sugli effetti collaterali e le precauzioni necessarie, e che consultino sempre il proprio medico prima di iniziare qualsiasi trattamento farmacologico per la PPD.
Sviluppato un codice a barre genetico in grado di tracciare ogni cellula così da poter seguire il tumore al cervello più diffuso e aggressivo
Seguire l’evoluzione del glioblastoma, il tumore cerebrale più aggressivo, è ora possibile grazie a un ‘codice a barre’ genetico. Questa tecnologia, sviluppata dai ricercatori dell‘Irccs Policlinico San Martino di Genova con metodi avanzati di biologia molecolare e modelli computazionali, traccia ogni cellula tumorale nel tempo e nello spazio. I risultati promettenti ottenuti su un modello animale sono stati pubblicati sulla rivista Cancer Cell. Una prospettiva potenzialmente rivoluzionaria per nuove terapie mirate.
Con circa 1.500 nuovi casi l’anno in Italia, il glioblastoma è il tumore cerebrale più diffuso ma anche il più aggressivo e poco conosciuto nelle fasi iniziali. Più frequente negli uomini che nelle donne, rappresenta il 45% di tutti i tumori del cervello. “La terapia è complessa e non offre ancora una soluzione definitiva – osserva Paolo Malatesta, coautore dello studio. Attualmente, l’aspettativa di vita per i pazienti è inferiore a tre anni“.
Per comprendere meglio l’evoluzione della malattia, i ricercatori del San Martino hanno messo a punto un modello di glioblastoma che ha reso possibile tracciare ogni singola cellula neoplastica, nel tempo e nello spazio. “Abbiamo introdotto nelle cellule da monitorare una sorta di codice a barre – spiega Davide Ceresa, altro coautore dello studio. Si tratta di una particolare stringa di DNA che consente di seguirle grazie a sofisticate tecniche di sequenziamento”.
“Le dinamiche di competizione cellulare – aggiunge Ceresa – sembrano giocare un ruolo primario nel determinare lo sviluppo del glioblastoma, anche in stadi più avanzati della sua crescita”. Grazie all’analisi del trascrittoma, ovvero dell’insieme dei geni trascritti, i ricercatori hanno anche identificato nel gene Myc, già noto per il suo ruolo in altri tumori, uno dei maggiori responsabili di questo processo di selezione clonale. La speranza è che i risultati aiutino a trovare informazioni per conoscere e combattere meglio il glioblastoma.
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