I nostri Social

Oncologia

Stress e cancro: esiste una relazione?

Pubblicato

il

stress
Tempo di lettura: 2 minuti

Nel corso degli anni studi internazionali non dimostrano una correlazione diretta dello stress con l’insorgenza della neoplasia, ma piuttosto un ruolo indiretto nella fase di progressione della malattia

Esiste una relazione tra lo stress e il cancro? A domandarselo sono molti, così come sono molti gli studi in merito, specie negli ultimi decenni. In realtà, nessuno sembra essere arrivato a evidenze scientifiche nell’uomo. Eppure, la convinzione che una maggiore vulnerabilità causata da uno stato di stress cronico possa favorire la trasformazione delle cellule sane in cancerogene, mediante danneggiamento del DNA cellulare, è un qualcosa di diffuso. Ripercorriamo la storia degli studi internazionali che si sono occupati di questa ‘presunta’ relazione.

I maggiori studi degli ultimi anni


Negli ultimi anni sono stati pubblicati tre studi sulla relazione mente-cancro. Il primo fu condotto da un gruppo di ricercatori della Ohio University (Usa) nel 2013, rilevando che un programma per la gestione dello stress riduce le recidive e migliora la sopravvivenza di persone colpite da cancro. Il secondo studio, guidato da un team della Loyola University of Chicago, sempre negli States, ha invece evidenziato i cambiamenti in positivo che si realizzano nel sistema immunitario dei pazienti con cancro sottoposti a un intervento di gestione dello stress. Infine, il terzo studio diretto dal gruppo di psicobiologia dell’Università di Londra, spiega invece che lo stress aumenta l’incidenza del cancro e aggrava la sopravvivenza.

Seguendo questi studi, non si può certamente affermare dunque che lo stress da solo possa scatenare una neoplasia. Di sicuro però, lo stress, specialmente se cronico, ha un ruolo indiretto nella fase di progressione del cancro e della sua diffusione nell’organismo. A spiegare bene questa relazione indiretta è Gianluca Castelnuovo, psicologo, psicoterapista e dottore di ricerca in psicologia clinica presso ‘Auxologico IRCCS’

“Stress prolungato nel tempo attiva i ricettori presenti sulle cellule tumorali”


“Una condizione di stress prolungata nel tempo – spiega l’esperto – attiva i ricettori presenti sulle cellule tumorali. O ancora, le favorisce la proliferazione, inibisce i meccanismi deputati ad indurre la morte delle cellule tumorali e ne accresce la sopravvivenza. Inoltre lo stress favorirebbe anche lo sviluppo di nuovi vasi sanguigni che apportano nutrimento al tumore e dei vasi linfatici che favoriscono la migrazione delle cellule tumorali e di conseguenza le metastasi. Inoltre, gli ormoni dello stress possono indurre la resistenza a chemioterapia e immunoterapia”. 

È importante quindi contrastare gli effetti dello stress cronico nei pazienti affetti da tumore con un lavoro di psicoterapia. Per farlo gli specialisti ricorrono ai farmaci ma anche alla ‘mindfulness’, ovvero alla consapevolezza del presente da una angolazione più distaccata. “Aiutare la persona ad individuare soluzioni alternative rappresenta la sfida dello psicoterapeuta che lavora in équipe con l’oncologo – spiega ancora Castelnuovo. Diverse le tecniche da adottare, ognuna deve essere modulata sul singolo del paziente, ma in genere per arrivare all’obiettivo si lavora sullo stile di vita che permette di produrre endorfine e di scaricare energia malsana. O ancora, premere sull’importanza del proprio io e dello spazio da dedicare a sé stessi. Fin dalla presa in carico, lo psicoterapeuta deve portare il paziente oncologico a prendere in mano la propria vita”. 

Potrebbe interessare anche Ecco perché quasi la metà delle morti per cancro è prevenibile

Stress

Oncologia

Strumento di IA identifica casi di tumore al polmone non correlati al fumo

Pubblicato

il

cancro
Tempo di lettura: 2 minuti

Messo a punto un sistema di Intelligenza Artificiale che calcola il pericolo di tumore al polmone con una semplice immagine radiografica del torace. Non rischiano solo i fumatori

Il fumo rimane sicuramente il principale rischio per il tumore al polmone, ma non l’unico. Ad esempio anche l’inquinamento atmosferico può aumentare il pericolo di carcinoma polmonare. In particolare, ogni anno in Italia, secondo i dati dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), si registrano poco più di 40.000 nuove diagnosi di cancro al polmone. Di queste, il 75-80% è attribuibile all’abitudine al fumo di sigaretta. Tuttavia, vi sono casi in cui il tumore si sviluppa anche in individui mai fumatori. In queste circostanze, l’inquinamento atmosferico, in particolare l’esposizione al PM2.5, il particolato atmosferico più fine in grado di penetrare nelle regioni più profonde dell’albero respiratorio, rappresenta il principale fattore di rischio.

Ora, grazie ad un innovativo sistema di intelligenza artificiale, è possibile individuare precocemente anche le forme di tumore al polmone non correlate al fumo di sigaretta. Un recente studio condotto presso la Boston University School of Medicine, che sarà presentato la prossima settimana al meeting annuale della Radiological Society of North America (RSNA), dimostra che l’intelligenza artificiale, utilizzando una comune immagine radiografica del torace, è in grado di riconoscere i non fumatori ad alto rischio di sviluppare il cancro ai polmoni. Questo è particolarmente rilevante, considerando che circa il 20% dei casi di cancro ai polmoni si verifica in individui che non hanno mai fumato o hanno fumato meno di 100 sigarette in tutta la loro vita.

“Un grande vantaggio del nostro approccio è che richiede solo un’immagine di una singola lastra toracica, uno dei test più comuni in medicina e ampiamente disponibile nelle cartelle cliniche” – spiegano gli autori. Il modello “CXR-Lung-Risk” è stato inizialmente sviluppato utilizzando 147.497 lastre toraciche di 40.643 fumatori asintomatici e non fumatori. I ricercatori hanno successivamente convalidato il modello attraverso un test su un gruppo separato di non fumatori, utilizzando lastre toraciche ambulatoriali nel periodo 2013-2014. L’indicatore principale era l’incidenza del cancro ai polmoni entro sei anni. Tra i 17.407 pazienti (età media 63 anni) inclusi nello studio, il 28% è stato identificato come ad alto rischio dallo strumento, e il 2,9% di questi pazienti ha successivamente ricevuto una diagnosi di cancro ai polmoni. Coloro considerati ad alto rischio dallo strumento presentavano un rischio di sviluppare il cancro ai polmoni più che doppio rispetto agli altri.

“Questo strumento di intelligenza artificiale apre la porta allo screening opportunistico per i non fumatori ad alto rischio di cancro ai polmoni, utilizzando le lastre toraciche esistenti nel registro elettronico delle cartelle cliniche” conclude l’autore principale Michael Lu. Poiche’ i tassi di fumo diminuiscono, approcci per rilevare precocemente il cancro ai polmoni tra coloro che non fumano diventeranno sempre più importanti”.

Fonte.

Potrebbe interessare anche Cancro al polmone, farmaco diminuisce il rischio di morte

tumore al polmone

Continua a leggere

Oncologia

Ricercatori cinesi elaborano nuova terapia per il tumore al seno

Pubblicato

il

tumore del seno
Tempo di lettura: 2 minuti

Lo studio condotto dal team cinese è partito dall’analisi degli effetti della chemioterapia standard. Da qui, una grande scoperta

I ricercatori dello Shanghai Jiaotong University Affiliated Sixth People’s Hospital hanno individuato una potenziale terapia innovativa per il tumore al seno, utilizzando sostanze inibitrici della segnalazione Wnt a spettro ristretto. Il lavoro di ricerca, divulgato su Plos Biology, ha avuto inizio con l’analisi degli impatti della chemioterapia standard. Nei casi di alcuni pazienti, questa terapia può provocare lo sviluppo di cellule tumorali simili a cellule staminali, dotate di resistenza ai farmaci.

In precedenza, diversi studi hanno indicato che gli inibitori della segnalazione Wnt possono contrastare tali cellule, ma finora i vantaggi erano offuscati dagli effetti collaterali, soprattutto sulla densità ossea. Questi effetti indesiderati sono attribuiti alle 10 diverse versioni del recettore di segnalazione Wnt presenti nell’organismo umano, ciascuna con funzioni distinte. Recentemente, i ricercatori hanno sviluppato nuovi inibitori della segnalazione Wnt mirati a soli 3 di questi recettori, con l’obiettivo di ridurre gli effetti collaterali.

Al fine di valutarne l’efficacia potenziale nel trattamento del cancro, i ricercatori hanno eseguito una serie di esperimenti utilizzando uno specifico inibitore della segnalazione Wnt a spettro ristretto, denominato TcdBFBD. Questo inibitore è derivato da una tossina naturalmente presente nella specie batterica Clostridium difficile. Gli scienziati lo hanno testato su diversi modelli murini che replicano varie forme di tumore al seno, tra cui il tipo basale e il tipo luminale, riscontrabili nell’uomo.

I risultati hanno mostrato che il TcdBFBD ha efficacemente inibito la crescita tumorale e ridotto l’attività delle cellule tumorali simili alle staminali nei topi, senza causare effetti collaterali sulla densità ossea. Inoltre, è emerso che questo inibitore può agire in sinergia con il chemioterapico standard cisplatino per inibire i tumori al seno, sia di tipo basale sia di tipo luminale, nei topi. Di seguito il commento finale dei ricercatori: “Un frammento di tossina batterica colpisce e sopprime le cellule che danno vita al tumore del cancro al seno e quelle resistenti alla chemio”.

Clicca qui per leggere l’estratto originale dello studio.


Potrebbe interessare anche Cancro al seno: nel nostro Paese l’abuso di alcol è un problema

tumore al seno

Continua a leggere

Oncologia

Tumori pediatrici: la seconda causa di morte under 14

Pubblicato

il

Tempo di lettura: 3 minuti

In occasione della giornata universale del bambino, che si festeggia oggi 20 novembre, approfondiamo la seconda causa di morte per la fascia 0-14 anni. Per fortuna però, grazie alle nuove cure, oltre l’80% dei pazienti guarisce

Ogni anno in Italia, 1.400 bambini compresi tra 0 e 14 anni e circa 800 adolescenti tra i 15 e i 18 anni sono colpiti dai tumori. Questa condizione rappresenta la seconda causa di decesso tra i più giovani (0-14 anni), ma grazie agli avanzamenti nella ricerca e nelle cure, oltre l’80% dei pazienti riesce a guarire. Complessivamente i tumori pediatrici costituiscono circa l’1% di tutte le neoplasie. La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è arrivata a superare l’80% per le leucemie e si attesta attorno al 70% per i tumori solidi, ma c’è ancora molta strada da fare per garantire cure efficaci a tutti i pazienti.

Come si forma

Il tumore è caratterizzato da una crescita rapida e incontrollata di cellule con la capacità di infiltrarsi negli organi e nei tessuti dell’organismo, alterandone la struttura e il funzionamento. Può presentarsi in forma solida, con una massa compatta di tessuto, o ematica, con cellule tumorali presenti nel midollo osseo e nel flusso sanguigno. Le cause dei tumori in età pediatrica sono ancora poco comprese e costituiscono un campo di ricerca significativo nell’oncologia. Fino ad oggi, sono stati identificati fattori di rischio precisi solo in una minoranza dei pazienti (4-6% dei casi), che comprendono sia elementi ambientali che genetici. In rari casi, l’origine del tumore può essere attribuita anche a agenti infettivi. La forma di tumore più comune in età pediatrica è la leucemia acuta (33% dei casi), seguita dai tumori cerebrali (25%) e dai linfomi (15%).

La diagnosi di tumore si avvale di una serie di esami che possono essere sia di laboratorio che strumentali. Gli esami del sangue, la radiografia del torace, l’ecografia, la TC (tomografia computerizzata), la risonanza magnetica, l’aspirato midollare, la puntura lombare, la scintigrafia, la PET con fluorodesossiglucosio e la biopsia sono tutte indagini diagnostiche che si basano su tecniche e principi diversi. Questi esami sono finalizzati a rilevare la presenza di cellule tumorali nell’organismo e a definire sia l’estensione che la tipologia del tumore. Nella guida relativa ad ogni esame utile per ottenere una diagnosi, vengono fornite informazioni su scopo, casi in cui è eseguito, procedura, precauzioni da adottare e grado di invasività per il bambino.

Guarigione sempre più in aumento

I tumori pediatrici sono attualmente affrontati con crescente successo nelle pratiche terapeutiche. Nel corso degli ultimi decenni, la probabilità di guarigione ha registrato un costante e progressivo aumento. Questo miglioramento nei risultati è attribuibile ai progressi della ricerca scientifica e alla maggiore comprensione delle caratteristiche cellulari, metaboliche e molecolari dei tumori pediatrici. Tale conoscenza consente la personalizzazione delle terapie, sfruttando trattamenti farmacologici come la chemioterapia e approcci non farmacologici come la radioterapia e la chirurgia, resi sempre più mirati ed efficaci.

Per alcune categorie di tumori, si dispone oggi di strumenti terapeutici altamente avanzati. Ad esempio, il trapianto di midollo e l’immunoterapia, che coinvolgono anche l’utilizzo di cellule geneticamente modificate per attaccare specificamente il bersaglio tumorale, rappresentano approcci innovativi. In tal senso, i medici italiani hanno svolto un ruolo di promozione, dimostrandosi i pionieri nell’introduzione di queste metodologie all’avanguardia.

Potrebbe interessare anche Glioblastoma: in arrivo nuova terapia genica

Fonti: AIRC Ministero della Salute

tumori pediatrici

Continua a leggere

In evidenza

© Riproduzione riservata - Ne è consentita esclusivamente una riproduzione parziale con citazione della fonte corretta www.italianmedicalnews.it.