L’utilizzo dei test genomici potrebbe alleggerire la pressione ospedaliere e ridurre i costi per le strutture
Un dato preoccupante, legato alla neoplasia più frequente nella popolazione femminile, il cancro al seno. Una donna su nove sviluppa questa patologia ma molte donne non accedono per tempo ai test genomici gratuiti che, in molte circostanze, permettono di evitare chemioterapie inutili. Da un anno esiste un fondo specifico, dedicati ai rimborsi dei test, sbloccato a luglio di quest’anno. Nonostante questo, però, l’accesso ai test non è omogeneo e in pochi ospedali hanno iniziato ad ordinare i test genomici. Durante il 23esimo congresso nazionale, l’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) ha lanciato questo allarme.
Stando all’ultimo rapporto Aiom-Airtum, in Italia c’è stata la diagnosi di circa 55mila nuovi casi di cancro al seno, il 30,3% di tutte le forme tumorali. L’importanza del test genomico sta nel riuscire a esaminare l’attività e l’interazione di alcuni geni e il ruolo svolto nel tumore, fornendo informazioni utili sull’aggressività della malattia, la capacità di diffondersi e rispondere alle terapie. Uno step in più rispetto al normale test genetico che identifica specifiche mutazioni.
Il test genomico ha la capacità di ridurre il ricorso alla chemioterapia adiuvante fino al 75% dei casi, riducendo lo stress fisico e psichico. Non solo, rappresenta anche una sana boccata d’ossigeno per le casse del sistema sanitario con meno farmaci e sale ospedaliere occupate. Nonostante questi esami possano essere rimborsati dalle Regioni, sono ancora poche le strutture che hanno fatto richiesta di test genomici. Ecco perché le Regioni e le Asl territoriali sono chiamate a velocizzare questo processo. Una soluzione per evitare che la cura del cancro al seno non sia affrontata, come spesso accade anche per altre patologie, a macchia di leopardo.
Il trattamento combinato mostra risultati favorevoli, soprattutto riguardo l’aumento del tempo libero da recidiva
In Italia, precisamente presso l’Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione Pascale di Napoli, è stato avviato uno studio clinico di fase III sul vaccino anti-cancro a mRNA di Moderna, focalizzato sui pazienti affetti da melanoma. Questo centro si pone tra i pionieri mondiali nell’esplorare questa rivoluzionaria immunoterapia, anticipando la fase chiave prima della valutazione da parte delle autorità regolatorie. Attualmente, si contano ben 70 farmaci immunoterapici in fase di studio, sia in fase preclinica (sperimentazioni non umane) che clinica. Solo in Italia, si conducono circa 200 studi clinici, di cui 51 sono attualmente in fase attiva di arruolamento, offrendo una nuova e significativa prospettiva terapeutica per i pazienti.
La parola all’esperto
“L’immunoterapia rappresenta la rivoluzione più importante negli ultimi 10 anni in campo oncologico” –dichiara Paolo Ascierto, direttore del dipartimento di oncologia melanoma, immunoterapia oncologica e terapie innovative dell’Istituto Nazionale dei Tumori Irccs Fondazione Pascale di Napoli. “Abbiamo iniziato con il melanoma e ora molti farmaci, come i cosiddetti inibitori dei checkpoint immunitari, sono utilizzati contro altri tipi di tumore, come quello del rene, della vescica e dei polmoni. Con molta probabilità avverrà la stessa cosa per i vaccini a mRna: cominceremo con il melanoma per poi estenderne l’utilizzo contro altre forme di cancro”.
“Il vaccino – prosegue l’esperto – si basa sulla stessa tecnologia adottata per quelli contro il Covid. Utilizza cioè mRna sintetici progettati per istruire il sistema immunitario a riconoscere specifiche proteine, chiamati neoantigeni, che sono espressione di mutazioni genetiche avvenute nelle cellule malate. Il suo scopo non è quello di prevenire la malattia ma di aiutare e supportare il sistema immunitario dei pazienti a riconoscere e ad attaccare più efficacemente il tumore”.
A distanza di due anni dalla somministrazione di questo vaccino, i dati evidenziano una diminuzione del rischio di recidiva o morte del 44% nei pazienti che lo hanno ricevuto in combinazione con il ben noto farmaco immunoterapico pembrolizumab.“Ci vorrà qualche anno prima di avere i risultati finali di quest’ultima fase dello studio clinico – precisa Ascierto. “La nostra speranza è quella di poter dare una nuova e più efficace opzione terapeutica a quanti più pazienti possibili”.
Grazie all’Intelligenza artificiale è possibile sapere in anticipo se una donna con tumore al seno beneficerà o meno di un trattamento, specie quelli chemioterapici
Grazie all’Intelligenza Artificiale, ora è possibile capire da subito se una donna con cancro al seno trarrà beneficio da un trattamento. Un team di ricercatori della Northwestern University, negli Usa, ha sviluppato un nuovo strumento basato sull’IA che potrebbe evitare trattamenti chemioterapici non necessari. Questo strumento utilizza valutazioni precise dei tessuti delle pazienti, consentendo una migliore previsione del decorso della malattia. Ciò potrebbe portare a una riduzione della durata o dell’intensità della chemioterapia, basata su valutazioni più accurate, riducendo così potenziali effetti collaterali come nausea o danni al cuore. Lo studio che presenta questo nuovo strumento è stato pubblicato sulla rivista Nature Medicine.
“Il nostro studio dimostra l’importanza delle componenti non tumorali nel determinare l’esito di un paziente” – dichiara l’autore principale, Lee Cooper. “L’importanza di questi elementi era nota da studi biologici, ma questa conoscenza non era stata effettivamente tradotta in uso clinico” – ha aggiunto.
Solitamente, quando viene diagnosticato un cancro al seno, il patologo analizza il tessuto tumorale per valutarne l’aspetto anomalo. Questa procedura, chiamata classificazione, si concentra sull’aspetto delle cellule tumorali ed è rimasta pressoché invariata per decenni. Il “grado”, determinato dal patologo, viene impiegato per guidare la scelta del trattamento per il paziente.
Il nuovo strumento: un modello di intelligenza artificiale che analizza il tessuto canceroso basandosi su immagini digitali
Diversi studi sulla biologia del cancro al seno hanno evidenziato il ruolo significativo delle cellule non cancerose, comprese quelle del sistema immunitario e strutturali del tessuto, nell’incoraggiare o limitare la crescita tumorale. Cooper e il suo team hanno sviluppato un modello di intelligenza artificiale che analizza il tessuto canceroso basandosi su immagini digitali. Questa valutazione comprende l’aspetto delle cellule cancerose e non cancerose, oltre alle loro interazioni. Il sistema di intelligenza artificiale esamina 26 proprietà diverse del tessuto mammario per generare un punteggio prognostico complessivo. Inoltre, fornisce punteggi individuali per le cellule tumorali, immunitarie e stromali, spiegando il punteggio complessivo al patologo. L’adozione di questo nuovo modello potrebbe offrire alle pazienti con diagnosi di cancro al seno una stima più precisa del rischio associato alla malattia, consentendo loro di prendere decisioni informate sulla gestione clinica.
In aggiunta, questo modello può contribuire a valutare la risposta alla terapia. Ciò consentirebbe di personalizzare il trattamento in base all’evolversi dell’aspetto microscopico del tessuto nel tempo. Ad esempio, il sistema potrebbe rilevare l’efficacia del sistema immunitario del paziente nel contrastare il cancro durante la chemioterapia, offrendo così la possibilità di adeguare la durata o l’intensità del trattamento stesso. Lo studio è stato condotto in collaborazione con l’American Cancer Society (ACS), che ha sviluppato un set di dati unico attraverso studi sulla prevenzione, compreso, ovviamente, pazienti affetti da cancro al seno.
Clicca qui per leggere l’estratto originale dello studio.
Messo a punto un sistema di Intelligenza Artificiale che calcola il pericolo di tumore al polmone con una semplice immagine radiografica del torace. Non rischiano solo i fumatori
Il fumo rimane sicuramente il principale rischio per il tumore al polmone, ma non l’unico. Ad esempio anche l’inquinamento atmosferico può aumentare il pericolo di carcinoma polmonare. In particolare, ogni anno in Italia, secondo i dati dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), si registrano poco più di 40.000 nuove diagnosi di cancro al polmone. Di queste, il 75-80% è attribuibile all’abitudine al fumo di sigaretta. Tuttavia, vi sono casi in cui il tumore si sviluppa anche in individui mai fumatori. In queste circostanze, l’inquinamento atmosferico, in particolare l’esposizione al PM2.5, il particolato atmosferico più fine in grado di penetrare nelle regioni più profonde dell’albero respiratorio, rappresenta il principale fattore di rischio.
Ora, grazie ad un innovativo sistema di intelligenza artificiale, è possibile individuare precocemente anche le forme di tumore al polmone non correlate al fumo di sigaretta. Un recente studio condotto presso la Boston University School of Medicine, che sarà presentato la prossima settimana al meeting annuale della Radiological Society of North America (RSNA), dimostra che l’intelligenza artificiale, utilizzando una comune immagine radiografica del torace, è in grado di riconoscere i non fumatori ad alto rischio di sviluppare il cancro ai polmoni. Questo è particolarmente rilevante, considerando che circa il 20% dei casi di cancro ai polmoni si verifica in individui che non hanno mai fumato o hanno fumato meno di 100 sigarette in tutta la loro vita.
“Un grande vantaggio del nostro approccio è che richiede solo un’immagine di una singola lastra toracica, uno dei test più comuni in medicina e ampiamente disponibile nelle cartelle cliniche” – spiegano gli autori. Il modello “CXR-Lung-Risk” è stato inizialmente sviluppato utilizzando 147.497 lastre toraciche di 40.643 fumatori asintomatici e non fumatori. I ricercatori hanno successivamente convalidato il modello attraverso un test su un gruppo separato di non fumatori, utilizzando lastre toraciche ambulatoriali nel periodo 2013-2014. L’indicatore principale era l’incidenza del cancro ai polmoni entro sei anni. Tra i 17.407 pazienti (età media 63 anni) inclusi nello studio, il 28% è stato identificato come ad alto rischio dallo strumento, e il 2,9% di questi pazienti ha successivamente ricevuto una diagnosi di cancro ai polmoni. Coloro considerati ad alto rischio dallo strumento presentavano un rischio di sviluppare il cancro ai polmoni più che doppio rispetto agli altri.
“Questo strumento di intelligenza artificiale apre la porta allo screening opportunistico per i non fumatori ad alto rischio di cancro ai polmoni, utilizzando le lastre toraciche esistenti nel registro elettronico delle cartelle cliniche” – conclude l’autore principale Michael Lu.Poiche’ i tassi di fumo diminuiscono, approcci per rilevare precocemente il cancro ai polmoni tra coloro che non fumano diventeranno sempre più importanti”.