Da una ricerca australiana un’altra conferma dei benifici dell’esercizio fisico per le pazienti con tumore del seno
Il tumore del seno è la principale causa di morte per cancro della popolazione femminile mondiale oltre ad essere la neoplasia più diagnosticata tra le donne. Nel corso degli ultimi tre decenni, l’incidenza è aumentata del 3,1% l’anno. La radioterapia è una cura che utilizza radiazioni ad alta energia con l’intento di distruggere le cellule tumorali, e al tempo stesso di non arrecare danno ai tessuti sani. Nel trattamento dei tumori della mammella si usa più frequentemente per eliminare eventuali focolai di cellule tumorali rimasti dopo l’intervento. Secondo un recente studio, una corretta attività fisica può rendere il trattamento con radioterapia del tumore del seno più tollerabile per le pazienti.
Il risultato emerge da uno studio condotto da un team di ricercatori della Edith Cowan University, in Australia. La radioterapia è una componente importante del trattamento del tumore del seno. Essa, però, può portare a stanchezza e avere quindi un impatto negativo sulla qualità di vita delle pazienti. Lo studio australiano ha incluso 89 donne, delle quali 43 hanno completato un programma di 12 settimane, con esercizi settimanali di una o due sessioni di attività di resistenza fisica mista ad esercizi aerobici. Le restanti donne hanno invece costituito il gruppo di controllo e non hanno svolto alcun tipo di esercizio.
E’ quindi emerso che le pazienti che svolgevano attività fisica si riprendevano più facilmente dalla stanchezza correlata al cancro durante e dopo la radioterapia rispetto al gruppo di controllo. Si registrava dunque un significativo aumento della qualità di vita. Inoltre, nessun evento avverso è stato riportato. Come dichiarato dagli autori dello studio, infatti, le pazienti hanno riferito di essersi sentite bene fino a 12 mesi dalla fine dei programma di esercizio.
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Nel nostro Paese non sembrerebbero implementate in modo omogeneo le tecnologie ‘Next generation sequencing’ e i ‘Molecolar Tumor Board’
Le tecnologie ‘Next generation sequencing (NGS)’, ovvero dei test di profilazione genomica in grado di analizzare l’intero genoma umano, e i ‘Molecular Tumor Board (MTB)’, dei team interdisciplinari di esperti dedicati all’interpretazione clinica dei nuovi dati disponibili, sono le nuove frontiere per la gestioni dei tumori. Purtroppo però, tali cure oncologiche non sono implementate in modo omogeneo in Italia. Una disparità che potenzialmente mette a rischio le pari opportunità di accesso alle terapie innovative per i pazienti.
È un dato di fatto che l’offerta dei servizi è eterogenea. Nei Centri specializzati per terapie oncologiche il sequenziamento di nuova generazione (NGS) èutilizzato solo nel 50% dei casi. I ‘Molecular Tumor Board (MTB)’ sono presenti a macchia di leopardo, in 13 regioni su 19 e con una grande variabilità di modelli organizzativi. Sono questi i principali risultati emersi dalla Survey nazionale condotta dal Collegio Italiano dei Primari Oncologici Ospedalieri (CIPOMO) nell’ambito del Progetto Oncologia di Precisione. I risultati sono inoltre visibili sulla rivista internazionale ‘The Oncologist’.
Complessivamente hanno partecipato all’indagine 129 Direttori di Dipartimenti di Oncologia medica di 19 regioni italiane, rappresentativi di oltre il 98,5% della popolazione e di diverse istituzioni, tra cui aziende sanitarie (45,1%), ospedali pubblici (36,3%), ospedali universitari pubblici (10,6%), istituti scientifici di ricerca (3,5%) e professionisti privati (0,9%).
I risultati emersi
Vediamo qualche dato nel particolare. Nelle strutture che utilizzano il sequenziamento NGS, i laboratori sono collocati nell’81,4% dei casi internamente alla struttura o nella rete regionale. Solo il 18,6% si rivolge ai servizi privati. Per quanto concerne gli aspetti legati al rimborso, la maggior parte degli intervistati (57,7%) non sapeva se la propria Regione avesse definito tariffe specifiche per questo tipo di analisi.
Per quanto riguarda i MTB, dalla Survey emerge che erano presenti e formalmente decretati in 12 regioni: Piemonte, Liguria, Lombardia, Friuli Venezia-Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Campania e Sicilia. In Puglia (la tredicesima) era presente ma non ancora formalmente decretato. Il 43,7% dei professionisti afferma di non aver mai avuto bisogno di segnalare al MTB casi per consulenza. O ancora, il 32,4% ritiene che l’attuale organizzazione delle MTB nel proprio contesto non soddisfi le proprie esigenze.
Chiedendo ai professionisti quale sia il livello più opportuno per l’istituzione di un MTB è emerso che il 38,6% preferirebbe un MTB regionale. Il 43,6% riterrebbe più funzionale invece quello intraregionale e il 17,8% considera invece che la coesistenza di una MTB locale per l’attività clinica di routine e di un MTB regionale di coordinamento possa essere la soluzione migliore. Altro tassello problematico è quello relativo alla registrazione delle attività cliniche dei MTB, fattore fondamentale. Tuttavia, il 31,3% degli intervistati ha riportato di non essere a conoscenza dell’esistenza di un database per le discussioni di MTB e il 26,9% ha affermato di non utilizzarne alcuno.
Il parere del Presidente Luigi Cavanna
A commentare l’intera situazione è il Presidente del CIPOMO, Luigi Cavanna. “Sulla base di questa analisi le istituzioni di Governo possono trarre utili spunti per affinare i provvedimenti e per applicarli nei diversi ambiti. Bisogna tener conto degli elementi essenziali necessari per rendere l’Oncologia di Precisione fruibile a tutti i potenziali destinatari. Tra questi – ha spiegato Cavanna – la popolazione e l’estensione geografica. Ma anche i modelli organizzativi, le esperienze già in corso e le dinamiche di veloce e evoluzione delle conoscenze”.
Tra il 2018 e il 2023, i tassi di mortalità per il cancro sono in calo del 6,5% negli uomini e del 3,7% nelle donne. Il dato emerge dai risultati di uno studio pubblicato sulla rivista scientifica ‘Annals of Oncology’
All’interno dell’Unione Europea, e nel Regno Unito, diminuiscono i decessi per cancro. Tra il 2018 e il 2023 si stima in un calo del 6,5% nei tassi di mortalità per tumore negli uomini e del 3,7% nelle donne. Nel 2023 nell’Unione Europea (UE) i decessi attesi per tumore dovrebbero essere circa 1.262.000, mentre nel Regno Unito poco più di 170.000. In realtà però non tutti i dati emersi sono confortevoli. Infatti, si prevede un aumento per alcuni tumori nelle donne dell’UE: in particolare un aumento del 3,4% per il tumore al pancreas e dell’1% per quello del polmone.
Sono queste le stime di uno studio condotto da un gruppo di ricercatori internazionali guidati da Carlo La Vecchia, docente di epidemiologia presso l’Università Statale di Milano con la collaborazione dell’Università di Bologna e il sostegno della Fondazione Airc. I risultati dello studio sono pubblicati sulla rivista scientifica ‘Annals of Oncology’.
I metodi utilizzati dal team di esperti
I ricercatori hanno analizzato i tassi di mortalità per tumore in tutti i paesi nell’UE, in particolare nei suoi cinque Paesi più popolosi (Francia Germania, Italia, Polonia e Spagna) e nel Regno Unito. Il team di esperti ha studiato, per entrambi i sessi, i dati di mortalità per i dieci principali tipi di tumore, ossia stomaco, intestino, pancreas, polmone, mammella, utero, ovaio, prostata, vescica e leucemie. Per arrivare ad un analisi così dettagliata hanno fatto uso della certificazione dei decessi per cancro e i dati sulla popolazione dell’Oms e quelli dei database Eurostat per il periodo 1970-2018. È il tredicesimo anno consecutivo in cui viene pubblicato questa tipologia di studio.
Per il 2023 si prevedono dunque andamenti favorevoli per i tassi di mortalità di cancro in gran parte dei Paesi europei. In particolare, rispetto al picco di mortalità per cancro del 1988, i ricercatori stimano che, grazie agli andamenti favorevoli osservati e previsti tra il 1989 e il 2023, nell’UE saranno stati evitati circa 5,9 milioni di morti e circa 1,24 milioni nel Regno Unito.
Il commento del coordinatore Carlo La Vecchia
“Se l’attuale tendenza favorevole dovesse continuare – commenta La Vecchia – un’ulteriore riduzione del 35% entro il 2035 sarebbe possibile. La forte cessazione del consumo di tabacco ha contribuito a questi andamenti. Per mantenerli nel tempo sono necessari ulteriori sforzi ma la strada è quella giusta. Dobbiamo migliorare l’utilizzo degli screening per diagnosi precoce, fattore fondamentale per la lotta contro il cancro”.
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I radioligandi si legano in maniera precisa alle cellule tumorali per poterle poi colpire con radiazioni terapeutiche causandone la morte
Legarsi in maniera precisa alle cellule tumorali per poterle colpire con radiazioni terapeutiche causandone la morte. È questa la strategia usata dalla terapia con radioligandi, approccio esemplare della medicina di precisione e personalizzata: precisa perché colpisce in modo mirato le cellule malate; personalizzata perché ogni paziente riceve un farmaco preparato appositamente.
“La terapia con radioligandi colpisce in maniera mirata le cellule tumorali – afferma Marco Maccauro, dell’Istituto Nazionale Tumori Milano. La terapia agisce grazie all’azione combinata di una molecola cosiddetta ‘carrier’, in grado di riconoscere e legarsi specificamente ai recettori ad elevata affinità espressi sulle cellule neoplastiche. È una terapia che presenta un livello di selettività superiore rispetto alle altre terapie sistemiche oncologiche. Il profilo di sicurezza e la tollerabilità sono elevati poiché il radiofarmaco si lega quasi esclusivamente alle cellule malate. Inoltre le radiazioni provocano effetto su aree molto circoscritte”.
Impatto positivo sulla sopravvivenza e sulla qualità di vita del paziente
La terapia con radioligandi permette quindi di modulare l’effetto che si intende raggiungere, in modo da distruggere le cellule malate con estrema precisione. Infatti, agendo su tumori localizzati in aree su cui altrimenti sarebbe difficile intervenire, si limitano gli effetti collaterali e i danni funzionali alle strutture circostanti. Il tutto si traduce in un impatto positivo sulla sopravvivenza e anche sulla qualità di vita del paziente, come nel caso del tumore alla prostata. Il trattamento con radioligandi apre nuove prospettive in termini di cura proprio per il cancro alla prostata. Parliamo di una delle neoplasie più diffuse al mondo, nonché prima per diffusione in Italia, rappresentando il 19,8% di tutti i tumori diagnosticati nell’uomo.
La terapia con radioligandi rappresenta anche un’evoluzione della medicina nucleare e il più innovativo modello di medicina personalizzata che combina diagnostica e terapia, ovvero la teragnostica. La medesima e peculiare capacità di mirare selettivamente lo specifico ligando espresso dalle cellule cancerose, viene usato anche nella diagnostica per immagini di precisione. Ciò permette ai medici di individuare le cellule tumorali, scegliere le terapie personalizzate e monitorare i progressi della terapia.