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Tumori metastatici del colon-retto: l’immunoterapia come cura efficace

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Secondo i risultati dello studio clinico Arethusa più pazienti potranno essere curati con l’immunoterapia per contrastare i tumori metastatici del colon-retto

Il tumore del colon-retto è un cancro che si forma nei tessuti del colon o del retto. Colon e retto fanno parte dell’intestino, l’organo che assorbe le sostanze nutritive assunte con il cibo. Secondo le stime GLOBOCAN 2020, il tumore del colon-retto rappresenta il 10% di tutti i tumori diagnosticati nel mondo, ed è terzo per incidenza dopo il cancro del seno femminile (11,7%) e del polmone (11,4%). Secondo i risultati dello studio clinico Arethusa , sostenuto anche da Fondazione Airc, questo tipo di tumore può essere curato con l’immunoterapia.

Si tratta di uno studio in fase II sul tumore del colon-retto, condotto con un approccio diagnostico-terapeutico inedito da Università degli Studi di Torino, IFOM – Istituto Fondazione di Oncologia Molecolare ETS, Ospedale Niguarda e Università degli Studi di Milano. Lo studio è stato inoltre possibile anche grazie a Fondazione AIRC che ha sostenuto il programma speciale ‘5 per 1000’ coordinato da Alberto Bardelli

La metodologia dello studio

Nel corso dello studio i ricercatori hanno individuato una strategia terapeutica la quale consente di trattare i tumori metastatici con l’immunoterapia. La prospettiva è quella di estendere le aspettative di vita dei pazienti e bloccare la progressione tumorale. Si tratta di un esempio concreto di sinergia tra ricerca e clinica. Nello specifico, è stato utilizzato un metodo che ha combinato biopsia liquida e biopsia tissutale, selezionando 80 pazienti che soddisfacevano i requisiti di uno screening molecolare effettuato su 500 tumori.

Per molti pazienti con diagnosi di tumore con metastasi, l’immunoterapia rappresenta la strategia terapeutica più efficace prolungare le aspettative di vita. Nonostante ciò nel caso dei tumori metastatici del colon-retto sono pochi i pazienti che possono avvantaggiarsene. Questo perché oltre il 90% di questa tipologia di tumori sono resistenti all’immunoterapia. Ma lo studio di fase II Arethusa ha dimostrato che è possibile, anche con l’immunoterapia, contrastare il tumore in questione. I risultati per ora sono soddisfacenti. Bisognerà ora attendere conferme e ricerche più ampie affinché questo studio e dunque l’immunoterapia, diventi uno strumento concreto anche contro i tumori metastatici del colon-retto. 

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Melanoma, vaccino e immunoterapia funzionano: lo studio

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Il trattamento combinato mostra risultati favorevoli, soprattutto riguardo l’aumento del tempo libero da recidiva  

In Italia, precisamente presso l’Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione Pascale di Napoli, è stato avviato uno studio clinico di fase III sul vaccino anti-cancro a mRNA di Moderna, focalizzato sui pazienti affetti da melanoma. Questo centro si pone tra i pionieri mondiali nell’esplorare questa rivoluzionaria immunoterapia, anticipando la fase chiave prima della valutazione da parte delle autorità regolatorie. Attualmente, si contano ben 70 farmaci immunoterapici in fase di studio, sia in fase preclinica (sperimentazioni non umane) che clinica. Solo in Italia, si conducono circa 200 studi clinici, di cui 51 sono attualmente in fase attiva di arruolamento, offrendo una nuova e significativa prospettiva terapeutica per i pazienti.

La parola all’esperto

“L’immunoterapia rappresenta la rivoluzione più importante negli ultimi 10 anni in campo oncologico” – dichiara Paolo Ascierto, direttore del dipartimento di oncologia melanoma, immunoterapia oncologica e terapie innovative dell’Istituto Nazionale dei Tumori Irccs Fondazione Pascale di Napoli. “Abbiamo iniziato con il melanoma e ora molti farmaci, come i cosiddetti inibitori dei checkpoint immunitari, sono utilizzati contro altri tipi di tumore, come quello del rene, della vescica e dei polmoni. Con molta probabilità avverrà la stessa cosa per i vaccini a mRna: cominceremo con il melanoma per poi estenderne l’utilizzo contro altre forme di cancro”.

“Il vaccino – prosegue l’esperto – si basa sulla stessa tecnologia adottata per quelli contro il Covid. Utilizza cioè mRna sintetici progettati per istruire il sistema immunitario a riconoscere specifiche proteine, chiamati neoantigeni, che sono espressione di mutazioni genetiche avvenute nelle cellule malate. Il suo scopo non è quello di prevenire la malattia ma di aiutare e supportare il sistema immunitario dei pazienti a riconoscere e ad attaccare più efficacemente il tumore”.

A distanza di due anni dalla somministrazione di questo vaccino, i dati evidenziano una diminuzione del rischio di recidiva o morte del 44% nei pazienti che lo hanno ricevuto in combinazione con il ben noto farmaco immunoterapico pembrolizumab.“Ci vorrà qualche anno prima di avere i risultati finali di quest’ultima fase dello studio clinico – precisa Ascierto. “La nostra speranza è quella di poter dare una nuova e più efficace opzione terapeutica a quanti più pazienti possibili”.

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L’intelligenza artificiale e il suo aiuto per le pazienti con cancro al seno

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Grazie all’Intelligenza artificiale è possibile sapere in anticipo se una donna con tumore al seno beneficerà o meno di un trattamento, specie quelli chemioterapici

Grazie all’Intelligenza Artificiale, ora è possibile capire da subito se una donna con cancro al seno trarrà beneficio da un trattamento. Un team di ricercatori della Northwestern University, negli Usa, ha sviluppato un nuovo strumento basato sull’IA che potrebbe evitare trattamenti chemioterapici non necessari. Questo strumento utilizza valutazioni precise dei tessuti delle pazienti, consentendo una migliore previsione del decorso della malattia. Ciò potrebbe portare a una riduzione della durata o dell’intensità della chemioterapia, basata su valutazioni più accurate, riducendo così potenziali effetti collaterali come nausea o danni al cuore. Lo studio che presenta questo nuovo strumento è stato pubblicato sulla rivista Nature Medicine.

“Il nostro studio dimostra l’importanza delle componenti non tumorali nel determinare l’esito di un paziente” dichiara l’autore principale, Lee Cooper. “L’importanza di questi elementi era nota da studi biologici, ma questa conoscenza non era stata effettivamente tradotta in uso clinico” – ha aggiunto.

Solitamente, quando viene diagnosticato un cancro al seno, il patologo analizza il tessuto tumorale per valutarne l’aspetto anomalo. Questa procedura, chiamata classificazione, si concentra sull’aspetto delle cellule tumorali ed è rimasta pressoché invariata per decenni. Il “grado”, determinato dal patologo, viene impiegato per guidare la scelta del trattamento per il paziente.

Il nuovo strumento: un modello di intelligenza artificiale che analizza il tessuto canceroso basandosi su immagini digitali

Diversi studi sulla biologia del cancro al seno hanno evidenziato il ruolo significativo delle cellule non cancerose, comprese quelle del sistema immunitario e strutturali del tessuto, nell’incoraggiare o limitare la crescita tumorale. Cooper e il suo team hanno sviluppato un modello di intelligenza artificiale che analizza il tessuto canceroso basandosi su immagini digitali. Questa valutazione comprende l’aspetto delle cellule cancerose e non cancerose, oltre alle loro interazioni. Il sistema di intelligenza artificiale esamina 26 proprietà diverse del tessuto mammario per generare un punteggio prognostico complessivo. Inoltre, fornisce punteggi individuali per le cellule tumorali, immunitarie e stromali, spiegando il punteggio complessivo al patologo. L’adozione di questo nuovo modello potrebbe offrire alle pazienti con diagnosi di cancro al seno una stima più precisa del rischio associato alla malattia, consentendo loro di prendere decisioni informate sulla gestione clinica.

In aggiunta, questo modello può contribuire a valutare la risposta alla terapia. Ciò consentirebbe di personalizzare il trattamento in base all’evolversi dell’aspetto microscopico del tessuto nel tempo. Ad esempio, il sistema potrebbe rilevare l’efficacia del sistema immunitario del paziente nel contrastare il cancro durante la chemioterapia, offrendo così la possibilità di adeguare la durata o l’intensità del trattamento stesso. Lo studio è stato condotto in collaborazione con l’American Cancer Society (ACS), che ha sviluppato un set di dati unico attraverso studi sulla prevenzione, compreso, ovviamente, pazienti affetti da cancro al seno.

Clicca qui per leggere l’estratto originale dello studio.

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Strumento di IA identifica casi di tumore al polmone non correlati al fumo

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Messo a punto un sistema di Intelligenza Artificiale che calcola il pericolo di tumore al polmone con una semplice immagine radiografica del torace. Non rischiano solo i fumatori

Il fumo rimane sicuramente il principale rischio per il tumore al polmone, ma non l’unico. Ad esempio anche l’inquinamento atmosferico può aumentare il pericolo di carcinoma polmonare. In particolare, ogni anno in Italia, secondo i dati dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), si registrano poco più di 40.000 nuove diagnosi di cancro al polmone. Di queste, il 75-80% è attribuibile all’abitudine al fumo di sigaretta. Tuttavia, vi sono casi in cui il tumore si sviluppa anche in individui mai fumatori. In queste circostanze, l’inquinamento atmosferico, in particolare l’esposizione al PM2.5, il particolato atmosferico più fine in grado di penetrare nelle regioni più profonde dell’albero respiratorio, rappresenta il principale fattore di rischio.

Ora, grazie ad un innovativo sistema di intelligenza artificiale, è possibile individuare precocemente anche le forme di tumore al polmone non correlate al fumo di sigaretta. Un recente studio condotto presso la Boston University School of Medicine, che sarà presentato la prossima settimana al meeting annuale della Radiological Society of North America (RSNA), dimostra che l’intelligenza artificiale, utilizzando una comune immagine radiografica del torace, è in grado di riconoscere i non fumatori ad alto rischio di sviluppare il cancro ai polmoni. Questo è particolarmente rilevante, considerando che circa il 20% dei casi di cancro ai polmoni si verifica in individui che non hanno mai fumato o hanno fumato meno di 100 sigarette in tutta la loro vita.

“Un grande vantaggio del nostro approccio è che richiede solo un’immagine di una singola lastra toracica, uno dei test più comuni in medicina e ampiamente disponibile nelle cartelle cliniche” – spiegano gli autori. Il modello “CXR-Lung-Risk” è stato inizialmente sviluppato utilizzando 147.497 lastre toraciche di 40.643 fumatori asintomatici e non fumatori. I ricercatori hanno successivamente convalidato il modello attraverso un test su un gruppo separato di non fumatori, utilizzando lastre toraciche ambulatoriali nel periodo 2013-2014. L’indicatore principale era l’incidenza del cancro ai polmoni entro sei anni. Tra i 17.407 pazienti (età media 63 anni) inclusi nello studio, il 28% è stato identificato come ad alto rischio dallo strumento, e il 2,9% di questi pazienti ha successivamente ricevuto una diagnosi di cancro ai polmoni. Coloro considerati ad alto rischio dallo strumento presentavano un rischio di sviluppare il cancro ai polmoni più che doppio rispetto agli altri.

“Questo strumento di intelligenza artificiale apre la porta allo screening opportunistico per i non fumatori ad alto rischio di cancro ai polmoni, utilizzando le lastre toraciche esistenti nel registro elettronico delle cartelle cliniche” conclude l’autore principale Michael Lu. Poiche’ i tassi di fumo diminuiscono, approcci per rilevare precocemente il cancro ai polmoni tra coloro che non fumano diventeranno sempre più importanti”.

Fonte.

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