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Tumori della testa e del collo: parte la quarta edizione della campagna promossa da AIOCC

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Tumori della testa e del collo: parte la quarta edizione della campagna promossa da AIOCC

Quarta edizione della campagna si sensibilizzazione sulla diagnosi precoce dei tumori della testa e del collo. Dal 20 al 24 settembre è in programma la quarta edizione di #tienilatestasulcollo. L’evento è promosso dall’Associazione Italiana di Oncologia Cervico-Cefalica (AIOCC) in occasione della campagna europea Make Sense Campaign 2021. “Ignorare i sintomi non cancella il problema. Nei tumori testa-collo un controllo può salvare la vita”: è questo il messaggio presentato in Senato su iniziativa della Senatrice Rizzotti.

Campagna completamente digitale! A causa della pandemia avverrà attraverso un portale web con il quale sarà possibile prenotare dei video consulti gratuiti con i medici dei centri specialistici italiani che hanno aderito alla campagna. Un momento nel quale sarà possibile confrontarsi e, in alcuni casi, individuare anche casi in fase precoce, come accaduto nelle precedenti edizioni. Possibile utilizzare anche la piattaforma www.tienilatestasulcollo.aiocc.it compilare un questionario anonimo per valutare la presenza ed eventuale gravità di alcuni sintomi. Da qui si può passare al video consulto con uno specialista.

Emerge chiaro il concetto che la diagnosi precoce resta uno strumento fondamentale anche per l’individuazione dei tumori della testa e del collo. Studi recenti hanno portato alla luce il fatto che ogni anno ci sono oltre 10mila nuovi casi diagnosticati con una maggioranza nella popolazione maschile. Cala anche l’età con casi tra i più giovani e forse questo è dovuto a un legame con le infezioni da Papilloma Virus (HPV). L’importanza della diagnosi precoce sta nel fatto che, se individuato per tempo e in assenza di interessamento linfonodale, le neoplasie hanno una percentuale di guarigione molto alta.

Roberto Maroldi, presidente AIOCC e Direttore U.O.C. Radiologia 2, Spedali Civili di Brescia, sulle colonne de Il Sole 24 Ore, spiega:

 “Nel 2020 i decessi per le neoplasie maligne che hanno avuto origine nelle vie aereo-digestive superiori sono stati oltre 3.000, il 30% dei pazienti. La storia personale di moltissimi tra loro avrebbe potuto essere molto differente, perché quando il tumore è identificato in una fase precoce il tasso di guarigione è molto più alto, superiore all’80%, ma i ritardi nella diagnosi, causati probabilmente dalla pandemia, li vediamo ancora in questi mesi”.

“Gonfiore al collo, mal di gola, bruciore o lesioni nel cavo orale, raucedine persistente, deglutizione dolorosa e fastidiosa e conseguente malnutrizione e dimagrimento, naso chiuso da una narice e/o sanguinamento dal naso, mal d’orecchie.

In presenza di uno di questi sintomi che perdurano per almeno tre settimane, non bisogna perdere tempo e chiedere subito un consulto medico. L’invito è di usufruire dell’opportunità dei video consulti a disposizione durante la campagna: un controllo e una diagnosi precoce possono salvare la vita”.

La Prof.ssa Lisa Licitra, socio AIOCC e Direttore SC Oncologia medica 3 – Tumori Testa – Collo, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori Milano, spiega:

“La presenza delle raccomandazioni relative ai tumori testa-collo contenute nel piano oncologico europeo Beating Cancer Plan è per noi motivo di estrema soddisfazione”. “Nel documento si fa riferimento al sostegno della prevenzione riguardo alcol e fumo e si raccomanda di raggiungere una copertura vaccinale HPV per il 90% delle donne e l’estensione della vaccinazione anche ai giovani uomini. Abbiamo a cuore che a queste raccomandazioni venga dato seguito in Italia. Mentre l’Europa ha costituito e reso operative le reti europee sui tumori rari, l’Italia non ha ancora dato seguito alle azioni deliberate nel 2017 dalla Conferenza Stato-Regioni attraverso le quali si potrebbe rendere operativa la Rete Nazionale Tumori Rari che si dovrebbe interfacciare anche con quella europea. Auspichiamo che ci si possa arrivare in tempi brevi”.

Roberto Persio, Consigliere Nazionale AILAR (Associazione Italiana Laringectomizzati OdV), sottolinea:

“Diventa quindi importante pensare anche a un piano oncologico nazionale per supportare i pazienti nella cura con l’obiettivo di riportarli a una qualità di vita buona. Occorre raccordare il lavoro della Rete Nazionale sui Tumori Rari con quello di Euracan, e redigere il Piano Oncologico Nazionale con sollecitudine senza trascurare i percorsi di assistenza e riabilitazione e la qualità della vita dei malati, come sottolineato nel EU Beating Cancer Plan. Il ruolo delle associazioni in questo è determinante, quindi occorre ripristinare al più presto le attività dei volontari caregiver dentro e fuori dagli ospedali”.

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Tumore al rene, in 5 anni migliorata la sopravvivenza in Italia

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Negli ultimi cinque anni nel nostro Paese le persone vive dopo la diagnosi di tumore al rene sono aumentate in modo significativo

Negli ultimi cinque anni, in Italia, le persone vive dopo la diagnosi di tumore al rene sono aumentate del 15%. Erano circa 125.000 nel 2018, fino a diventare 144.400 nel 2022. Inoltre, oltre il 50% dei pazienti diagnosticati in fase precoce guarisce. Nel 30% dei casi la malattia è individuata in fase avanzata o metastatica e in un altro 25-30% si ripresenta dopo l’intervento chirurgico eseguito con intento curativo. 

A fare il punto sono l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) e l’Associazione Nazionale Tumore del Rene (Anture), che dal Congresso della Società Americana di Oncologia Clinica (Asco) in corso a Chicago, hanno lanciato la campagna nazionale di sensibilizzazione.

Un tempo le opzioni terapeutiche erano scarse, anche perché in questo tipo di neoplasia la chemioterapia è da sempre poco efficace e il suo utilizzo è scarso. Oggi però vi sono numerosi strumenti efficaci da inserire in una strategia di cura che vede chirurgia, terapie mirate e immunoterapia, migliorando in maniera significativa la gestione di controllo della neoplasia metastatica.

Le parole del Presidente AIOM

A commentare il grande risultato è il Presidente AIOM, Saverio Cinieri“L’incremento della sopravvivenza e del numero di pazienti vivi dopo la diagnosi del tumore al rene è dovuto all’introduzione delle terapie mirate innovative e dell’immunoncologia che, in quasi vent’anni, hanno permesso di contrastare con successo anche i casi di malattia in fase avanzata. L’innovazione terapeutica – ha spiegato l’esperto – ha rivoluzionato la pratica clinica. Con la nostra campagna vogliamo migliorare il livello di consapevolezza dei pazienti e dei cittadini sui progressi della ricerca. Il tutto, senza dimenticare il ruolo degli stili di vita. È infatti dimostrato che l’attività fisica è in grado di ridurre fino al 22% il rischio di sviluppare malattia. Anche nei pazienti che hanno già ricevuto la diagnosi – conclude il presidente AIOM – il movimento fisico può migliorare del 15% i risultati dei trattamenti”.

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Tumori del cervello: in arrivo nuove efficaci terapie

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I tumori del cervello sono tra i più temuti e difficili da trattare. Ora però, grazie alla ricerca, nuove armi stanno arrivando per combatterli

I tumori del cervello, come glioma e glioblastoma, sono al centro di vari studi presentati al Congresso della Società americana di oncologia clinica (Asco). Proprio dagli Usa giunge un segnale di speranza per questi pazienti. Parliamo infatti di neoplasie relativamente rare e che, per questo, hanno ad oggi un armamentario terapeutico ancora ridotto. Il glioblastoma è il tumore del cervello maligno più frequente nell’adulto ed ogni anno in Italia ne sono colpite circa 1.500 persone. I gliomi, invece, insorgono soprattutto in età pediatrica, con un picco tra i 5 e i 10 anni di età, e se ne contano alcune decine di casi l’anno nel nostro Paese. Al congresso Asco, i riflettori si sono accesi su queste neoplasie con due studi di grande rilevanza.

Studio Indigo di fase 3

Il primo, lo studio Indigo di fase 3, ha dimostrato l’efficacia di una nuova molecola (vorasidenib), in grado di ritardare la progressione della malattia o la morte nei pazienti con glioma di grado 2 con mutazione genetica Idh, che interessa circa l’80% di questi malati. Lo studio ha coinvolto 331 pazienti (dai 16 ai 71 anni) provenienti da 10 paesi, che avevano subito un intervento chirurgico ma nessun altro trattamento.

La buona notizia è che il nuovo farmaco ha ritardato la progressione della malattia ed è stato ben tollerato. In particolare, il periodo di sopravvivenza libero da progressione della malattia ha infatti raggiunto i 27,7 mesi rispetto a 11,1 mesi per il placebo, ritardando in modo significativo il trattamento successivo. Questi risultati “rappresentano un significativo passo avanti nel trattamento ed hanno il potenziale per rivoluzionare la cura di questa malattia. Il nostro studio – spiega il primo autore Ingo Mellinghoff, del Memorial Sloan Kettering Cancer Center – mostra infatti che andando a colpire la mutazioni Idh con vorasidenib si ritarda significativamente la crescita del tumore e la necessità di terapie più tossiche”. 

“Ciò è clinicamente significativo – prosegue l’esperto –  perché i pazienti con diagnosi di glioma di grado 2 con mutazioni Idh sono tipicamente giovani e sani. Dunque, i risultati di questo studio offrono la possibilità di cambiare il paradigma del trattamento e potrebbero portare alla prima nuova terapia mirata per il glioma di basso grado“. Attualmente, sono allo studio anche combinazioni della molecola con altri farmaci sia nel glioma di basso che in quello di alto grado.

La terapia ‘Ttfields’

Altro risultato presentato all’Asco riguarda la terapia basata sull’utilizzo di campi elettrici che inibiscono la divisione delle cellule tumorali e che vengono inviati nella regione colpita dal cancro attraverso un dispositivo medico portatile, la cosiddetta terapia Ttfields. Questa ha dimostrato di aumentare la sopravvivenza dei pazienti con glioblastoma di nuova diagnosi: lo conferma il primo studio di real world in questo campo, cioè di ‘vita reale’ in cui vengono inclusi pazienti non selezionati.

La sopravvivenza mediana, spiega Matthew Ballo, medical director al West Cancer Center & Research Institute di Memphis“è stata di 22,2 mesi per i pazienti che hanno ricevuto Ttfields rispetto a 17,3 mesi per i pazienti che non l’hanno ricevuta. Dico ai miei pazienti – afferma Ballo – che questa è una parte importante dello standard di cura, che consiste in radiazioni, chemio e Ttfields, perché questo approccio si traduce nel miglior risultatoInoltre, il dispositivo crea un campo elettromagnetico che interferisce con qualsiasi cellula in rapida divisione, quindi ha utilità non solo nel glioblastoma – spiega l’esperto. Le indagini hanno mostrato l’attività di Ttfields in più tumori, come nel carcinoma polmonare non a piccole cellule metastatico al cervello, carcinoma polmonare, pancreatico, epatocellulare, ovarico e nel mesotelioma”. 

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Cancro al colon: ricerca scopre nuova potenziale causa

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Un team di ricercatori della Georgetown University di Washington si è concentrato su determinati cambiamenti in atto nei microbiomi intestinali di alcuni pazienti, scoprendo inedite informazioni 

I casi di cancro al colon sono sempre più in aumento negli ultimi anni, soprattutto nelle fasce più giovali della popolazione. Per questo motivo, un gruppo di esperti della Georgetown University di Washington ha deciso di indagare a fondo la questione, concentrandosi sui cambiamenti in atto nei microbiomi intestinali dei giovani. Dalle analisi è emerso che nei tumori dei pazienti più giovani si trovava spesso il fungo Cladosporium sp., in percentuale significativamente maggiore rispetto ai pazienti più anziani. Il fungo non è un ospite abituale dell’intestino umano. In sua presenza si verificano difficoltà digestive oltre a poter causare infezioni della pelle e delle unghie.

Benjamin Weinberg, esperto di cancro gastrointestinale e co-autore della ricerca, spiega: “Molte persone anno la colpa a obesità e diabete. Ma abbiamo questi pazienti sani e giovani che hanno un cancro colorettale molto avanzato”. Il team americano ha esaminato campioni di tessuto di 63 pazienti con meno di 45 anni o con più di 65, controllando il Dna dei microrganismi nei tumori per cercare eventuali differenze a livello di microbioma intestinale. È emersa così la presenza diffusa del fungo Cladosporium sp. fra i più giovani. Per quanto riguarda i batteri, invece, non sono emerse differenze particolari.

L’ipotesi dei ricercatori è che il fungo possa causare un danno al Dna cellulare e propiziare così la mutazione delle cellule da sane a cancerose. La teoria più diffusa e accettata nel mondo scientifico finora è quella dello stile di vita alterato, con consumo di alcol, poca attività fisica e alimentazione squilibrata. Un fenomeno che certamente ha contribuito all’aumento dei casi di cancro, ma che non spiega il fatto che per alcuni tipi di cancro si sia registrata invece una diminuzione nel tempo. La ricerca americana mostra quindi la possibilità di un altro fattore che non era stato preso in considerazione e che invece potrebbe aver contribuito in maniera decisiva all’aumento dell’incidenza dei tumori, e di quello del colon in particolare.

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