Il nuovo vaccino a Rna messaggero nella sperimentazione clinica di fase 1 ha provocato un aumento della risposta immunitaria dei pazienti
Un nuovo vaccino a mRna personalizzato aumenta le speranze contro la forma più diffusa e aggressiva di cancro al pancreas: l’adenocarcinoma duttale pancreatico. In particolare, nella sperimentazione clinica di fase 1 il nuovo vaccino ha provocato un aumento della risposta immunitaria dei pazienti. Inoltre ha ritardato la recidiva nella metà dei casi, quando usato in combinazione con altri trattamenti. Il vaccino è stato messo a punto dal Centro per il cancro Memorial Sloan Kettering di New York, in uno studio pubblicato sulla rivista ‘Nature’.
Si alimentano dunque le aspettative per questo approccio, contro i tumori e non solo: il vaccino segue infatti le orme della terapia contro il melanoma sviluppata dall’azienda farmaceutica Moderna, basata sulla stessa tecnologia del vaccino anti-Covid e in uno stadio avanzato di sperimentazione. L’adenocarcinoma duttale pancreatico è la forma più diffusa di tumore al pancreas. Si tratta di una patologia molto aggressiva, con tassi di sopravvivenza molto bassi e una prognosi di solito inferiore ai 5 anni: una combinazione di terapie chirurgiche e di altro tipo possono ritardare un po’ la recidiva, ma con scarse percentuali di successo.
Tuttavia, studi recenti hanno mostrato che la maggior parte dei pazienti affetti da questa tipologia di cancro presenta elevati livelli di antigeni nuovi. Gli antigeni sono proteine situate sulla superficie delle cellule che emergono sui tumori in seguito a mutazioni del DNA. Tali proteine, quindi, possono diventare il bersaglio di terapie vaccinali personalizzate, con l’obiettivo di migliorare l’esito delle cure. Infatti, i progressi nella tecnologia dell’Rna messaggero compiuti dall’inizio della pandemia di Covid ad oggi hanno inaugurato una nuova fase nel campo dei vaccini. Non solo contro varie forme di cancro, ma anche per le malattie cardiache, infettive e autoimmuni.
È questa la strada intrapresa anche dai ricercatori guidati Luis Rojas e Zachary Sethna, che hanno somministrato a 16 pazienti il loro vaccino a mRna insieme a chemioterapia e immunoterapia, avviando un trial clinico di fase I. Lo scopo di questa fase della sperimentazione è soprattutto quello di studiare la sicurezza del farmaco e la presenza di eventuali effetti collaterali. Per questo solitamente i partecipanti sono soggetti sani, ma in questo caso gli autori dello studio hanno coinvolto persone già malate.
I risultati mostrano un aumento della risposta immunitaria nel 50% dei pazienti, correlata anche a tempi più lunghi di ricadute dopo 18 mesi, mentre i soggetti che non hanno avuto miglioramenti nell’attività del sistema immunitario hanno sperimentato un peggioramento della patologia dopo una media di 13,4 mesi. Secondo gli autori dello studio, questi dati sono sufficienti per passare alla fase successiva della sperimentazione, coinvolgendo un campione molto più grande.
Clicca qui per leggere i risultati originali dello studio.
A rivelare il dato è un nuovo studio pubblicato su Scientific Reports. “Questi risultati evidenziano il potenziale del vaccino antinfluenzale come strategia aggiuntiva nella prevenzione delle malattie cardiovascolari” – scrivono gli autori
L’investimento nella vaccinazione antinfluenzale si presenta sempre come una scelta sagace per migliorare il benessere complessivo. Secondo una recente pubblicazione su Scientific Reports, infatti, la somministrazione del vaccino antinfluenzale non solo riduce il rischio di contrarre l’influenza stagionale, ma si associa anche a una diminuzione significativa del rischio di infarto e mortalità legata a malattie cardiovascolari.
“Questi risultati evidenziano il potenziale della vaccinazione antinfluenzale come strategia aggiuntiva nella prevenzione delle malattie cardiovascolari” – osservano i coordinatori della ricerca Fatemeh Omidi e Tala Sarmastzadeh, entrambi della Shahid Beheshti University of Medical Sciences di Teheran. “Tuttavia, per chiarire gli effetti benefici osservati, sono necessarie ulteriori ricerche sui meccanismi all’origine di quanto abbiamo visto”.
La ricerca ha coinvolto un campione complessivo di 9.059 pazienti, di cui 4.529 sottoposti a vaccinazione antinfluenzale e 4.530 che hanno ricevuto un placebo. Tra coloro che hanno ricevuto il vaccino, si è notata una significativa diminuzione degli eventi cardiovascolari, registrando 517 casi rispetto ai 621 del gruppo che aveva ricevuto il placebo. Qualora futuri studi confermassero tali risultati, i vaccini antinfluenzali potrebbero rappresentare un ulteriore strumento per mitigare gli impatti negativi legati a condizioni quali ipertensione, ischemia, fibrillazione atriale, ictus, endocarditi e altre patologie cardiovascolari. Queste ultime, in generale, costituiscono la principale causa di decessi a livello globale.
Serviranno comunque ulteriori ricerche, considerando che esistono punti di vista divergenti riguardo all’impatto della vaccinazione antinfluenzale sulle malattie cardiovascolari. Mentre alcuni studi osservazionali suggeriscono una correlazione favorevole tra vaccinazione antinfluenzale e riduzione dell’incidenza di eventi cardiovascolari, studi epidemiologici indicano invece un’efficacia limitata.
Clicca quiper leggere l’estratto originale dello studio.
Una recente survey condotta dall’AIOM evidenzia la scarsa informazione tra i pazienti oncologici sull’importanza dei vaccini nel percorso di cura
Il 20% dei pazienti affetti da cancro in Italia non ha mai discusso di vaccini con il proprio oncologo e si sente carentemente informato su questo aspetto. Il 56%, invece, non conosce i rischi di una mancata immunizzazione. O ancora, addirittura l’80% non è al corrente del fatto che una vaccinazione appropriata possa influire positivamente sui risultati delle terapie anti-tumorali. Inoltre, solo uno su dieci tra i malati è consapevole che la vaccinazione anti Herpes Zoster è fortemente raccomandata. Questi, sono i risultati i di un sondaggio condotto su oltre 500 pazienti dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM).
La parola agli esperti
“Vogliamo fornire informazioni certificate a supporto dei malati di cancro e sensibilizzare la popolazione e i clinici circa l’importanza dei vaccini – afferma il Presidente dell’AIOM, Saverio Cinieri. Grazie alle nuove terapie e alla diagnosi precoce, le prospettive di guarigione dai tumori sono migliori rispetto al passato. Tuttavia, le cure possono avere controindicazioni, ed è fondamentale riuscire a tutelare la salute e il benessere dei pazienti sia durante che dopo i trattamenti. In quest’ottica rientrano alcune vaccinazioni che sono fortemente raccomandate per i malati e tutti coloro con cui stanno a stretto contatto. Le immunizzazioni consigliate sono: l’antinfluenzale, l’anti-pneumococcica, l’anti-Sars-CoV-2 e l’anti-Herpes Zoster”.
Il fuoco Sant’Antonio” – sottolinea Nicola Silvestris, Consigliere Nazionale Aiom – è un’infezione che solitamente si manifesta attraverso un’eruzione cutanea a forma di placca ricoperta da piccole vescicole pruriginose dal contenuto liquido. E’ una diretta conseguenza del Virus Varicella Zoster e si calcola che oltre il 99% degli adulti over 40 anni sia entrato in contatto con l’agente patogeno. Di questi, una persona su tre è a rischio di sviluppare almeno un episodio di Herpes Zoster nella vita. Ma il rischio risulta raddoppiato per le persone con un sistema immunitario compromesso come i pazienti oncologici sottoposti a chemioterapia, nei quali la bassa risposta immunitaria aumenta la probabilità di contrarre il virus. Inoltre si verifica una diffusione più ampia delle lesioni alla pelle, una maggiore durata dell’infezione e possono sviluppare infezioni batteriche concomitanti. Può anche esserci un coinvolgimento di altri organi con complicanze addirittura fatali”.
“Per questo è di fondamentale importanza l’immunizzazione – evidenzia Angioletta Lasagna, Oncologa al San Matteo di Pavia – Ora è disponibile un vaccino ‘ricombinante adiuvato’ che può essere utilizzato anche da tutti i pazienti oncologici, inclusi gli immunocompromessi. L’efficacia resta costante e risulta del 97% nei cinquantenni e del 91% nelle persone ultra-settantenni. E’ stata valutata in persone a cui sono state somministrate due dosi a distanza di due mesi”.
Il progetto AIOM
Il programma sui vaccini promosso da AIOM prevede la distribuzione di un opuscolo informativo destinato a caregiver e pazienti, che sarà diffuso in tutti i centri di oncologia medica in Italia. Parallelamente, è stato prodotto uno spot e lanciata una campagna sui canali social ufficiali di AIOM. In aggiunta, si organizzerà un tutorial mediatico dedicato ai giornalisti per approfondire la tematica. “Dall’indagine emerge chiaramente quanto sia necessario informare e sensibilizzare sull’utilizzo dei vaccini in oncologia – conclude il presidente Cinieri. AIOM è da sempre molto attenta a questo tema che riteniamo sottovalutato e che invece necessita di maggiore attenzione da parte di tutti”.
Un gruppo di esperti ha scoperto che i soggetti sottoposti al vaccino antinfluenzale beneficiavano di una riduzione del rischio di Alzheimer che può arrivare al 40%
Non solo offre una difesa contro l’influenza, ma anche una diminuzione del rischio di sviluppare l’Alzheimer: stiamo parlando del vaccino antinfluenzale. Questo è quanto emerge da una ricerca pubblicata sul Journal of Alzheimer’s Disease condotta da un team della McGovern Medical School della UTHealth Houston e coordinata dal professore di neurologia Paul E. Schulz.
Tutto è nato dopo che I ricercatori americani hanno seguito da vicino l’insorgenza dell’Alzheimer in un campione di anziani di età superiore ai 65 anni che avevano partecipato alle campagne di vaccinazione negli Stati Uniti. Utilizzando i vaccini contro l’herpes zoster come esempio, gli scienziati hanno constatato che coloro che avevano ricevuto il vaccino mostravano una riduzione del rischio di Alzheimer del 25% dopo 8 anni. Percentuali simili sono emerse con riguardo al vaccino contro tetano/difterite e pertosse (-30%) e a quello anti-pneumococcico (-27%).
Ma la vera scoperta è la seguente. Un’analisi condotta sulla popolazione immunizzata contro l’influenza, che ha coinvolto due gruppi di 935.887 persone ciascuno, ha rivelato che la vaccinazione annuale contro l’influenza per tre anni consecutivi comporta una riduzione del rischio di demenza del 20% nei successivi 4-8 anni. Inoltre, con una vaccinazione protratta per 6 anni consecutivi, il rischio si abbassava addirittura del 40%.
Il meccanismo molecolare responsabile di questa protezione non è ancora completamente compreso, ma la teoria prevalente suggerisce che le vaccinazioni possano ostacolare infezioni potenzialmente dannose per la salute del cervello. Alcuni virus, infatti, possono causare infiammazione delle membrane coinvolgendo direttamente il sistema nervoso. Un’ulteriore ipotesi sostiene che i vaccini possano addestrare il sistema immunitario a gestire in modo più efficiente le placche amiloidi, il cui accumulo è correlato al malfunzionamento cerebrale nei pazienti affetti da Alzheimer.
Clicca quiper leggere l’estratto originale dello studio.