Appena partita negli Stati Uniti la sperimentazione per l’elaborazione di un vaccino unico contro il Covid e l’influenza. I test sono condotti da Pfizer e BioNTech
Ufficialmente partita la sperimentazione per il vaccino unico anti Covid e influenza. A condurre i test, appena avviati negli Stati Uniti, sono la nota azienda farmaceutica statunitense Pfizer e l’azienda tedesca di biotecnologia e biofarmaceutica BioNTech. L’obiettivo, attraverso la tecnologia a mRNA, è rivoluzionare il modo di vaccinare ma anche, in un futuro non troppo lontano, quello di affrontare malattie come i tumori. Valentina Marino, direttore medico di Pfizer Italia, ha spiegato i meccanismi della sperimentazione e i grandissimi benefici che possono derivare dalla tecnologia mRNA.
“È da poco partita – spiega l’esperta – la sperimentazione clinica di fase 1, condotta da Pfizer e BioNTech, per un vaccino anti Covid aggiornato a Omicron 4 e 5 combinato con quello per l’influenza stagionale. Il vaccino si somministrerà con una sola iniezione. A renderlo possibile è la tecnologia mRNA (acido ribonucleico messaggero) che è in grado di adattarsi facilmente a nuove varianti, visto che virus di influenza e Covid mutano velocemente. Ci sono inoltre sperimentazioni avviate anche per la cura di Hiv e tubercolosi”.
L’mRNA per la cura dei tumori
Sono in corso anche ricerche per un possibile utilizzo dell’mRNA per la cura di tumori. “L’mRNA – prosegue Marino – permette di spegnere ciò che è alla base dell’insorgenza di una malattia o di un tumore. Essendo molto adattabile permette di targettizzare, ad esempio, le cellule di melanoma, tumore della prostata o ovocitario. È iniziata la corsa: man man che avremo dati potremo portare vaccini e cure nuove”.
La pandemia ha dimostrato che per affrontare alcune sfide della ricerca serve la collaborazione di diversi soggetti. Così è accaduto per lo sviluppo del vaccino contro il Sars-Cov-2. “BioNTech, azienda piccola e dinamica, da tre anni stava studiando la tecnologia a mRNA, mentre Pfizer da decenni investe in ricerca su vaccini innovativi” – ha spiegato ancora Marini.
“La collaborazione tra le due – ha proseguito l’esperta – ha portato in breve tempo ad un vaccino. Ma il merito è da attribuire anche ai volontari che hanno accettato di prendere parte alla sperimentazione e anche alle tecnologie avanzate che hanno il permesso il monitoraggio della malattia in tempo reale. Così i dati sono stati subito raccolti e messi a disposizione delle aziende regolatorie. E i risultati sono arrivati presto alla popolazione”.
Il vaccino ha prodotto anticorpi potenti e cellule immunitarie EBV-specifiche, rimaste attive per almeno 7 mesi dopo la vaccinazione
Il virus di Epstein Barr (EBV) potrebbe essere prevenuto grazie a un nuovo vaccino in fase di sperimentazione. È quanto emerge da un lavoro del Berghofer Medical Research Institute di Brisbane (Australia) dall’esperto Vijayendra Dasari. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature Communications.
Il virus di Epstein Barr causa febbre con interessamento dei linfonodi. La sua sua caratteristica principale è che, a differenza di altri virus, rimane latente nell’organismo e non viene mai del tutto eliminato. Secondo recenti ricerche, il virus potrebbe anche favorire lo sviluppo della sclerosi multupla, del linfoma di Hodgkin e di alcuni tumori del naso e della gola. I ricercatori australiani hanno ideato un vaccino che ha come bersaglio i linfonodi, testandone l’efficacia su modello animale.
Il vaccino ha prodotto anticorpi potenti e cellule immunitarie EBV-specifiche, rimaste attive per almeno 7 mesi dopo la vaccinazione. Il vaccino si è dimostrato in grado di indurre un’immunità che ha permesso di controllare la diffusione dei tumori associati al virus e la crescita tumorale in un modello animale di linfoma.
Clicca quiper leggere i risultati originali dello studio.
Per aumentarne l’efficacia i ricercatori hanno combinato il vaccino con un adiuvante che stimola le cellule immunitarie specifiche del fegato
In arrivo un nuovo vaccino per la malaria basato sulla tecnologia a RNA messaggero (mRNA), quella esplosa nel periodo di sviluppo dei vaccini anti-Covid. È questa la proposta di scienziati dell’Istituto di Ricerca Ferriere del Malaghan Institute of Medical Research. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista ‘Nature Immunology’.
“Grazie a questa sinergia, siamo stati in grado di progettare e convalidare un esempio di vaccino a base di mRNA che funziona generando cellule di memoria residenti nel fegato in un modello di malaria“ – afferma Gavin Painter dell’Istituto di Ricerca Ferrier. Questo dimostra l’enorme potenziale della tecnologia dell’RNA nella risoluzione di alcuni dei più grandi problemi di salute del mondo e la crescente capacità e competenza nello sviluppo di vaccini a base di mRNA qui in Nuova Zelanda e in Australia”.
“Il nostro vaccino basato su peptidi per la malaria ha avuto successo e mirava solo a piccoli frammenti proteici di una proteina della malaria, mentre i vaccini a base di mRNA codificano un’intera proteina della malaria – spiega Lauren Holz, co-autrice dello studio. Si tratta di un grosso punto di forza perché significa che possiamo generare una risposta immunitaria più ampia e protettiva”.
Una particolare strategia
Il gruppo di esperti ha anche utilizzato una particolare tattica. Per aumentare l’efficacia hanno combinato il vaccino con un adiuvante che stimola le cellule immunitarie specifiche del fegato. Questo ingrediente aggiuntivo aiuta a localizzare la risposta del vaccino a base di RNA nel fegato. Il fegato è un sito chiave per prevenire lo sviluppo e la maturazione del parassita nel corpo.
“Quando il parassita entra per la prima volta nel flusso sanguigno, viaggia fino al fegato dove si sviluppa e matura prima di infettare le cellule del sangue, momento in cui compaiono i sintomi della malattia – aggiunge il dottor Mitch Ganley. A differenza del vaccino per Covid-19, che agisce neutralizzando gli anticorpi, il nostro approccio unico si basa su cellule T che svolgono un ruolo critico nell’immunità. In particolare, un tipo di cellula T, chiamata cellula T di memoria residente nei tessuti, arresta l’infezione da malaria nel fegato per fermarne completamente la difussione”.
Un ulteriore grande vantaggio
“Un gran numero di vaccini contro la malaria sottoposti a prove hanno funzionato molto bene nei modelli animali o quando sono stati somministrati a persone che non avevano avuto la malaria in precedenza, ma non hanno avuto successo quando somministrati a persone che vivono in regioni endemiche per la malaria – spiega ancora la Dottoressa Holz. Al contrario, il nostro vaccino è ancora in grado di generare cellule immunitarie protettive specifiche del fegato e fornire protezione anche quando i modelli animali sono stati pre-esposti alla malattia“. Secondo l’esperta, il vantaggio di questo tipo di vaccino sta nel non essere influenzato dalla precedente esposizione alla malaria.
I ricercatori ora cercheranno di ottenere l’efficacia del vaccino con studi clinici sull’uomo.
Progetto di ricerca europeo, a cui partecipa anche l’Iss, è pronto a sviluppare dei vaccini nasali contro una serie di infezioni virali
Si tratta di una delle sfide maggiormente sentite fra i ricercatori del settore infettivologia: riuscire a sviluppare vaccini nasali in grado di sbarrare le porte di ingresso di virus e batteri che provocano infezioni respiratorie. Una sfida complessa, come evidenziato dagli sforzi messi in campo durante la pandemia.
A questo traguardo lavora adesso anche l’Istituto superiore di sanità (Iss). L’Iss ha infatti spiegato in una nota di essere partner di Nosevac, un progetto di ricerca innovativo per lo sviluppo di vaccini nasali contro le infezioni causate dai batteri S. pneumoniae (Stereptococcus pneumoniae) e B. pertussis (Bordetella pertussis) oltre che i virus influenzali e il noto Covid-19.
Nato sotto il coordinamento dell’European Vaccine Initiative, il progetto Nosevac è stato affidato a un pool di esperti composto da 12 team di ricerca provenienti dall’Ue, dalla Svizzera e dal Regno Unito. L’obiettivo è quello di sviluppare formulazioni vaccinali contenenti proteine o Rna relativi ad antigeni dei batteri e virus che infettano il tratto respiratorio superiore. In particolare, nei prossimi cinque anni il consorzio lavorerà per creare un vaccino nasale bivalente verso lo Streptococcus pneumoniae e la Bordetella pertussis. Un altro sarà diretto contro virus influenzali e Sars-CoV-2.
Ottimizzare nuove strategie vaccinali per combattere le infezioni
“Ci si aspetta che Nosevac apra un filone di ricerca strategico volto a combattere i patogeni respiratori con un alto rischio endemico” – spiega l’Iss. L’esperta Eliana Marina Coccia, responsabile scientifica Iss per il progetto, ha rilasciato importanti dichiarazioni in merito. “Il progetto affrontaun tema di grande attualità – afferma l’esperta. Ovvero quello di ottimizzare nuove strategie vaccinali per combattere le infezioni respiratorie ad alto rischio epidemico verso cui è necessario stimolare una risposta protettiva nelle alte vie respiratorie, punto di ingresso dei patogeni. In questo contesto il Dipartimento di malattie infettive dell’Iss rappresenta un partner particolarmente attento alla lotta contro le infezioni emergenti e riemergenti verso cui sono in corso diversi studi relativi alla patogenesi, ai meccanismi di immunoevasione e antibiotico-resistenza”.
L’approccio basato sulla messa a punto di formulazioni per vaccinazioni intranasali nasce dall’esigenza di stimolare un’immunità mucosale per prevenire non solo l’infezione ma anche la colonizzazione microbica, eventi non ben controllati dalle vaccinazioni intramuscolo o sottocutanee. All’interno di Nosevac, l’Iss è leader del task per la caratterizzazione dei candidati vaccinali utilizzando modelli in vitro basati su cellule primarie umane, in virtù della sua competenza di settore.
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