La xerosi cutanea (indicata anche come xeroderma, pelle secca o asteatosi) è tra le diagnosi dermatologiche più comuni nella popolazione generale. In particolar modo si riscontra tra gli anziani con una prevalenza che va dal 30 al 75%.
Rappresenta il sintomo principale di alcune condizioni della pelle come la psoriasi o la dermatite atopica. Può essere anche di tipo patologico quando legata a una determinata patologia o a un trattamento medico, come nel caso del paziente diabetico.
Il trattamento della xerosi è centrato sul mantenimento dell’idratazione cutanea, con l’utilizzo di creme particolarmente dense a base di vaselina e oli.
Per i pazienti che sviluppano la dermatite delle mani può essere necessario l’uso di corticosteroidi topici per ridurre l’infiammazione e mantenere la barriera cutanea.
La xerosi e i nuovi protocolli di cura sono tra gli argomenti principali trattati nel corso “Conoscere la dermocosmesi: esigenze cutanee e trattamento per la protezione e riparazione della pelle”, il nuovo percorso di formazione gratuita FAD ECM in dermocosmesi a cura di IMR –Italian Medical Research e realizzato con il contributo non condizionante di La Roche Posay.
Il farmaco lebrikizumab blocca il segnale di IL-13, una citochina cruciale nella patogenesi della dermatite atopica da moderata a grave
Possibile una nuova opzione terapeutica per la dermatite atopica. Si tratta di lebrikizumab, anticorpo monoclonale sperimentale che blocca il segnale di IL-13, una citochina che gioca un ruolo chiave nella patogenesi della dermatite atopica da moderata a grave. Il farmaco si è dimostrato efficace nel migliorare i sintomi della malattia rispetto al placebo in due trial di fase III pubblicati sul New England Journal of Medicine. La dermatite atopica è la malattia infiammatoria cronica della pelle più diffusa. Presenta una prevalenza mondiale di circa il 20% tra i bambini e dal 2 al 7% tra gli adulti. Questa patologia è associata a compromissione della qualità di vita per via di un importante impatto psico-sociale sui pazienti.
Fra i trattamenti di prima linea ci sono emollienti e glucocorticoidi topici. Nelle forme più gravi si aggiunge la terapia sistemica e la fototerapia. Nonostante i progressi però, la malattia non è ancora sotto controllo dal punto di vista farmacologico. Lebrikizumab è un anticorpo monoclonale che lega selettivamente la citochina IL-13 solubile con una bassa velocità di dissociazione e un’elevata potenza. Esso è in grado di prevenire la formazione del complesso eterodimero di segnalazione. Tale complesso è formato dalla subunità alfa del recettore della IL-4 e la subunità alfa1 del recettore della IL-13.
Il commento dei ricercatori
“I risultati di uno studio clinico di fase IIb, multicentrico, randomizzato e di precedenti studi di fase IIb hanno convalidato il ruolo critico della segnalazione della IL-13 nella patogenesi della dermatite atopica e confermato la necessità di ulteriori studi – hanno premesso i ricercatori guidati da Jonathan Silverberg, direttore della ricerca clinica nel dipartimento di dermatologia presso la George Washington University. “In questa analisi riportiamo i risultati di efficacia e sicurezza delle prime 16 settimane di due studi di fase IIIdella durata di 52 settimane sulla monoterapia con lebrikizumab”.
I due studi, ADvocate1 e ADvocate2, sono stati disegnati in maniera identica. Entrambi includevano un periodo di induzione di 16 settimane e un periodo di mantenimento di 36 settimane. I pazienti eleggibili con dermatite atopica da moderata a grave (adulti ≥18 anni di età] e adolescenti (da 12 a 18 anni e peso ≥40 kg) sono stati assegnati in modo casuale in rapporto 2:1 a ricevere lebrikizumab a una dose di 250 mg (dose di carico di 500 mg al basale e alla settimana 2) o placebo, somministrati per via sottocutanea ogni 2 settimane. L’endpoint primario era il raggiungimento di un punteggio IGA (Investigator’s Global Assessment) di 0 o 1 (pelle libera o quasi libera da lesioni). Il tutto con una riduzione di almeno 2 punti rispetto al basale alla settimana.
“I risultati di questi studi confermano il ruolo centrale della IL-13 nella patogenesi della dermatite atopica. Inoltre, rispetto a dupilumab, che si lega alla subunità α del recettore della IL-4 condivisa dai complessi recettoriali delle IL-4 e 13, lebrikizumab e tralokinumab si legano direttamente alla IL-13”, hanno commentato i ricercatori. “Contrariamente a tralokinumab, lebrikizumab non interferisce con la subunità α2 del recettore della citochina. Studi in vitro suggeriscono che abbia un’affinità di legame più elevata e una velocità di dissociazione più lenta rispetto a tralokinumab”.
Si sono registrati eventi avversi lievi o moderati nella maggior parte dei casi che non hanno causato l’interruzione dello studio. Nel gruppo trattato con il farmaco si è registrata un’incidenza più alta di congiuntivite rispetto al gruppo placebo. Il profilo di sicurezza del farmaco è apparso coerente con i risultati dei trial precedenti.
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La xerosi e i nuovi protocolli di cura sono tra gli argomenti principali trattati nel percorso di formazione gratuita FAD ECM in dermocosmesi a cura di IMR – Italian Medical Research
La xerosi cutanea (indicata anche come xeroderma, pelle secca o asteatosi) è tra le diagnosi dermatologiche più comuni nella popolazione generale. Ciò vale in particolar modo tra gli anziani con una prevalenza che va dal 30 al 75%. Rappresenta il sintomo principale di alcune condizioni della pelle come la psoriasi o la dermatite atopica. Può essere anche di tipo patologico quando legata a una determinata patologia o a un trattamento medico, come nel caso del paziente diabetico.
Il trattamento della xerosi è centrato sul mantenimento dell’idratazione cutanea, con l’utilizzo di creme particolarmente dense a base di vaselina e oli. Per i pazienti che sviluppano la dermatite delle mani può essere necessario l’uso di corticosteroidi topici per ridurre l’infiammazione e mantenere la barriera cutanea. La xerosi e i nuovi protocolli di cura sono tra gli argomenti principali trattati nel corso “Conoscere la dermocosmesi: esigenze cutanee e trattamento per la protezione e riparazione della pelle”. Si tratta del nuovo percorso di formazione gratuita FAD ECM in dermocosmesi a cura di IMR – Italian Medical Research. Il corso FAD è realizzato con il contributo non condizionante di La Roche Posay.
L’Associazione Dermatologi-Venerologi Ospedaleri Italiani e della Sanità Pubblica ha attivato un servizio di supporto e assistenza per pazienti psoriasici vittime di ‘dispersione sanitaria’
La pandemia ha causato nel corso del tempo più sospensioni di attività ospedaliere ritenute non urgenti. Uno dei campi più colpiti sotto questo punto di vista è quello dermatologico. Ciò ha avuto un notevole impatto sulla qualità di vita e di cura delle persone colpite da patologie croniche come la psoriasi. E’ per queste ragioni che L’Associazione Dermatologi-Venerologi Ospedalieri Italiani e della Sanità Pubblica – Adoi ha attivato ‘Sos Psoriasi’, un servizio di supporto e assistenza rivolto ai pazienti psoriasici vittime di ‘dispersione sanitaria’. L’obiettivo è riorientarli verso una corretta relazione con la propria struttura di cura.
Nasce così il seguente numero verde attivo per tutta Italia: 800802036. Con questa attività i dermatologi ospedalieri si prefiggono dunque di supportare il paziente nel recupero dei corretti percorsi terapeutici. È lo stesso Presidente di Adoi, Francesco Cusano, a spiegare chiaramente i motivi per il quale è nata il nuovo servizio. “In questo scenario la nostra società scientifica non poteva più stare con le mani in mano. Con i colleghi, siamo preoccupati soprattutto dal ritardo nelle diagnosi, che per tantissime patologie impatta poi per tutto il percorso di cura. Abbiamo avvertito l’esigenza – prosegue Cusano – di scendere in campo offrendo uno strumento in più per fornire risposte alla domanda di salute dei cittadini”.
“Abbiamo voluto farlo in particolare su una patologia largamente sottostimata, che colpisce oltre 1,5 milioni di italiani e che è causa di comorbidità importanti, che incredibilmente ancora oggi genera uno stigma assolutamente immotivato, con conseguenti ricadute anche sull’aspetto psicologico dei pazienti. Pazienti che già sono – conclude il presidente Adoi – particolarmente provati dalla pandemia prima e dalla guerra oggi”.